Una vittoria a tutto campo, che può risultare costosa in termini di leadership. Può trasformarsi in una corsa solitaria per Giorgia Meloni, sempre più forte e per questo paradossalmente indebolita. La smania pigliatutto crea malumori, alimenta antipatie e tramuta amici e alleati in avversari tenaci. Ne sanno qualcosa due predecessori della premier a palazzo Chigi, Matteo Renzi e Giuseppe Conte, pervasi entrambi da una smania napoleonica che alla lunga gli è stata fatale.

Meloni d’Italia

Il successo di Meloni è evidente: Andrea De Gennaro diventerà il nuovo comandante della Guardia di finanza come voleva fin dall’inizio la leader di Fratelli d’Italia, in stretta collaborazione con il sottosegretario e fedelissimo Alfredo Mantovano.

La coppia ha però azzerato le velleità di due alleati di peso come il ministro della Difesa, Guido Crosetto, e il ministero dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Lasciando ai margini anche l’altro gran cerimoniere delle nomine, il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Saranno proprio Giorgetti e Crosetto a formulare la proposta nel prossimo Consiglio dei ministri. I due sconfitti della partita fiamme gialle devono ingoiare la beffa di doverla fare propria, apponendo firma e controfirma.

Meloni e il suo inner circle gongolano per l’ennesima prova di forza vinta. Eppure la storia dovrebbe insegnare che i trionfi sono forieri di problemi, specie se le dimensioni del trionfo sono eccessive. Non solo per le vendette di chi ha perso, ma soprattutto dei rancori degli alleati. Sul campo restano tensioni che sarà difficile da stemperare nel breve periodo. All’interno di Fratelli d’Italia il clima non è più fraterno come un tempo. Crosetto, soprattutto, ha ingoiato in pochi giorni i niet ai suoi candidati sia in Leonardo sia in Gdf.

La Rai e il caso Rao

La voracità sugli incarichi degli apparati di sicurezza e delle partecipate è destinata a estendersi sulla Rai. L’affidamento della direzione del Tg1 all’ex inchiestista Gian Marco Chiocci, oggi direttore dell’agenzia di stampa AdnKronos, è un’impuntatura di Meloni, che non piace affatto a tutto il partito.

Riuscisse nell’operazione, la prima conseguenza sarà la sostituzione di Nicola Rao al Tg2, molto gradito dal corpaccione di Fratelli d’Italia e soprattutto dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Rao è stato un suo perfetto delfino.

L’eredità del secondo canale spetta a Forza Italia nella figura di Antonio Preziosi: sarà l’unico contentino. Per il resto Antonio Tajani non è pervenuto. Rao non resterà a spasso, si parla dell’affidamento della direzione relazioni istituzionali. Ma, da anni a presidiare per il partito meloniano gli spazi Rai, dovesse saltare l’incarico al Tg1 sicuramente non la prenderà bene.

Parlare di fronde è prematuro, il malcontento tuttavia lievita. In FdI si intrecciano altri personalismi, come quello dei due sottosegretari. Fazzolari vede con dispiacere come Mantovano lo abbia sostituito come principale braccio esecutore della premier.

Il dualismo è ora basato su chi riesce a ritagliarsi una fetta di potere più ampia dell’altro. Ma Mantovano parte avvantaggiato dal mix di una maggiore conoscenza del deep state e delle sponde con il Vaticano. Sul personalismo tra i sottosegretari si cerca di gettare acqua sul fuoco, comunque, nel timore di finire nella lista nera di Meloni.

Ferrovie divise

La partita delle nomine ha lasciato strascichi tra gli alleati. Giorgetti ha deluso più di un ministro, che si attendeva una resistenza più ardita ai desiderata di Meloni. Ha prevalso l’approccio accondiscendente del leghista, che però è stato lasciato solo dal leader del suo partito, Matteo Salvini, concentrato sulla nomina di Vittorio Pisani come capo della polizia (con l’appoggio del solito Mantovano) e sulla gestione della galassia Ferrovie. In ballo c’era la cassaforte di Rfi e la vetrina di Trenitalia.

Ora, le nomine sono state decise. Gianpiero Strisciuglio sarà amministratore delegato di Rfi e Dario Lo Bosco sarà presidente, mentre in Trenitalia Luigi Corradi resterà ad, mentre diventerà presidente Stefano Cuzzilla, prendendo il posto di Michele Pompeo Meta, ex deputato del Pd vicino a Goffredo Bettini. Si tratta di quattro dirigenti interni con esperienza, che hanno fatto carriera nelle rispettive aziende. Salvini e Meloni hanno evitato ingerenze e bracci di ferro.

Corradi era sostenuto dal numero uno di Fs, Luigi Ferraris, soddisfatto per come ha portato avanti il primo mandato senza sbavature, ottenendo pure la benedizione di Edoardo Rixi, vice di Salvini. Ma a gioire di più è la politica pugliese: Strisciuglio è gradito al ministro del sud, Raffaele Fitto, ma vanta buoni uffici con pure con il sindaco di Bari, Antonio Decaro, e con il presidente della regione, Michele Emiliano. Si spera trattasi, almeno per una volta, di una promozione basata più sulla competenza che sull’appartenenza politica.

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