Tra le ragioni che l’ex presidente americano Donald Trump potrebbe considerare valide per ricandidarsi nel 2024 c’è quella di potersi difendere dalle accuse di quelli che lui chiama i «procuratori della sinistra radicale». Proprio lo scorso giovedì la Trump Organization – ovvero la holding delle principali società della famiglia Trump, dagli alberghi di lusso ai campi da golf – è stata formalmente incriminata di diversi reati tra cui quelli di truffa e frode fiscale. I reati sarebbero stati compiuti nell’ambito di un presunto schema di frode messo in piedi nel 2005, grazie al quale i vertici dell’organizzazione avrebbero evaso centinaia di migliaia di dollari di tasse ricevendo gran parte del compenso in bonus non dichiarati. Sul responsabile finanziario della holding, Allen Weisselberg, pendono quindici capi d’accusa tra cui quella di furto aggravato. Le incriminazioni sono il risultato di una più ampia inchiesta sulla Trump Organization iniziata anni fa e condotta in parallelo dal procuratore distrettuale di Manhattan, Cyrus Vance Jr., e dalla procuratrice generale dello stato di New York, Letitia James. Un’inchiesta che giovedì stesso Trump si è affrettato a definire, usando un’espressione già usata più volte in passato, «una caccia alle streghe politica».

Al momento non compaiono accuse dirette a Trump, ma questa incriminazione e un’eventuale condanna potrebbero dare il colpo decisivo al suo già traballante impero finanziario. Come rivelato da un’inchiesta del New York Times pubblicata a ridosso delle ultime elezioni presidenziali, Trump si è fatto garante di più di 420 milioni di dollari di debiti accumulati dalle sue società. L’ex presidente rispose all’inchiesta sminuendo l’entità dei debiti, da lui definiti «noccioline». Tuttavia, con la formalizzazione di queste nuove accuse, banche e altri partner finanziari potrebbero decidere di smettere di cooperare con la Trump Organization, lasciandola di fatta in alto mare.

Inoltre, con l’avanzamento delle indagini, non è escluso che l’ex presidente possa essere coinvolto in prima persona. Anche perché Weisselberg, nonostante sia uno degli uomini più fidati di Trump, messo sotto pressione e di fronte alla prospettiva del carcere potrebbe decidere di collaborare e fornire informazioni fino ad ora non emerse. Giovedì scorso, quando si è presentato al tribunale di New York, si è dichiarato non colpevole.

La «punta dell’iceberg»

Weisselberg è accusato di non aver pagato le tasse su più di 1,7 milioni di dollari in “compensi indiretti” ricevuti tra il 2005 e il 2017. Si tratterebbe di “extra” concessi a lui e ad altri funzionari dell’organizzazione in forma di pagamenti di beni o servizi, come l’ affitto di case e automobili. In particolare, come si legge sul documento dell’accusa, nell’ambito di questo schema sarebbero state pagate anche le rette scolastiche in scuole private per due membri della famiglia di Weisselberg tramite assegni firmati dall’ex presidente. Su tutti questi compensi ricevuti fuori dalla busta paga, Weisselberg e gli altri funzionari non avrebbero pagato tasse a livello né federale, né statale. Assunto per la prima volta da Fred Trump, padre di Donald, nel 1973, Weisselberg lavora per la famiglia Trump da quasi mezzo secolo. Vive in uno dei grattacieli della West Side di Manhattan che portano il nome “Trump” e possiede una casa non lontano dal resort di Mar-a-Lago che – durante la passata amministrazione – fu utilizzata di fatto come succursale della Casa Bianca. Per Weisselberg Trump è un affare di famiglia. Il figlio maggiore, Barry, ha vissuto per anni in un altro appartamento della famiglia Trump senza pagare l’affitto e ha gestito per vent’anni la pista di pattinaggio a Central Park per conto della Trump Organization (il comune di New York ha recentemente revocato la concessione). Parlando al New York Times, l’ex moglie di Barry Weisselberg, Jennifer, ha paragonato il rapporto tra Trump e l’ex suocero a quello tra Batman e Robin (Jennifer sta collaborando con il procuratore distrettuale Vance).

In effetti, quando è entrato alla Casa Bianca, Trump ha dato in mano la holding ai figli e a Weisselberg. Secondo le indagini condotte dal Times, Weisselberg ha ricevuto uno stipendio di 800mila dollari all’anno tra il 2007 e il 2017, per poi ricevere un sostanzioso aumento dall’anno successivo.

Poco dopo l’incriminazione formale presso il tribunale di Manhattan, intervistato dall’emittente Abc, Trump l’ha definito un «uomo straordinario». Ora la sua fedeltà è messa a dura prova.

Non è infatti la prima volta che viene coinvolto in questioni legali che coinvolgono Trump. L’ex avvocato personale di Trump, Michael Cohen, condannato nel 2018 a tre anni di carcere per aver – a detta sua – «coperto gli affari sporchi» dell’ex presidente, ha detto di essere stato aiutato da Weisselberg in diverse occasioni. Tra questi anche il tentativo di silenziare con un assegno da 130mila dollari l’attrice di film porno Stormy Daniels che diceva di aver avuto rapporti sessuali con Trump. u Intervistato giovedì sera dalla Cnn, Cohen ha detto che le accuse appena formalizzate nei confronti della Trump Organization sono «la punta dell’iceberg» e che Trump è direttamente coinvolto. Dopo tutto quello che è emerso negli ultimi anni – per non parlare dell’assalto a Capitol Hill dello scorso 6 gennaio – resta da capire quanto grande deve essere questo iceberg per mettere davvero in discussione il potere di Trump, soprattutto quello politico.

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