Il giorno dopo che il segretario di Stato statunitense Antony Blinken e quello alla Difesa, Lloyd Austin, nella loro visita a Kiev hanno promesso altri 700 milioni di dollari in aiuti militari al presidente Zelensky, l’esercito russo ha risposto all’annuncio colpendo con attacchi missilistici cinque stazioni ferroviarie nell’Ucraina dell’ovest e centrale dove hanno provocato morti, feriti ma anche danni alle strategiche infrastrutture di collegamento su strada ferrata.

La nuova strategia

Le autorità locali della regione centrale di Vinnytsia hanno annunciato su Telegram l'uccisione di almeno cinque persone e il ferimento di altre dopo gli attacchi alle stazioni di Zhmerynka e di Kozyatyn senza però dare maggiori dettagli. L’obiettivo delle truppe di Putin sembra essere quello di colpire le linee di rifornimento dove transitano le nuove armi offensive (obici e droni-killer) occidentali. Il nuovo obiettivo di Mosca sarebbero le ferrovie ucraine che stanno tenendo in vita il paese e lo sforzo della sua resistenza armata. Certo «Mosca sta fallendo i suoi obiettivi», ha detto ieri Blinken, mentre il responsabile del Pentagono, Austin ha aggiunto: «Vogliamo una Russia indebolita al punto da non poter più fare altre guerre». Mosca ha reagito rispondendo che “l’Occidente sta cercando di distruggerci dall’interno”.

 La nuova strategia militare di Mosca sembra quella di colpire le linee di transito dei rifornimenti occidentali, e contemporaneamente di conquistare più territorio possibile, in particolare a sud del paese, con l'idea di impedire l’accesso al mare dell’Ucraina conquistando tutta la costa fino alla città di Odessa.

E i negoziati?

Il presidente russo, Vladimir Putin, ultimamente (ma forse non lo è mai stato) non sembra più interessato all’esito dei negoziati tra le parti in conflitto che dopo gli ultimi incontri svoltisi a Istanbul, sotto la regìa del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, si sono arenati in un nulla di fatto. Che Putin non abbia più intenzione di negoziare è apparso chiaro agli osservatori internazionali ascoltando le parole del presidente russo alla televisione di Mosca, quando ha negato, a dispetto di tutte le evidenze contrarie, che le truppe russe non hanno mai preso di mira i civili durante gli attacchi come quello all’acciaieria Azovstal, ultimo caposaldo di resistenza ucraina nella città martire di Mariupol.

Tutti i tentativi del presidente turco Recep Tayyip Erdoagn, del presidente francese Emmanuel Macron, del consiglio europeo, Charles Michel, e di quello dell’oligarca Roman Abramovich, di portare al tavolo negoziale Putin sono miseramente falliti.

La svolta, verso un rinnovato sforzo bellico sul terreno e l’abbandono delle trattive diplomatiche, sembra essere giunta dopo l’affondamento da parte ucraina dell’ammiraglia russa nel Mar Nero, l’incrociatore Moskva, vissuto da Putin come una vera e propria pesante umiliazione.

Terreni di conquista

Ora il Cremlino vuole voltare pagina e cercare una vittoria bellica sul terreno con la conquista di aree nel Donbass, nel sud fino alla città portuale di Odessa e, in una terza fase, arrivare fino in Transnistria, in Moldavia, collegandola, con un lungo corridoio terrestre, con la Crimea.  Si tratta di seguire la politica espansionistica zarista per riprendersi i vecchi territori dell'impero e dell'Unione sovietica. Questo lunedì è stata diffusa, tramite media locali e l’agenzia Tass, anche la notizia di esplosioni nei pressi dell'edificio che ospita il ministero per la Sicurezza statale a Tiraspol, in Transnistria, la regione separatista filorussa della Moldavia al confine con l'Ucraina.

Secondo alcuni analisti occidentali le esplosioni potrebbero essere una "false flag" orchestrata dai servizi segreti russi: l'azione che potrebbe dare il pretesto alla Russia di intervenire in Transnistria per difendere la popolazione russofona. Uno schema già usato nelle zone separatiste in Ucraina di Donetsk e Lugansk che ha rappresentato il pretesto per l'invasione del paese cominciata due mesi fa.

Espansione imperiale

Il governo ucraino e molti diplomatici occidentali non hanno mai creduto davvero nella reale volontà negoziale di giungere ad un accordo da parte di Mosca, ritenendo che Putin volesse solo guadagnare tempo dopo la disastrosa campagna settentrionale contro Kiev, per poter riorganizzare le truppe e lanciare la seconda fase dell’offensiva di riconquista nel Donbass e nel sud. Non solo. Il vice ambasciatore russo all’Onu ha affermato che “non ci sono al momento le condizioni di un cessate il fuoco”, proprio mentre il segretario generale del Palazzo di Vetro, Antonio Guterres era in visita da Erdogan prima di dirigersi a Mosca.  

L’ipotesi di negoziati basati sull’accettazione da parte di Kiev della neutralità e dell’abbandono della volontà di entrare nella Nato non sembrano più sufficienti a Mosca che sogna una nuova espansione imperiale in Europa.

Blinken riapre l’ambasciata

Nel frattempo l'ambasciata statunitense a Kiev dovrebbe riaprire entro un paio di settimane, ha dichiarato il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, che ha spiegato come Washington «sta procedendo con cautela, dando la priorità alla sicurezza del suo personale diplomatico». In questo quadro il presidente americano Joe Biden ha annunciato l'intenzione di nominare Bridget Brink «ambasciatore straordinario e plenipotenziario in Ucraina». Attualmente Brink è la rappresentante di Washington nella Repubblica slovacca. Di certo c’è che sono circa 400 i diplomatici russi espulsi da 28 Paesi dall'inizio del conflitto in Ucraina. Lo ha riferito il viceministro degli Esteri di Mosca, Yevgeny Ivanov, sottolineando che i Paesi che ne hanno allontanati di più "sono Polonia, Germania, Slovenia, Slovacchia, Croazia, Francia, Italia e Spagna".

La potenza riluttante

La Germania del cancelliere socialdemocratico, Olaf Scholz, è “l’anello debole” della reazione europea verso l’aggressione russa con la sua ostinata opposizione ad estendere le sanzioni al petrolio e al gas russo. Ora, però, va segnalato che il governo tedesco deciderà "a breve" sull'invio all'Ucraina di 100 vecchi carri armati Marder. Lo ha riferito il portavoce dell'esecutivo. L'azienda tedesca Rheinmetall, un colosso degli armamenti, ha chiesto l'autorizzazione in quella che sarebbe la prima fornitura di armi pesanti a Kiev da parte di Berlino. Forse, di fronte alla volontà russa di non negoziare e di continuare a colpire le linee di rifornimento degli aiuti occidentali, la “potenza riluttante” europea si sta svegliando dal sonno ipnotico dove l’ha condotta un ventennio di intrecci perversi con lo zar.

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