Trump agita l’atomica: «Ora nuovi test». Una strategia per distrarre dal flop con Xi

«Da zero a dieci, come valuta il summit con Xi Jinping?», gli chiedono i giornalisti. Donald Trump risponde: «Dodici!». Il presidente degli Stati Uniti, dopo un’ora e mezza di dialogo a porte chiuse a Busan tra la sua delegazione e quella guidata dall’omologo cinese, ha fretta di rivendicare un successo in vista delle elezioni di Midterm dell’anno prossimo. A detta del tyccon, Washington ha strappato concessioni su terre rare, importazioni agricole e Fentanyl. L’atteso primo incontro tra i due leader da quando, il 20 gennaio scorso, Trump è tornato alla Casa Bianca, non ha prodotto un accordo quadro (anche se la Casa Bianca assicura che «sarà siglato presto»), come il “Phase One” del 2020, dopo la guerra commerciale del 2018-2019. Questa volta siamo di fronte a tante piccole (e fragili) intese, che tuttavia, in teoria, favoriscono una de-escalation tra la potenza egemone e quella in ascesa, messa in scena con sorrisi, strette di mano e cordialità tra Trump e Xi. Incontro Trump-Xi: tanti sorrisi ma nessun accordo commerciale. Intesa sulle terre rare Che fare dei semi Secondo fonti Usa (i cinesi sono scrupolosi, più lenti nel pubblicare i resoconti ufficiali), la Cina sospenderà per un anno, erga omnes, il regime di controllo sulle terre rare. Gli elementi fondamentali per le industrie hi-tech e degli armamenti, a detta di Trump, scorreranno a fiumi dalla Cina, così come le esportazioni di soia dagli Usa alla Cina. La realtà è diversa: i semi del Midwest riprenderanno semplicemente a essere scaricati nei porti della Cina, che il mese scorso non ne aveva acquistato nemmeno uno, per fare pressione su Trump; mentre, pur riavviandone il flusso, il controllo sulle terre rare resta l’asso nella manica della Cina, calato in questa guerra commerciale 2.0 e irrinunciabile, per la coercizione che può esercitare sull’avversario. Pechino ha inoltre garantito collaborazione sul contrasto al traffico di sostanze esportate negli Usa per produrre il mortifero Fentalyn. In cambio di queste tre “concessioni”, gli Usa hanno ridotto i dazi in vigore sulle merci importate dalla Cina, dal 57 al 47 per cento. Il punto è che gli Stati Uniti di Trump, anche in questo vertice coreano, hanno dato l’idea di una potenza in difficoltà. Il presidente americano ha fatto precedere il faccia a faccia con Xi dalla minaccia di riprendere gli esperimenti atomici. «A causa dei programmi di test di altri paesi, ho dato istruzione al dipartimento della guerra di iniziare a testare le nostre armi nucleari su base paritaria. Questo processo inizierà immediatamente», ha dichiarato. Nessuna delle tre grandi potenze nucleari (Russia, 5.459 testate; Usa, 5.177; Cina, circa 600) conduce test atomici da trent’anni. E la minaccia di Trump, se messa in pratica, segnerebbe un’inversione nella politica degli Stati Uniti, che hanno osservato una moratoria volontaria sui test nucleari esplosivi dal 1992. La risposta di Pechino non si è fatta attendere: la Cina spera che gli Stati Uniti rispettino «con serietà» i propri obblighi nell’ambito del Trattato per la messa al bando totale dei test nucleari (Ctbt). Il ministero degli Esteri ha aggiunto che la Cina auspica che gli Stati Uniti mantengano «il loro impegno a sospendere i test nucleari e intraprendano azioni concrete per salvaguardare il regime internazionale di disarmo e non proliferazione nucleare, e per mantenere l’armonia e la stabilità strategica globale». Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha reagito affermando che la Russia «agirà di conseguenza» se gli Usa dovessero ritirarsi dalla moratoria sui test nucleari. In pratica, se alle parole farà seguire i fatti, Trump porterebbe le lancette della storia indietro ai tempi della Guerra fredda. Questa volta però gli Usa avrebbero due avversari, Cina e Russia, invece dell’Unione Sovietica. Tokyo s’inchina a Trump. La strategia anticinese su terre rare e riarmo Tavolo delle trattative Trump ha aggiunto che Xi gli ha promesso che s’impegnerà a usare la sua influenza per portare Vladimir Putin al tavolo delle trattative per porre fine al conflitto in Ucraina. Di Taiwan i due non hanno parlato, e ciò suona come un altro punto messo a segno dai cinesi. Pechino punta alla fine del sostegno politico Usa all’”indipendentista” Partito progressista democratico al governo e alla riduzione della fornitura di armamenti a Taipei, nei limiti consenti dal Taiwan Relations Act del 1979. L’ufficio del rappresentante per il commercio degli Stati Uniti (Ustr), guidato da Jamieson Greer, ha annunciato che gli Usa posticiperanno l’indagine avviata ai sensi della Sezione 301 sul settore cantieristico cinese, avviata per presunte pratiche commerciali scorrette da parte di Pechino. Infine TikTok. Anche sulla vendita a un consorzio guidato da Oracle dell’amico di Trump Larry Ellison (col 20 per cento alla cinese ByteDance) l’accordo non sembra ancora finalizzato, perché Pechino non cede sulla questione della proprietà intellettuale dell’algoritmo. Dopo il summit, Trump è risalito sull’Air Force One per rientrare a Washington, dove ad attenderlo c’è lo shutdown governativo, mentre Xi si preparava al vertice Apec di oggi e domani in Corea del Sud, dove la Cina continuerà a tessere la sua rete di alleanze commerciali, coinvolgendo i paesi del Sud globale nel suo progetto di mondo “multipolare”. 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