Sull'area della centrale elettrica di Trypilska – una delle più grandi della regione di Kiev – la notte del 11 aprile dello scorso anno piovono undici missili balistici russi. La centrale viene colpita e distrutta, sette missili vengono intercettati, quattro bucano la difesa aerea ucraina. «Perché? Perché non c'erano più missili. Abbiamo finito i missili per difendere Trypilska», spiegò ai tempi il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, evidenziando un settore decisivo delle forniture d'armi dall'estero: la difesa aerea con sistemi sofisticati e missili intercettori da milioni di dollari ciascuno.

Un concetto ribadito da Zelensky pochi giorni fa. «Siamo vicini a questa città e non abbiamo più missili per i sistemi Patriot. Li abbiamo esauriti», ha raccontato il presidente ucraino il 19 febbraio usando le parole di un comandante di brigata al telefono con lui. Scenario che può diventare ancora più critico se al fronte dovesse venir meno il supporto della rete satellitare Starlink di Elon Musk, che ha garantito comunicazioni e rete internet dopo l'invasione russa.

Impatto su tutti i fronti

«I sistemi Patriot sono assolutamente cruciali. Di tutti gli aiuti militari che gli Stati Uniti hanno fornito, ritengo che i Patriot siano i più importanti», racconta da Washington parlando con Domani Kateryna Stepanenko dell'Institute for the Study of War (Isw). La sospensione dell'invio di armi ed equipaggiamento militare a Kiev ha un impatto su tutti i fronti, inclusa la fornitura dello “scudo” di missili Patriot, autorizzata a dicembre del 2022 dal presidente Biden. «È una sfida significativa: solo i Patriot possono abbattere la maggior parte dei missili russi», dice Kateryna Stepanenko. «Abbiamo visto i Patriot essere estremamente efficaci nell'abbattere missili balistici russi, e questo crea un divario significativo nelle capacità ucraine. Credo che la necessità più urgente sia ripristinare la difesa aerea», sostiene l'analista.

A Kiev l'importanza dei Patriot è ribadita di continuo. Il primo ministro ucraino Denys Shmyhal il 4 marzo scorso ha parlato di «unico sistema in grado di contrastare i missili balistici russi» e di rischio per munizioni e manutenzione. Il sistema è in uso da più di 40 anni ed è utilizzato da 19 Paesi, aggancia un bersaglio fino a 140 chilometri di distanza, spara colpi che viaggiano a una velocità che è 5 volte quella del suono e in dieci secondi può neutralizzare la minaccia. Un missile intercettore può costare tre milioni di dollari.

Sei batterie

L'Ucraina in questo momento dispone di sei batterie di Patriot, la loro posizione è classificata per sparire dai radar degli attacchi russi, sono impiegate a difesa degli obiettivi più sensibili: la capitale Kiev e le infrastrutture energetiche. «Non riscontriamo l'utilizzo di sistemi Patriot sulla linea del fronte. Il sistema Patriot è una risorsa molto limitata», conferma Stepanenko. E nemmeno per abbattere droni Shahed e missili che possono essere tirati giù in altro modo. «Gli ucraini si stanno adattando sempre di più e cercano di ridurre al minimo la loro dipendenza dai sistemi Patriot quando possibile», conferma l'esperta.

La Russia lancia attacchi continui con una media di 150 droni Shahed ogni volta, circa 3.900 solo a febbraio. Numeri che spiegano come sia insostenibile utilizzare in modo massiccio sistemi come i Patriot, attrezzarsi in altro modo è una necessità. Come le unità di difesa mobile area - se ne contano circa 900 in tutta l'Ucraina – formate anche da volontari. Sparano ai droni Shahed con mitragliatori Maxim della seconda Guerra Mondiale da 600 colpi al minuto e 27 chili di peso, che vanno raffreddati ad acqua.

In uso anche altri sistemi - come i norvegesi Nasams o i Samp/t italo-francesi (per caratteristiche un “sostituto” del Patriot) o i britannici Lmm. Con le dovute criticità, legate alle gittate dei missili o ai tempi di produzione molto lunghi.

«Per l'Ucraina avere qualsiasi difesa aerea è fondamentale», aggiunge Kateryna Stepanenko. Kiev ha anche chiesto – e non ancora ottenuto – di revocare la licenza di produzione esclusiva Usa dei Patriot, così da fabbricarsi i missili da soli. «La dipendenza dalle licenze complica la capacità degli stati europei di produrre i propri sistemi», spiega l'analista. Che solleva anche un altro punto fondamentale della questione. «L'effetto più immediato che gli ucraini sentiranno sarà la riduzione della condivisione di intelligence», cruciale per i sistemi di allerta aerea. In più vuol dire privare Kiev di una leva negoziale con Mosca.

Nelle ultime settimane l'Ucraina ha attaccato infrastrutture energetiche russe e Zelensky ha aperto alla possibilità di un cessate il fuoco anche su questo fronte.

«L'interruzione della condivisione di intelligence e l'eliminazione della capacità ucraina di effettuare attacchi a lungo raggio, come con gli Atacms o gli Himars, privano l'Ucraina di ulteriori margini di negoziazione e allo stesso tempo tolgono agli Usa un'importante carta da giocare nei confronti della Russia», insiste Kateryna Stepanenko. In sostanza Mosca non avrebbe alcun interesse a trattare un cessate il fuoco se Kiev non è già più in grado di sparare colpi verso raffinerie e depositi russi, e la situazione peggiora anche nel Kursk.

Cogliere il momento

«Ed è davvero preoccupante», dice l'analista. «Togliendo queste leve e riducendo la pressione sulla Russia, si rende ancora più difficile raggiungere una pace giusta e significativa per l'Ucraina nel lungo termine», conclude. Nella sua analisi vede nell'Europa un attore che può e deve cogliere il momento storico e sostituirsi agli Usa a difesa dell'Ucraina. Ma nell'immediato la situazione resta delicata, i Patriot sono stati – come li definisce lei - «un game changer» per mostrare a tutti che i missili balistici si possono tirare giù, ma «la mancanza di aiuti priva l'Ucraina dell'opportunità di colpire, contrattaccare e mettere in difficoltà la Russia».

Sostanzialmente lo scenario è quello di chiedere agli ucraini di fare una scelta, sostiene l'analista. «Dover scegliere cosa proteggere».

© Riproduzione riservata