Washington accusa Mosca, facendo trapelare la notizia e le foto satellitari sul Washington Post, che la Russia sta ammassando fra 90 e 175mila uomini armati al confine ucraino, in vista di un attacco militare a gennaio all’Ucraina. Gli Stati Uniti avvertono che se Mosca non cambierà atteggiamento «ci saranno gravi conseguenze».

La Russia ribatte che ha tutto il diritto di spostare le sue truppe all’interno del territorio nazionale. «Sono la Nato e i suoi stati membri che stanno avventatamente spostando le loro forze militari e le loro infrastrutture ai confini russi», si legge in una dura risposta dell’ambasciata della Russia a Washington.

Mosca, in buona sostanza, dice che non accetterà l’ingresso dell’Ucraina nella Nato e che questa è da considerarsi una linea rossa non valicabile per il Cremlino. Siamo di fronte a una escalation senza ritorno?

Il summit virtuale

È dalla fine della Guerra fredda che non si era giunti a un tale livello di scontro tra le due superpotenze nucleari in Europa.

Per evitare danni peggiori, incidenti imprevisti e cercare di ridurre la temperatura della contesa è stato fissato per martedì sera, 7 dicembre, un summit in formato virtuale tra i presidenti Vladimir Putin e Joe Biden che fa seguito a un vertice straordinario svoltosi giovedì scorso in Danimarca tra il segretario di Stato americano, Antony Blinken, e il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov.

Bruxelles, attraverso l’Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell ha fatto sapere di essere pronta a varare a tambur battente nuove sanzioni economiche contro Mosca in caso di aggressione all’Ucraina, un’arma che ha mostrato però nel tempo di essere sempre più spuntata.

«Stiamo usando la nostra capacità diplomatica» per far capire a Mosca che un eventuale attacco all’Ucraina «sarebbe una grave violazione del diritto internazionale», ha detto Borrell».

Inoltre, sempre secondo Borrell, in questa fase è importante «illustrare alla Russia il panorama delle possibili conseguenze»: un avvertimento a non aprire il vaso di Pandora delle rivendicazioni territoriali e nazionalistiche in Europa.

Il disimepgno europeo di Biden

Quanto al presidente americano, va segnalato che non ha mai detto di essere pronto a difendere militarmente Kiev in caso di attacco.

La partita europea, com’è ormai chiaro da tempo, interessa molto meno gli Stati Uniti rispetto a quella che si gioca sul Pacifico, in particolare a Taiwan, con la Cina di Xi Jinping. Biden, dunque, con molta probabilità si limiterà a fornire armi agli ucraini e metterà la sordina alle richieste rivolte agli alleati di appoggiare l’ingresso di Kiev nella Nato.

Washington cercherà di abbassare la tensione e di congelare lo status quo, evitando di far entrare Kiev nella Nato e quindi sotto l’ombrello protettivo americano così come previsto dall’articolo 5 del Trattato di difesa atlantico.

Una finlandizzazione dell’Ucraina? Forse, più prosaicamente, la semplice presa d’atto che Kiev è una zona cuscinetto tra due sfere di influenza e tale deve restare. Mosca, invece, probabilmente coglierà l’occasione per chiedere rassicurazioni formali, e non solo vaghi impegni, sul fatto  che l’allargamento ad est della Nato è ormai un capitolo definitivamente chiuso.

È probabile però che sul punto Washington non potrà essere esplicita, ma che frenerà nei fatti e sul terreno l’allargamento ad est.   

Certo, l’intelligence americana ha scoperto che la Russia starebbe pianificando una vasta offensiva su più fronti contro l’Ucraina per l’inizio del 2022, con il coinvolgimento di 175mila militari, ma è evidente che a nessuno dei due contendenti conviene l’escalation in mezzo all’Europa.

Guerra in potenza

Nei giorni scorsi, durante la sua visita in Europa, il segretario di Stato americano ha detto che Washington ha «prove del fatto che la Russia ha predisposto piani per importanti mosse aggressive contro l’Ucraina».

«Non sappiamo se il presidente Putin abbia preso la decisione di invadere», ha spiegato Blinken, aggiungendo: «Sappiamo che sta mettendo in atto la capacità di poterlo fare».

Un chiaro segnale americano che la partita a scacchi tra Stati Uniti e Russia è solo all’inizio e che nessuno dei due protagonisti vuole far saltare il banco.

E agli europei, ancora una volta, non resterà che attendere l’esito del colloquio tra Biden e Putin per sapere del proprio destino. In attesa di decidersi a formare una difesa comune europea. Magari prima della prossima crisi geopolitica nel cortile di casa.

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