Negli ultimi mesi molti esperti hanno ipotizzato un possibile allargamento del conflitto ucraino verso la Repubblica Moldova. Non sorprende allora la menzione esplicita del presidente americano, Joe Biden, nel discorso del 21 febbraio al paese che condivide una frontiera a nord con l’Ucraina e a sud e ovest con la Romania, membro dell’Unione europea e della Nato.

Biden ha elogiato la piccola repubblica per l’accoglienza dei rifugiati ucraini, per la determinazione nel perseguire un percorso di integrazione europea e ha chiesto un applauso per la presidente Maia Sandu, presente nella platea.

Biden ha anche ribadito che gli Stati Uniti mantengono un fermo sostegno all’integrità territoriale e alla sovranità del paese.

L’attenzione accordata alla Repubblica Moldova appare come una risposta esplicita alle reazioni di Mosca negli ultimi mesi. Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha criticato il tentativo dell’occidente di estendere la sua influenza sulla Repubblica Moldova.

Qualche giorno dopo, un missile russo diretto verso l’Ucraina ha sorvolato lo spazio aereo moldavo. Il 9 febbraio, il Servizio di informazioni e sicurezza della Repubblica Moldova ha annunciato di aver ricevuto dalla controparte ucraina informazioni circa il piano russo di destabilizzazione del paese.

Qualche giorno dopo, alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, Sandu ha accusato la Russia di aver avviato una guerra ibrida contro il sue paese e ha chiesto sistemi di difesa antiaerea dalla Nato.

Nello stesso contesto, il ministro degli Esteri rumeno ha sottolineato la presenza di gravi minacce alla sicurezza nella regione del Mar Nero, generate dalle pressioni esercitate dalla Russia sugli stati vicini, in particolare sulla Repubblica Moldava.

L’iniziativa di Putin

A livello interno, negli ultimi giorni si sono moltiplicate le proteste dei partiti filorussi che contestano la svolta occidentale della presidenza Sandu. La questione della Transnistria è diventata centrale, perché la regione appartenente alla Repubblica socialista sovietica moldava che aveva dichiarato unilateralmente la propria indipendenza negli anni Novanta appare come un cavallo di Troia nel territorio moldavo.

La presenza di circa 1.500 soldati russi e l’arsenale del deposito militare di Cobasna (con circa 20mila tonnellate di armi e munizioni sovietiche) situato nel nord della Transnistria, a pochi chilometri dal confine con l’Ucraina, rende la situazione altamente tesa.

Se, da un lato, bisogna ricordare che a due giorni dal primo anniversario dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, il presidente Putin ha annullato un decreto del 2012 che prevedeva, tra l’altro, la risoluzione del problema della Transnistria nel rispetto dell’integrità e della sovranità della Repubblica di Moldova, provocando nuove preoccupazioni fra le autorità di Chișinău, dall’altro il 18 febbraio sono entrati in vigore gli emendamenti al codice penale della Repubblica di Moldova che prevedono sanzioni per atti di separatismo, puniti con la reclusione da 2 a 6 anni.

Sono considerati reati anche la produzione e la diffusione di informazioni che incitano al separatismo. Le autorità di Tiraspol, la capitale dell’autoproclamato stato nella Moldova orientale, hanno subito manifestato la loro preoccupazione, considerando che la maggior parte dei funzionari e dei vertici delle loro istituzioni sarebbe soggetta a tali sanzioni, generando impedimenti tecnici nei negoziati avviati nel 2010 nel formato 5+2 (Moldova, Transnistria, Osce, Russia, Ucraina e osservatori degli Stati Uniti e dell’Unione europea).

In questo contesto, il deposito di Cobasna appare come punto nevralgico. I giornali rumeni, particolarmente attenti alla questione, hanno ripreso l’analisi dell’Accademia di scienze della Repubblica Moldova, in base alla quale un’esplosione dell’arsenale di Cobasna sarebbe equivalente alle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki.

Stando  a vari rapporti d’intelligence, l’interesse della strategia russa per la Transnitria non è nuovo nel conflitto in Ucraina: già ad aprile 2022 si è parlato di un tentativo di coinvolgimento della Transnistria.

Il recente spostamento delle truppe ucraine alla frontiera moldava rafforza, però, la percezione di un pericolo imminente nella zona, in particolar modo in un contesto nel quale le proteste dei filorussi a Chisinau continuano.

Un ultimo dato può confermare questa percezione: i giornali moldavi di oggi aprivano con l’annuncio di cinque cittadini moldavi indagati per aver assistito rappresentanti di servizi di intelligence esteri in azioni di destabilizzazione e cambiamento dell’ordine costituzionale nello stato. Le nubi si fanno più nere, nell’est dell’Europa.

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