La Turchia vuole arrestare Netanyahu per genocidio

La Procura generale di Istanbul ha emesso mandati di arresto per 37 persone, tra cui il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, con l'accusa di "genocidio". Tra i gli altri destinatari del provvedimento, il ministro della Difesa Israel Katz e il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir. Lo riportano i media di Ankara, lo conferma il sito d’informazione israeliano Ynet. Nella fattispecie, è il presidente dell'Ordine degli avvocati turco Yasin Samli ad affermare che Israele «continua a commettere crimini contro l'umanità e di guerra contro bambini innocenti, donne, animali e l'ambiente a Gaza, nonostante la firma di un accordo di cessate il fuoco». Peraltro, la Turchia era già coinvolta nei procedimenti presso le corti internazionali che accusano Israele di genocidio. «Qui a Gaza soffriamo ancora, aiuti scarsi». E BiBi richiude i valichi Ma apparentemente Tel Aviv ha altro a cui pensare. «Fino all’ultimo tunnel», ha scritto su X proprio Israel Katz, storpiando lo slogan del movimento dei familiari dei rapiti «fino all’ultimo ostaggio». «Ho ordinato all'Idf di distruggere tutti i tunnel del terrore a Gaza. Se non ci saranno i tunnel, non ci sarà Hamas», ha dichiarato. I rifugi sotterranei sono l’unico luogo in cui i miliziani sono quasi sempre al sicuro dai raid dei mezzi aerei israeliani. Ma mentre gli ingegneri dell’Idf sono probabilmente già all’opera per distruggerli nella metà della Striscia sotto il loro controllo, è difficile possano farlo dal lato palestinese senza mettere a repentaglio la tregua. Asserragliati nei tunnel, nella zona meridionale di Rafah che è dalla parte israeliana della linea gialla, si troverebbero bloccati fra i 100 e i 200 membri di Hamas la cui esfiltrazione è al centro di un braccio di ferro fra le due parti (non sarebbe l’unico caso in cui i labirinti sotterranei di Hamas si espandono sottoterra in territorio sotto il controllo israeliano). Leone riceve Abu Mazen, messaggio a Israele sulla soluzione dei due Stati Gli Usa hanno chiesto a Israele di consentire ai militanti di lasciare la zona in sicurezza in vista di una possibile amnistia più ampia che, a fronte di progressi sul piano del disarmo, sarebbe prevista dal piano Trump. Secondo la proposta, i combattenti consegnerebbero le loro armi ai funzionari del Centro di coordinamento civile-militare istituito dagli Usa, la cui base è a Kiryat Gat nel sud di Israele, e otterrebbero così un salvacondotto per recarsi in un paese terzo o a ovest della Linea Gialla. Ma Bibi ha fatto sapere di essere contrario. Il capo di Stato Maggiore dell'Idf, Eyal Zamir, ha ipotizzato Israele possa chiedere la restituzione del corpo di Hadar Goldin, un soldato ucciso a Gaza nel 2014, in cambio del via libera al trasferimento. Insieme a quello di Goldin, Hamas ormai detiene solo altri cinque corpi di ostaggi israeliani. «Un comitato palestinese per Gaza»: al via i colloqui tra Hamas e l’Anp Sul fronte settentrionale, a partire da giovedì, l’Idf è tornato ad alzare il livello dello scontro in Libano, con nuovi raid aerei e nuovi ordini di evacuazione perentori diramati tramite il portavoce arabo Avichay Adraee. Lo Stato ebraico accusa Hezbollah di lavorare a ricostituire le proprie infrastrutture militari spazzate via da Israele in particolare durante la sua offensiva di terra nell’autunno 2024. Il meccanismo di mediazione americano doveva garantire il cessate il fuoco mentre l’esercito libanese si faceva carico di smantellare l’arsenale della milizia sciita. Ma di fatto Israele non ha mai interrotto del tutto i raid aerei contro individui che considera sospetti oltreconfine, e non ha mai ritirato le truppe di terra da cinque punti strategici dalla parte libanese della linea blu. Ora minaccia una nuova escalation. Cosa prevede la bozza del piano sulla governance di Gaza: dal Board of peace al ruolo del contingente internazionale