Paracadute o cappio, il ricatto miliardario degli Usa pende sull’Argentina di Milei

Alla faccia dell’America first, Donald Trump sta tentando il salvataggio dell’Argentina di Milei. La scorsa settimana «el loco» è volato a Washington per assicurarsi l’endorsement del presidente in vista delle legislative di metà mandato. L’ultimo shot del leader argentino per provare a salvare la faccia in patria. Al centro dell’incontro, il piano americano per sostenere la terza economia del Sud America a corto di liquidità. Le elezioni, in programma alla fine del mese, modificheranno la rappresentanza parlamentare e, per questo, saranno fondamentali per giudicare la tenuta del governo di Buenos Aires, già in minoranza alle camere. A margine del bilaterale, Trump ha dichiarato che, se Milei perderà, «non saremo generosi con l’Argentina». Il riferimento è alla recente formalizzazione di un intervento economico da 20 miliardi di dollari per sostenere il peso argentino. Il dipartimento del Tesoro statunitense aveva annunciato, lo scorso 9 ottobre, che i fondi non sarebbero arrivati tramite un finanziamento diretto ma sotto forma di una linea di swap valutario con la Banca centrale. Lo scopo è far risalire il valore della moneta e stabilizzare i mercati argentini, ma solo a patto che gli argentini votino come piace a Donald Trump. «Se vince, resteremo con lui, se non vince, ce ne andremo», ha ribadito il presidente Usa durante l’incontro con Milei. Canta che la crisi non c’è più. La propaganda rock di Milei le critiche La misura ha fatto storcere il naso ai democratici che hanno accusato il presidente di sostenere l’Argentina a discapito degli interessi nazionali. Uno scontento diffuso anche tra gli agricoltori statunitensi che stanno già scontando le conseguenze della guerra commerciale con la Cina. Fino al 2024, il principale acquirente delle esportazioni americane di soia, che ora sta facendo sempre più affidamento proprio sui coltivatori argentini. Inoltre, c’è chi teme che la decisione dell’amministrazione trumpiana celi, in realtà, il desiderio di favorire i ricchi investitori americani che hanno scommesso sull’Argentina e che rischiano ora di subire un duro colpo. Secondo il New York Times, tra i maggiori beneficiari della misura ci sarebbero i grandi fondi di investimento BlackRock, Fidelity e Pimco, ma anche ex collaboratori del Segretario del Tesoro Scott Bessent, come Stanley Druckenmiller e Robert Citrone. Bessent ha difeso l’accordo negando qualsiasi intenzione di aiutare «i ricchi americani con interessi laggiù» e sostenendo, invece, che «un’Argentina forte e stabile è nell’interesse strategico degli Stati Uniti», perché si tratta di un alleato (Maga) chiave nel Sud America. Il Segretario ha inoltre annunciato che il suo dipartimento sta lavorando a un ulteriore finanziamento da altri 20 miliardi di dollari, questa volta mediante una partnership con il settore privato. Il pentagono mette il bavaglio alla stampa, rivolta dei cronisti contro la Casa Bianca il calo dei consensi Gli investimenti multimiliardari non sembrano, tuttavia, sufficienti per far rientrare la forte crisi di popolarità che sta investendo Milei e il suo partito. Sconfitto a settembre nelle elezioni della provincia di Buenos Aires, dove le opposizioni hanno trionfato con un margine di 13 punti percentuali. Uno smacco che mette a dura prova il consenso raccolto nel primo anno di mandato. E che si somma al malcontento per la truffa della criptomoneta $Libra sponsorizzata dal presidente argentino, gli scandali di corruzione legati alla sorella e capo staff Karina Milei, e i tagli «con la moto sega» alla spesa pubblica. Lo scoraggio popolare ha condizionato gli investitori acuendo la crisi finanziaria. Inutile anche il tentativo di aprile del fondo monetario internazionale, che aveva stanziato miliardi per stabilizzare l’economia. La sconfitta in una provincia chiave come Buenos Aires, dove vive il 40 per cento della popolazione totale, ha spinto i cittadini a vendere pesos per acquistare dollari. E la Banca centrale non ha avuto scelta, ma ha dovuto vendere velocemente riserve valutarie per sostenere la moneta, bruciando in tre giorni oltre un miliardo di dollari. Piovono pietre su Milei, Argentina stretta tra scandali e rabbia sociale Milei arriva quindi alle elezioni del 26 settembre con grandi incertezze ma non perde occasione per scagliarsi contro gli oppositori «nemici della libertà» e responsabili del «problema di liquidità» del paese. Ora, la speranza del leader argentino è che il bacio in fronte di Donald Trump sia sufficiente a incoraggiare gli investitori e rianimare i mercati. Dal canto suo, il presidente americano tenta di salvare l’amico «Maga fino in fondo», per arginare quella che Milei definisce la pericolosa «minaccia rappresentata dal socialismo del ventunesimo secolo, in tutto il mondo ma in particolare in America Latina».