Sydney, i due attentatori di Bondi Beach avevano giurato fedeltà all’Isis

I due attentatori di Bondi Beach avevano giurato fedeltà all’Isis. Lo riporta l’emittente australiana Abc, citando il servizio d'intelligence interna di Canberra Australian security intelligence organisation (Asio). Said Akram e Naveed Akram, di 50 e 24 anni, sono padre e figlio, e sono i responsabili della strage contro la comunità ebraica di Sydney. Il bilancio è di 16 morti, compreso l’attentatore più anziano, e oltre 40 feriti. Il commissario di polizia del Nuovo Galles del Sud, Mal Lanyon, ha escluso, come inizialmente ipotizzato, il coinvolgimento di una terza persona. I due uomini hanno raccontato alla famiglia che si sarebbero assentati da casa per qualche giorno per pescare. Invece di canne e ami però hanno portato con loro fucili d’assalto e munizioni. Nella macchina usata dagli attentatori gli inquirenti hanno trovato, oltre ad alcuni ordigni esplosivi rudimentali, anche due bandiere dello Stato islamico. L’attacco sarebbe stato però organizzato in autonomia, senza il coinvolgimento di una cellula terroristica più ampia. La strage in Australia, se la retorica incendiaria genera violenza Sotto controllo Said Akram aveva un regolare porto d’armi da dieci anni. Come ha spiegato il commissario Lanyon, il cinquantenne aveva «sei armi da fuoco registrate a suo nome». Il figlio invece era già noto alle forze dell’ordine. Sei anni fa, infatti, l’intelligence australiana lo aveva posto sotto controllo per sei mesi ipotizzando un legame con Issak El Matari. Si tratta di un terrorista che, come riporta Abc, «sta scontando sette anni di carcere per aver pianificato un’insurrezione dell’Isis in qualità di autoproclamato comandante australiano del gruppo». Gli inquirenti avevano però valutato che Akram non fosse una minaccia. La polizia ha assicurato che non c’era alcun elemento per «indicare che gli uomini coinvolti nell’attentato potessero pianificare un attacco» di questa entità. Said Akram, il padre, era arrivato in Australia per la prima volta nel 1998 con un visto per studenti. Il figlio invece è un cittadino australiano per nascita. A confermalo è stato anche il ministro degli Interni di Canberra, Tony Burke, aggiungendo che nel 2001 Said aveva ottenuto una partner visa, ovvero un visto per il ricongiungimento familiare con la moglie e la figlia. Dopo 24 ore dall’attentato, l’Australia si è unita per ricordare le vittime dell’attacco. In tutto il paese le bandiere sono a mezz’asta in segno di lutto, mentre al Bondi Pavillon, struttura all’ingresso della spiaggia, centinaia di persone hanno portato dei fiori per commemorare i morti. Anche Tel Aviv, in Israele, molte persone si sono riunite in segno di cordoglio per le vittime. Secondo quanto riporta la polizia del Nuovo Galles del Sud ci sarebbero stati anche alcuni atti antislamici a Narellan, a circa un’ora da Sydney. Intorno alle 6 del mattino delle teste di maiale macellate infatti sarebbero state usate per vandalizzare il cimitero musulmano della città. Gli agenti della zona hanno «rimosso e smaltito» i resti degli animali, si legge in una nota della polizia, e hanno avviato un’indagine sull’incidente. A Canberra però, a farla da padrona in queste ore è il tema delle armi. Il premier Albanese ha convocato una riunione d’urgenza del governo per riformare la legge sul loro possesso. La proposta è quella di rinforzare l’Accordo nazionale sulle armi da fuoco, istituito dopo la tragedia di Port Arthur del 1996 dove erano morte 35 persone. Tra le possibilità al vaglio c’è l’introduzione di un registro nazionale e la collaborazione dell’intelligence criminale per valutare relative licenze. Verrà poi limitato il numero di armi che un singolo cittadino potrà detenere oltre che i tipi di armi considerate oggi legali. Le vittime e l’eroe Le vittime dell’attentato sono 16, tra cui il rabbino di Sydney, Eli Schlanger, uno dei promotori dell’evento. La più piccola è una bambina di 10 anni che stava celebrando Hanukkah con la sua famiglia, mentre il più anziano è Alexander Kleytman, 87 anni, originario dell’Ucraina e sopravvissuto all’Olocausto. I feriti invece sono oltre 40, di cui 27 ancora ricoverati in ospedale. Tra loro sei sarebbero in condizioni critiche, compresi i due poliziotti colpiti durante l’operazione contro i terroristi. Nel conteggio dei feriti rientra anche Ahmed al Ahmed, l’eroe nazionale di questi giorni. L’uomo di 43 anni, un fruttivendolo di professione, è intervenuto disarmando e buttando a terra il più giovane degli attentatori. Subito dopo è stato ferito al braccio e alla spalla: trasportato in ospedale, è stato operato e le sue condizioni sarebbero ora critiche ma stabili. Ahmed è originario della Siria ed è un cittadino australiano dal 2006. La madre, Malakeh Hasan al-Ahmed, ha raccontato a Abc news: «Ha visto che altre persone stavano perdendo la vita, e quando quell'uomo [il tiratore] ha finito le munizioni, gliele ha prese, ma è stato colpito», ha detto. «Preghiamo che Dio lo salvi».