Trump vola nel Regno Unito da re Carlo, per Starmer è una distrazione al momento giusto

Quando Donald Trump è salito a bordo dell’Air Force One, direzione Regno Unito, la sua mente era già volata a come sarebbe stato accolto dalla famiglia reale britannica al castello di Windsor. D’altronde è pur sempre il primo presidente degli Stati Uniti a essere ricevuto per una seconda visita di stato nel paese, invitato da sua maestà re Carlo III con una lettera portata appositamente alla Casa Bianca dal premier Keir Starmer lo scorso febbraio. Un privilegio unico e allo stesso tempo una scaltrezza da parte di Buckingham Palace per far partire con il piede giusto il rapporto tra Trump e il laburista. La passione dell’inquilino della Casa Bianca per i reali inglesi si sposa perfettamente con il suo desiderio di essere oggetto di onori e trattamenti speciali. Quindi un ricevimento in pompa magna non fa mai male. Questa volta niente Londra, niente Buckingham Palace, anche per motivi di sicurezza. Contro di lui è stata annunciata infatti una protesta di massa nella capitale. Nessun problema, anzi. «Non voglio dire che uno sia migliore dell’altro, ma dicono che il Castello di Windsor sia il massimo», ha dichiarato Trump prima di partire da Washington. Lo scandalo casa abbatte la vice di Starmer. Al suo posto Lammy, ma fa festa solo Farage Necessità comuni Prima l’incontro con la famiglia reale, nel 2019 – data della precedente visita – c’era la regina Elisabetta, oggi invece c’è re Carlo, con cui Trump ha un buon rapporto. Poi il vertice con il premier Starmer. La tabella di marcia è fissata, per un viaggio con cui Trump spera di allontanare almeno temporaneamente alcuni problemi interni ed esterni: dal caos post assassinio di Charlie Kirk all’offensiva israeliana su Gaza, passando per una pace ancora lontana in Ucraina. Ma sono tutti temi su cui con Starmer ci potrebbero essere attriti. Il dibattito negli Usa sulla libertà di parola, scatenato dall’uccisione dell’attivista di destra vicino a Trump, si è riflesso anche in Gran Bretagna, dove sabato scorso 110mila persone, guidate dall’estremista Tommy Robinson, hanno sfilato per le vie di Londra, scontrandosi con la polizia e aizzati dalle parole di Elon Musk. Su Gaza, il governo britannico si è avvicinato al riconoscimento dello stato di Palestina. Mentre sull’Ucraina, Starmer si è fatto portavoce di un fronte europeo più o meno compatto anti russo, che potrebbe sbattere contro l’ambiguità di fondo di Trump riguardo Mosca. Tuttavia, per Starmer la visita di Trump arriva nel suo momento peggiore da quando è al potere, quindi paradossalmente al momento giusto. La distrazione di un ingombrante ospite può aiutare un premier in difficoltà tra il rimpasto di governo, i dati sul gradimento della sua leadership in picchiata, la pressione del partito conservatore e ancor di più di Reform di Nigel Farage, smanioso di arrivare a Downing Street. Il premier laburista ha comunque incassato un apprezzamento prezioso. «Keir Starmer rappresenta così bene il Regno Unito», ha affermato Trump prima della partenza. Piccoli grandi risultati. I dolori di Starmer e i sintomi morbosi del partito laburista L’ombra Epstein Ciò che Trump ha cercato di lasciare negli Usa salendo sull’aereo è la scia delle polemiche del caso Jeffrey Epstein. Ma è una questione che, atterrando ieri sera, si è ritrovato di fronte, come se lo aspettasse al suo arrivo, visto il recente licenziamento di lord Mandelson, ambasciatore britannico negli Stati Uniti, proprio per via dei rapporti emersi con il finanziere suicida. Un argomento piombato nel dibattito britannico. Di certo neanche Starmer ha intenzione di parlarne giovedì, quando si incontreranno nella tenuta di Chequers. L’imbarazzo è di entrambi. E il timore che possa essere causa di scivoloni non aiuta. Perché l’ambasciatore Mandelson è stato licenziato per i suoi legami con Epstein, mentre il presidente degli Stati Uniti - anche lui più che vicino all’uomo condannato per abusi su minori - è ben accolto? Una domanda che potrebbe arrivare dai giornalisti e che sarebbe di evidente impaccio. Gli elefanti nella stanza, quindi, saranno diversi nella due giorni. Re Starmer è nudo: attivisti pro Gaza arrestati in massa La special relationship Ad ogni modo non ci sono solo carrozze reali, cerimonie militari con migliaia di soldati, banchetti e voli delle Red Arrows. Dietro la superficie, fondamentale dal punto di vista comunicativo per Trump, ci sono motivi più pragmatici che lo hanno spinto nel Regno Unito. E riguardano i rapporti politico-economici tra Washington e Londra. Il viaggio è stato anticipato da annunci di investimenti e accordi multimiliardari tra i due paesi, come quello per lo sviluppo dell’energia nucleare. Insieme a Trump, nel Regno Unito ci saranno anche Sam Altman e Jensen Huang, i ceo di OpenAi e Nvidia. Una presenza emblematica. In ballo c’è la creazione di un mega data center a Blyth, in Inghilterra. Uno step decisivo per le ambizioni di Starmer di fare del Regno Unito una superpotenza dell’intelligenza artificiale. E poi c’è la questione dazi. Londra ha ottenuto da Washington la percentuale più bassa sulle tariffe, cioè il 10 per cento. Trump ha ammesso di essere pronto a discuterne ancora, ammettendo che il governo britannico «vuole vedere se si può ottenere qualcosina di meglio». Il nodo più spinoso è l’acciaio britannico, su cui ancora pesa una scure del 25 per cento e su cui si sta lavorando a una soluzione migliore per i brits. Ma si parlerà anche del whisky scozzese: la denuncia del settore è che i dazi del 10 per cento fanno perdere 4 milioni di sterline ogni settimana alle aziende produttrici ed esportatrici. Se Londra cercherà di strappare ulteriori concessioni, potenziale ossigeno per Starmer, Trump gongolerà sui tappeti rossi di re Carlo, sognando monarchie.