«Ostacoli dell’ultimo minuto» all’intesa sui minerali tanto bramata dal tycoon- Il Cremlino: «Sì a colloqui diretti. Altrimenti sarà mobilitazione bellica di massa»
«Ostacolo dell'ultimo minuto», diceva ieri il titolo del Financial Times che annunciava l'ennesimo stop dei negoziati per l'accordo dei minerali rari tra ucraini e statunitensi. Ed era soprattutto la presenza della vicepremier Yulia Svyrydenko a Washington a confermare la certezza del primo ministro Denys Shmyhal, convinto che gli ucraini si sarebbero svegliati con la notizia della firma su «un vero accordo di partenariato» con gli Stati Uniti.
Mancavano, ha ammesso, dettagli da definire prima dell'ok finale: sono stati quei dettagli e le «divergenze» con gli Usa, a far saltare una delle due firme, quella sull'accordo per il fondo di investimenti che va ratificato prima dalla Rada, Parlamento di Kiev. Se non salterà anche altro, intanto: per esempio, l'impaziente Trump o il suo segretario di Stato Rubio che da giorni minaccia l'addio alla mediazione tra russi e ucraini. Si spera adesso in una soluzione per le terre rare che arrivi nelle prossime ventiquattro ore.
Contraddizioni e paradossi
L'Ucraina rimane avvolta dal fumo: quello dei droni russi che continuano a bombardare a Kharkiv, Dnipro, quello della nebulosa di informazioni contraddittorie che offuscano la soglia del percorso verso un accordo di pace. Più che progressi, si accumulano contraddizioni.
Dal “bilaterale” al funerale del Papa in Vaticano, dal gioco delle sedie (e sulla terza, poi eliminata, che non si sa ancora a chi fosse destinata) tutto è già cambiato: il presidente ucraino non vuole cedere la Crimea, come aveva assicurato Trump. Zelensky ha fatto marcia indietro sui territori occupati durante una videoconferenza: «Vogliamo mettere fine alla guerra in modo giusto, senza premi per Putin, specialmente senza terra».
Nel commentare il bilancio dei suoi primi cento giorni di governo, Trump, come una banderuola che cambia direzione al vento del suo umore, è tornato a ripetere che solo con Putin si negozia, «vuole raggiungere un accordo di pace con l'Ucraina». Il tycoon ha trasformato i microfoni dell'Abc news in megafono per attaccare il predecessore con accuse copia-incolla: «Il conflitto è diventato possibile sotto Biden».
Anche l'inviato di Trump Steve Witkoff, quattro volte al Cremlino negli ultimi mesi, è convinto che Putin sia pronto «per la prima volta a rivedere le relazioni tra Stati Uniti e Federazione russa». Le pretese massimaliste di Mosca rimangono invariate, senza concessioni: i russi auspicano «successo rapido» nelle operazioni ma «le cause di fondo del conflitto sono troppo complesse per essere risolte in un giorno».
Conto alla rovescia
In Russia è arrivato maggio e si avvicina il giorno nove. A Mosca è cominciato il conto alla rovescia per la celebrazione del Giorno della Vittoria in cui staranno in fila i reggimenti in Piazza Rossa. Sugli spalti vuoti di europei ed occidentali, ci sarà il presidente cinese Xi Jinping per celebrare l'ottantesimo anniversario della vittoria sulla Berlino hitleriana.
«La Russia pronta a mobilitarsi come durante la grande guerra patriottica». Dopo inappropriati paralleli con i sacrifici dell'armata sovietica nella Seconda guerra mondiale («i germi del nazismo hanno cominciato a germogliare» in Ucraina, il presidente Putin «ha fatto quello che doveva fare»), il portavoce Dmitry Peskov ha assicurato che oggi come ieri i russi sono pronti a resistere. Al festival della gioventù Znanie (“conoscenza”) ha detto di apprezzare l'intervento e mediazione statunitense, ma un accordo di pace va firmato «con l'Ucraina, non con gli Stati Uniti».
In sostanza, Mosca continua con il balletto di aperture alternate a minacce. Peskov ha ripetuto che il Cremlino è pronto per negoziati diretti, senza precondizioni, ma ha anche rivendicato: «Il nostro dovere è vincere». E, soprattutto, ha ripetuto che la Russia è pronta ad una mobilitazione bellica di massa, come ai tempi della Seconda guerra mondiale. L'offensiva diplomatica per costringere Kiev al tavolo ieri è avanzata fino a New York, dove il rappresentante permanente alle Nazioni Unite Vasilij Nebenzja ha suggerito che il cessate il fuoco di maggio richiesto da Putin potrebbe diventare un «possibile primo passo verso colloqui diretti tra i due paesi».
Segreti nordcoreani
Il “segreto” - quello delle truppe nordcoreane dispiegate negli ultimi sei mesi nella regione russa di Kursk contro gli ucraini- svelato subito da fonti di intelligence di Seul, Washington e Kiev, è ora in piena luce, confermato e rivendicato da Mosca e Pyongyang. Anzi, celebrato con monumenti e parole d'amore: “l'amicizia militare” sarà visibile e plastica.
Sono iniziati i lavori per la costruzione di un ponte stradale sul Tumen, operazione speciale in calcestruzzo lungo il fiume che collega i paesi nel lembo più estremo dei loro confini bagnati dal Mar del Giappone. Secondo i dati dell'intelligence sudcoreana, dei diciottomila nordcoreani schierati sul campo, seicento sono morti e quattromila sono rimasti feriti. Quelli rimasti vivi hanno imparato a pilotare droni, ma anche a rubare e bere, e non è detto che siano andati via per sempre: potrebbero tornare per una terza missione.
Non si sa invece chi potrebbe affiancare l'Ucraina: l'accordo per le terre rare è un altro modo per trattenere gli statunitensi in un'Europa che vogliono abbandonare bruscamente. Trump e i suoi lo hanno ripetuto più volte e non in sordina. A volerlo impedire non solo Kiev, ma anche l'Ue che si scopre fragile e, soprattutto, piccola.
Nella coalizione occidentale i “volenterosi” sono zelanti, ma pochi: solo venticinquemila. Secondo il Times sarebbe questo il numero di soldati disponibili su cui poter contare in chiave anti-russa. Starmer ha chiesto a Washington proprio ciò che Trump non vuole più concedere: forza militare statunitense. Gli europei, tra affanni politici ed economici, scontri di bilancio e di opinioni pubbliche contrarie, non riuscirebbero da soli a contenere la Russia, se dovesse diventare, da minaccia esistenziale per l'Ucraina, una minaccia all'Europa.
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