Spari a Washington, Trump soffia sul fuoco: «Bloccate i visti di tutti gli afghani»

Un uomo e una donna, Andrew Wolfe, 24 anni, e Sarah Beckstrom, 20, soldati della Guardia nazionale, sono tra la vita e la morte dopo l’imboscata di mercoledì pomeriggio, a due isolati dalla Casa Bianca. A sparare, secondo varie fonti federali tra cui l’Fbi e la ministra dell’Homeland Security Kristi Noem, è stato Rahmanullah Lakanwal, 29 anni, afghano arrivato negli Stati Uniti l’8 settembre 2021 con l’operazione “Allies Welcome”, cinque mesi dopo il ritiro degli americani da Kabul. «Aveva precedenti legami con il governo americano, inclusa la Cia, come membro di una forza alleata a Kandahar, una collaborazione conclusasi poco dopo la caotica evacuazione», ha dichiarato a Fox News l'ex direttore della Cia, John Ratcliffe. Se è facile per l’amministrazione Trump attribuire la colpa alle politiche migratorie del predecessore Biden, Cnn ha rivelato che Lakanwal aveva fatto domanda di asilo politico nel 2024, e dopo le opportune verifiche, l’amministrazione Trump nell’aprile 2025 aveva dato l'approvazione. I principali nemici di Trump? Incompetenza e negligenza Dieci anni a Kandahar Un parente conferma che Lakanwal ha servito per circa dieci anni nell’esercito afghano accanto alle Forze speciali americane, proprio nella provincia di Kandahar, secondo fonti citate da Nbc e Reuters. «Eravamo noi quelli presi di mira dai talebani in Afghanistan», ha detto. Aggiungendo: «Non posso credere che abbia fatto questo». Arrivato in America, l’afghano viveva a Bellingham, nello Stato di Washington (sul Pacifico), con moglie e cinque figli, aveva trovato lavoro come impiegato in un magazzino Amazon. Non risultano precedenti penali, ma il suo permesso di soggiorno sarebbe scaduto a settembre: da alleato delle forze armate Usa a migrante “fuori status”. È impazzito, o si tratta della vendetta di un ex combattente logorato da traumi e abbandono? Sul movente, gli investigatori scandagliano lavoro, amicizie, attività sul web, cercando un eventuale filo che spieghi l’intreccio fra frustrazione personale, radicalizzazione online e odio verso l'esercito americano, ma al momento non esiste una versione ufficiale. Il caso Lakanwal riassume però il dilemma: da alleato evacuato come “amico dell’America” a sospetto terrorista che apre il fuoco a poche centinaia di metri dal centro del potere politico degli Stati Uniti. L'imboscata Secondo l’Fbi si è trattato di un’imboscata: davanti alla fermata metro di Farragut West, a due isolati dalla Casa Bianca, i due militari della Guardia Nazionale del West Virginia erano in pattugliamento quando Lakanwal avrebbe «girato l’angolo», estratto la pistola e sparato a distanza ravvicinata. Un terzo soldato ha reagito, ferendo il sospetto e permettendone l’arresto. La Joint Terrorism Task Force dell’Fbi indaga per possibile terrorismo internazionale, cercando eventuali legami o ispirazione con reti jihadiste. Finora, però, non è emersa alcuna prova di un collegamento operativo diretto. Trump non ha perso un attimo per cavalcare la situazione, indicando il vero motivo dell'attentato, nell’immigrazione. Collegato in diretta da Palm Beach, in Florida, dove trascorre la festa del Ringraziamento, il presidente ha definito l’attacco «atto di terrorismo» e «crimine contro l’umanità», chiamando Lakanwal «animale» e descrivendo «un mostruoso attacco in stile imboscata, a pochi passi dalla Casa Bianca». Nel discorso alla nazione ha promesso di «riesaminare ogni singolo straniero entrato nel nostro Paese dall’Afghanistan sotto Biden» e ha annunciato l’invio di altri 500 soldati della Guardia nazionale a Washington, che si aggiungono ai 2.000 già dispiegati. Nel frattempo, lo Us Citizenship and Immigration Services ha decretato il blocco a tempo indeterminato di tutte le pratiche di immigrazione riguardanti cittadini afghani. «Il governo statunitense accelererà gli sforzi per riesaminare lo status migratorio di ogni singola persona entrata nel paese negli ultimi quattro anni», conferma Stephen Miller, consigliere senior di Donald Trump, stimando che il numero di migranti coinvolti ammonterebbe a 20 milioni. Secondo il Pew Research Center, un istituto di ricerca apartitico, la popolazione di immigrati privi di documenti ha raggiunto i 14 milioni nel 2023. L’affinità elettiva tra i due autocrati: ecco cosa lega nel profondo Trump e Putin Battaglie legali Sul terreno, la evidente militarizzazione di Washington si scontra con i giudici. Attualmente, c'è solo Memphis, in cui le truppe sono schierate. Altre città sono coinvolte in battaglie legali. Solo il 20 novembre la giudice federale Jia Cobb aveva definito «illegale» il maxi-dispiegamento della Guardia Nazionale nella capitale, rilevando che l’uso combinato di truppe provenienti da vari Stati repubblicani viola la legge. La sentenza è sospesa in attesa d’appello, mentre la Corte Suprema valuta un caso gemello anche nell’area di Chicago, dove Trump vuole inviare i soldati, contro il parere delle autorità locali. Si tratta di città “rifugio” saldamente democratiche, scelte dal presidente per riaffermare il pugno duro contro i migranti. Minaccia rivolta anche a New York, dove però il neo sindaco socialista, Zohran Mamdani, annuncia platealmente che si farà arrestare, pur di opporsi. Qualcuno arriva a sospettare che tutto questo indichi che stiamo assistendo alle prime prove sul campo di una guerra civile. Trump è un formidabile acceleratore. È lo stesso che nel gennaio 2016, in un comizio in Iowa all’inizio della prima campagna elettorale per le presidenziali (che vinse battendo Hillary Clinton), disse: «Potrei mettermi in mezzo alla Fifth Avenue e sparare a qualcuno senza perdere un solo elettore». Oggi guida un paese in cui pattuglie armate della Guardia nazionale, retate delle squadracce Ice a volto mascherato e retorica xenofoba, occupano il palinsesto mediatico. In questo contesto, Civil War di Alex Garland – il film che immagina un’America in guerra interna e un presidente al terzo mandato – smette di essere pura distopia cinematagrafica. Nella pellicola il presidente utilizza caos e repressione per restare al potere oltre la Costituzione, nella realtà Trump flirta con l’idea di un terzo mandato (e Steve Bannon fa propaganda da mesi su questo punto) - anche se sono chiari i segnali di declino psicofisico - mentre smantella le politiche sull’inclusività, taglia i fondi delle università “woke”, minaccia e denuncia i media e militarizza le città. Nessuno è obbligato ad amare i tic del politicamente corretto. Ma quando la risposta diventa la cancellazione delle tutele costituzionali, la caccia allo straniero e la normalizzazione dei blindati nelle metropoli, il confine tra ordine pubblico e guerra interna si assottiglia. Ogni colpo d’arma da fuoco vicino alla Casa Bianca è un fotogramma di quella Civil War che, forse, è già cominciata a bassa intensità.