Cinquecento chilometri di gittata, i Taurus tedeschi raddoppierebbero il raggio d'azione dei colpi di Kiev. Ma la condivisione di intelligence è il fattore determinante, spiegano gli esperti. Nel frattempo, però, le forze russe stanno modificando la propria strategia. Kateryna Stepanenko, analista Isw: «In una controffensiva ucraina può verificarsi un cambio di equilibri»
Depositi di carburante nell'area di Kaluga, gli hangar della fabbrica di aerei a Smolensk e le piste delle basi nell'Oblast di Voronezh. Dove l'Ucraina è arrivata a colpire la Russia in questi ultimi mesi lanciando droni di fabbricazione propria, ora potrà colpire anche con missili forniti dai suoi principali alleati occidentali. Tenendo sotto tiro un'area che dalla Crimea fa mezzo giro di compasso fino a Smolensk e parte della Bielorussia, e a 150 chilometri in linea d'aria da Mosca.
La decisione attesa da Kiev dall'inizio dell'invasione russa su larga scala – e invocata su banner di ambasciate, cartelloni e magliette con lo slogan “Let Ukraine strike back” - sembra essere presa. A renderla pubblica il cancelliere tedesco Friedrich Merz lo scorso 26 maggio: «Non ci sono più limitazioni di raggio per le armi fornite all'Ucraina. Né da parte dei britannici, né dei francesi, né da parte nostra. Neppure da parte degli americani». Clausola che fin qui ha vincolato l'utilizzo di questo tipo di armi a lungo raggio per scongiurare una escalation del conflitto.
«La decisione di revocare le restrizioni sul raggio d’azione è certamente positiva», commenta da Washington Kateryna Stepanenko, analista e vice capo dell'area di studi sulla Russia dell'Institute for the study of the war. «Il suo impatto sul campo di battaglia dipende dalla fornitura di armi e dalla condivisione di intelligence per le operazioni di targeting», precisa.
Il cancelliere tedesco il giorno dopo ha corretto la portata del suo annuncio, spiegando di aver descritto «qualcosa che accade ormai da mesi» e di restrizioni «da tempo abbandonate» da chi le aveva imposte. Fin qui soltanto Joe Biden a metà novembre - e dopo aver perso le elezioni - aveva autorizzato Kiev a colpire in territorio russo con missili Usa.
Quello di Merz è il primo annuncio pubblico che chiama in causa altri tre paesi che hanno inviato insieme a Berlino - secondo gli ultimi dati del Kiel Institut - già 59 sistemi multipli per lanciare missili a lungo raggio. E dotato l'Ucraina di missili Atacms statunitensi con gittata fino a 300 chilometri, e missili Storm Shadow e Scalp (quasi identici tra loro) francesi e britannici con una gittata di circa 250 chilometri. Mancano i Taurus, sì, perché nonostante gli annunci di missili a lungo raggio tedeschi in Ucraina non ne sono mai arrivati.
Obiettivi fissi
Cinquecento chilometri di gittata, i Taurus tedeschi di colpo raddoppierebbero il raggio d'azione dei colpi di Kiev. «Gli ucraini non dispongono ancora dei missili Taurus e potrebbero avere una disponibilità limitata di altri missili come gli Atacms e gli Storm Shadow», dice a Domani Kateryna Stepanenko. «In assenza dei Taurus, con una carenza delle altre munizioni e parametri poco chiari sulla condivisione di intelligence, non è chiaro in che modo queste decisioni possano modificare concretamente le capacità dell’Ucraina sul campo di battaglia», continua. In attesa dei missili tedeschi, il raggio di azione dei missili al momento disponibili si estende per 300 chilometri oltre il confine.
«Gli ucraini possono colpire molti obiettivi fissi con missili a lungo raggio, come i depositi di carburante», insiste Kateryna Stepanenko. Ad agosto scorso si trattava di un'area con 245 obiettivi militari russi secondo analisi satellitari dell'Isw. Tra questi 16 basi aeree, diversi depositi di armi e mezzi, centri di addestramento e basi operative di unità e battaglioni.
Sul campo però le cose cambiano e si spostano velocemente. Stepanenko con Domani sottolinea l'importanza del dynamic targeting, la «capacità di colpire obiettivi mobili all’interno della Russia». Quindi di sparare senza sprecare colpi preziosi in termini di scorte e di costo. Uno Storm Shadow con i suoi tre sistemi di navigazione, sensori ad alta precisione e la doppia detonazione a distanza di millisecondi costa più di 1 milione di dollari.
«La condivisione di intelligence è il fattore determinante, perché consente alle forze ucraine di sapere quando determinati obiettivi sono in movimento», aggiunge. E che potrebbe effettivamente portare a un cambio di equilibri in una controffensiva ucraina. «Questa capacità potrebbe permettere di colpire obiettivi di livello più basso ma rilevanti dal punto di vista operativo, come sedi di comando mobili, centri di addestramento o radar, con un impatto temporaneo ma concreto sul campo di battaglia», sostiene.
I Taurus andranno ad aprire ancora di più il compasso sulle cartine militari, mettendo l'Ucraina nelle condizioni di poter decidere di attaccare anche l'epicentro del potere politico russo. «In teoria, l’Ucraina potrebbe colpire Mosca con i missili Taurus, ma si tratterebbe di un’operazione estremamente complessa», spiega l'analista dell'Isw da Washington: «L’Ucraina dovrebbe lanciare questi missili utilizzando aerei, il che porterebbe i piloti ucraini a volare molto vicino al confine con la Russia e potenzialmente a entrare nel raggio dei sistemi di difesa aerea russi».
Attacchi intensificati
Quello che è possibile stia avvenendo già in queste ore è un ulteriore un cambio di strategia da parte di Mosca. La Russia negli ultimi 8 mesi ha intensificato gli attacchi a lungo raggio, modifica gli Shahed, per renderli sempre più letali e difficili da abbattere. Minaccia gli alleati di Kiev, nel tentativo di isolare politicamente l'Ucraina.
E se l'invio dei Taurus per Mosca significherebbe una “partecipazione diretta” di Berlino nel conflitto, l'annuncio di Merz può mettere pressione su Mosca. Andando a incidere sulla capacità della Russia di organizzare quasi ogni notte attacchi deliberati con centinaia di droni e missili verso le città ucraine.
«I russi potrebbero iniziare a spostare i loro centri di comando e controllo, i depositi e i sistemi di protezione», spiega ancora Stepanenko. «Potrebbero inoltre essere costretti a ripensare il posizionamento delle unità di guerra elettronica e dei radar», aggiunge. Una guerra dove tutto si sposta di continuo, ma dove tutto continua a rimanere fermo.
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