Il più influente politico polacco, Jaroslaw Kaczynski, alla guida del partito nazionalconservatore Pis (Diritto e giustizia) e leader de facto del paese, torna alla ribalta con un incarico nel nuovo esecutivo polacco: dal 30 settembre è vicepremier. La sua ultima presenza al governo risale al 2006 e 2007, come primo ministro. Da quando, nel 2015, il Pis è tornato al potere, Kaczynski aveva esercitato la sua influenza dietro le quinte. Il ritorno a un incarico di governo non è il segnale della forza, ma al contrario, dei travagli interni alla coalizione. Kaczynski ha 71 anni e dietro l’ultimo rimpasto si cela una lotta per la sua successione che manda in fibrillazione la destra polacca.

Il Kaczynski-pensiero

Proprio come il premier ungherese Viktor Orbán, che nel 1989 invocava il ritiro delle truppe sovietiche, Kaczynski fa il suo ingresso in politica all’insegna di un aspro anti-comunismo. Negli anni Ottanta è in Solidarność e si scontra poi con Walesa, a suo dire è troppo “morbido” con l’ex élite comunista. Proprio come Orbán, anche se con gradi e modi diversi, Kaczynski ha finito per inclinare il suo paese verso derive autoritarie. Il suo motto è: «Superare l’impossibile!».

I limiti possono essere superati: vale pure per l’equilibrio fra poteri di tradizione liberale, al quale lui ha sempre preferito lo stra-potere della maggioranza, con conseguenze evidenti sull’indipendenza della magistratura. Jaroslaw è gemello di Lech, suo compagno inseparabile anche in politica e presidente della Repubblica dal 2005 al 2010, anno della morte in un incidente aereo per il quale Jaroslaw punta il dito sulla Russia.

Tanto vicino a Washington quanto avverso a Mosca, proprio sulla posizione anti-russa si distanzia da Orbán, che per il resto considera un modello di riuscita e al quale lo accomunano retorica euroscettica e deviazioni dalla rule of law. Chiesa, nazione e sacrificio sono i tre noccioli del Kaczynski-pensiero. Scapolo, ha vissuto con la madre Jadwiga finché lei è venuta meno, è fervente cattolico e vuole la «cristianizzazione» del paese. «Prima la Polonia!» era il suo slogan ben prima del salviniano: «Prima gli italiani!».

La Polonia ha un numero irrisorio di rifugiati eppure Kaczynski ha cavalcato la retorica anti-migranti: la costruzione di un nemico è la sua strategia per eccellenza. Lo sa bene la comunità lgbt, sulla quale l’aggressività del Pis si abbatte con più ferocia che mai dalle scorse presidenziali. Anche la radicalizzazione a destra di queste posizioni si spiega in parte con lo scontro interno alla coalizione. E qui torniamo alla nomina a vicepremier.

Il rimpasto

«Con la presenza di Kaczynski la destra sarà più unita e il governo più forte» ha detto il primo ministro Mateus Morawiecki nel giorno del rimpasto.

Sicuramente sarà più forte Morawiecki, pupillo di Kaczynski. Come si è arrivati alla prova di forza? Il 18 settembre la coalizione di governo – dove Pis è l’azionista principale ma è alleato con due partitini di destra, Polonia unita e Accordo - si è spaccata su un provvedimento caro al leader del Pis.

Tanto caro da convincere lui, così avverso alla tecnologia da non possedere un computer, a debuttare su tiktok con video e hashtag: «Basta pellicce!».

Il “gattaro” Kaczynski cavalca le lotte per i diritti degli animali e la proposta di legge ferma gli allevamenti per la produzione di pellicce e limita le macellazioni rituali. Entrambi i business sono rilevanti per il paese, così la proposta ha scompaginato le alleanze: l’opposizione di sinistra (Lewica) ha finito per sostenerla, facilitandone l’approvazione, mentre all’interno dello stesso Pis ci sono state rimostranze, a cominciare dal ministro dell’Agricoltura Jan Krzysztof Ardanowski (finito poi vittima del rimpasto).

Soprattutto, sono riaffiorate le spaccature interne alla coalizione per sedare le quali è stata riformulata la compagine dell’esecutivo. Il leader del Pis è andato a sovrintendere, da vicepremier, a Difesa, Interni e Giustizia. Per comprendere la lotta ai vertici bisogna guardare proprio alla Giustizia, e al ministro Zbigniew Ziobro, che formalmente mantiene il suo incarico, anche se sulla sua testa aleggia ora il “controllore” Kaczynski. Il partito di Ziobro, ha solo 17 parlamentari, ma cruciali per la coalizione, che ha 239 seggi su 460.

L’eredità

Tra il premier Morawiecki e il ministro Ziobro si consuma lo scontro per la successione di Kaczynski. Il leader del Pis ha sempre tenuto saldo il controllo sul partito, e di

conseguenza non ha mai lasciato che una personalità forte ne assumesse le redini al suo posto. Morawiecki, sul quale ha puntato come premier nel 2017 e come viceleader all’ultimo congresso, viene dal settore bancario, «è entrato nel Pis per volontà di Kaczynski e ha una caratteristica fondamentale che a lui piace: è totalmente nelle sue mani» dice Piotr Buras, analista politico a capo dello European council on foreign relations di Varsavia.

«Kaczynski non vuole attorno nessuno così potente da potersi opporre a lui». Perciò il leale Morawiecki merita fiducia, mentre le ambizioni del ministro rimangono frustrate: per anni Ziobro ha provato a conquistare la vetta di Pis, ma nel 2011 ciò ha provocato la rottura con il leader, così nel 2012 ha dato vita alla formazione Polonia unita e da allora spinge in direzioni estreme.

“Polarizzatore” della destra, riformatore della giustizia inviso all’Ue, è aspro contro l’aborto, i diritti delle donne (vuol far uscire la Polonia dalla convenzione di Istanbul), i diritti lgbt (ha triplicato i fondi alle amministrazioni “lgbt free” alle quali l’Ue li aveva sottratti).

«Fino all’ultimo, ha provato a rientrare nel Pis per prenderne la guida, ma Kaczysnki lo respinge: non si fida di lui» dice Buras. Risultato? Da outsider, Ziobro radicalizza sempre più le posizioni sue e, di riflesso, di tutta la destra.

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