Donald Trump è tornato. Dopo quasi due mesi di silenzio, in gran parte dovuto alla cancellazione dei suoi profili social, l’ex presidente americano ha parlato ieri al raduno annuale dei conservatori repubblicani (Cpac, Conservative Political Action Conference) riuniti a Orlando, in Florida.

Come scrittrice e come politologa, il ritorno di Trump è per me motivo di grande interesse. Nessuna buona storia è veramente tale senza il personaggio del cattivo pronto a creare scompiglio. E nessun racconto politico è davvero interessante senza uno sfidante disposto a incalzare il presidente in carica con ogni mezzo.

Le prime settimane della presidenza di Joe Biden sono state “normali”, persino noiose. Il nuovo presidente ha lavorato molto e parlato poco. Si è occupato del piano vaccinale, dello stimolo da duemila miliardi di dollari per far ripartire l’economia, del rientro degli Stati Uniti nell’Accordo sul clima di Parigi, e ha trovato anche il tempo per un attacco in Siria contro miliziani iracheni sostenuti dall’Iran. Storie ordinarie di una presidenza normale di cui il paese aveva un gran bisogno.

Ma ieri Trump è tornato – abbronzatissimo, di nuovo biondo e cotonato, e in buona forma fisica (sembra che abbia perso qualche chilo giocando a golf nel suo resort in Florida). Ed è tornato per riprendersi il partito: «Vi sono mancato?», ha chiesto a una folla in delirio, non distanziata e priva di mascherine.

Nei giorni precedenti, mentre montava l’entusiasmo per il ritorno di Trump, i delegati conservatori si erano dovuti accontentare di una statua d’oro dell’ex presidente – dotata di bacchetta magica e vestita con abiti patriottici – che a qualcuno ha ricordato il vitello d’oro del libro dell’Esodo.

Apparizione irrituale

È un Trump aggressivo e sicuro di sé quello di Orlando. E come potrebbe non esserlo? Solo qualche settimana fa è stato assolto al Congresso dall’accusa di aver scatenato una folla inferocita contro il Campidoglio di Washington, la seconda assoluzione in un impeachment in poco più di un anno.

Persino il leader dei senatori repubblicani, Mitch McConnell, ha votato per assolverlo, salvo poi affermare che Trump era colpevole ma non condannabile perché non più in carica. E solo sette senatori repubblicani – tutti chiamati per nome e cognome nel discorso di ieri – alla fine hanno votato contro di lui.

Ed eccolo dunque Trump, nel suo primo discorso-comizio dopo la fine del mandato, un evento del tutto irrituale visto che tradizionalmente gli ex presidenti americani scivolano nell’ombra dopo aver lasciato la Casa Bianca.

In un tripudio di applausi e cappellini rossi, l’ex presidente ha ribadito che il viaggio iniziato nel 2016 non è finito: «Un viaggio eccezionale, di successo, come nessun altro. Trump ha poi chiarito che non ha alcuna intenzione di fondare il tanto evocato partito dei patrioti: «Il partito repubblicano è unito, non dividiamolo», ha detto.

La gran parte dei delegati di Orlando, tutti convinti che le elezioni siano state falsate dai brogli e che Trump non sia responsabile per i fatti del 6 gennaio, vorrebbe vederlo correre di nuovo nel 2024 (il 68 per cento) e voterebbe per lui se ottenesse la candidatura (il 55 per cento). Un grande cambiamento rispetto al passato, se pensiamo che nel 2016 Trump boicottò questa conferenza perché i delegati non volevano fosse lui a correre per le presidenziali.

Il Partito repubblicano per ora sembra credere che solo Trump sarà in grado di guidarli verso la riconquista del Congresso nel 2022 e della Casa Bianca nel 2024.

Preparando la strada per i prossimi appuntamenti elettorali, Trump ha attaccato il presidente Biden su tutti i fronti. «Se i vaccini contro il virus cinese esistono è perché sono stato io a spingere la Food and Drug Administration ad approvarli…Biden non sapeva neppure cosa diavolo stesse succedendo con i vaccini!».

E poi una serie di attacchi al nuovo presidente sulla revoca delle restrizioni verso i paesi musulmani, sull’apertura ai rifugiati e agli immigrati, sul rientro nell’Accordo sul clima di Parigi, sull’Iran e la fine delle sanzioni per i ribelli dello Yemen e persino sui transgender (protetti da Biden) che secondo Trump rovinano lo sport femminile perché «biologicamente uomini».

Il “partito dell’amore”

Nel discorso di ieri Trump ha anche dato due definizioni importanti: la prima sul Partito repubblicano e la seconda sul trumpismo (nominandolo per la prima volta). «Il partito repubblicano sta cambiando e sta diventando il partito dell’amore, sempre a fianco della classe lavoratrice americana di ogni razza e fede religiosa», ha detto.

Questo significa però che il Partito repubblicano sarà sempre più dipendente dai voti dei bianchi, di coloro che vivono in zone rurali (ha nominato i contadini dell’Iowa), degli evangelici e di coloro che non hanno una istruzione superiore. Sul trumpismo, che noi politologi cerchiamo da tempo di definire, ha detto invece che è la capacità di fare buoni accordi (facendo eco a un suo libro di qualche anno fa) come l’accordo commerciale con il Messico e il Canada e quello con la Cina.

Ha anche detto che il trumpismo è un movimento che sta dalla parte della legge e dell’ordine, dell’immigrazione per merito (leggi bianca, laureata, ed europea) e dei valori giudaico-cristiani. Trump ha anche parlato a lungo del cancel culture, la cancellazione delle opinioni di chi la pensa diversamente dall’élite di sinistra. Cancel culture è diventata la nuova parola chiave del trumpismo, sostituendo il mantra delle fake news.

Persino il titolo della conferenza dei conservatori di Orlando era America Uncancelled, l’America non più cancellata, l’America che rifiuta «l’indottrinamento di sinistra nelle istituzioni federali e nelle scuole».

Trump ha chiuso il discorso scagliandosi contro i giudici, anche quelli della Corte suprema (tre dei quali eletti da lui), per aver rigettato i ricorsi contro i brogli elettorali. Per i delegati di Orlando la questione elettorale è il primo dei problemi del paese.

L’immigrazione in questa nuova fase del trumpismo è scesa al terzo posto dopo l’economia. «Come è possibile che ho perso se ho vinto 11 milioni di voti in più del 2016?», ha chiesto Trump alla folla. E ha aggiunto: «Nel 2024 un presidente repubblicano farà il suo ritorno trionfante alla Casa Bianca. Indovinate chi sarà?».

Come in ogni buona storia alla fine il cattivo torna sempre.

© Riproduzione riservata