Vladimir Putin ha spesso dimostrato di essere un maestro di tattica in politica internazionale. Ma di tattica si può anche morire. Perché, quindi, il presidente Putin ha deciso di attivare un’escalation militare ai confini dell’Ucraina in questo periodo? Uno sguardo generale ai punti di forza e di debolezza degli attori coinvolti in questa partita a scacchi può fornirci qualche elemento di riflessione sulle azioni della presidenza putiniana.

I guai di Biden

Partiamo dagli Stati Uniti: il presidente Joe Biden sta attraversando un periodo difficile sia per il calo di consensi, rilevati dai sondaggi, sia per la situazione pandemica e le ricadute negative a livello economico.

Inoltre, è ancora evidente nelle cronache quotidiane il livello della polarizzazione del conflitto sociale anche post Trump. Biden rischia di diventare un’anatra zoppa alle prossime elezioni di mid term per rinnovare camera e senato: i repubblicani potrebbero riconquistare la maggioranza.

Nella politica internazionale la posizione americana è ancora più difficile perché strategicamente deve concentrarsi e impegnare tutte le proprie forze nel Pacifico per contrastare l’avanzata dell’egemonia cinese (l’approccio noto come Pivot to Asia).

Per evitare il rischio di sovraesposizione, l’America non può permettersi di affrontare due teatri di guerra, ma, eventualmente, concentrarsi su un’azione di guerra e una di contenimento.

E’ anche plausibile che, proprio per cercare di distogliere l’attenzione dalle questioni nazionali, il presidente Biden si concentri sull’escalation militare in Ucraina, anche per “rifarsi l’immagine” agli occhi dell’opinione pubblica dopo il disimpegno americano in Afghanistan, considerato dalla Russia come una prova della debolezza politica statunitense.

Le debolezze di Nato e paesi Ue

Per quanto riguarda la Nato, la sua struttura e la mission dell’Alleanza hanno implicazioni di natura politica, giuridica e non solo militare che escludono a priori l’adesione dell’Ucraina e della Georgia nel breve e medio periodo. A ciò si aggiungano gli articoli 4 e 5 che costituiscono il principale vincolo giuridico a un intervento militare Nato perché, rispettivamente, è richiesta l’unanimità degli alleati (il caso libico, ad esempio, aveva previsto un mandato dell’Onu) e l’Ucraina non è ancora un membro dell’Alleanza.

L’anello più debole della catena è sicuramente l’Unione europea perché un eventuale conflitto avrebbe luogo in territorio europeo con devastanti conseguenze economiche e sociali, minando anche la sopravvivenza stessa delle istituzioni europee.

Sin dalla sua seconda legislatura (2004), il presidente Putin ha abbandonato l’idea di portare avanti una “relazione privilegiata” con l’Ue perché quest’ultima è considerata al servizio dell’imperialismo americano e incapace di adottare un’autonoma politica estera, di difesa e di sicurezza.

Nella visione politica di Putin se l’Occidente non ha alcuna intenzione di considerare la Russia come un rilevante attore globale, tanto vale rivolgersi a Oriente per ridefinire l’assetto dell’ordine internazionale in chiave anti-americana. Ma non finisce qui.

Ciò che rende ancora più debole l’Ue è anche la situazione che alcuni suoi membri devono affrontare a livello domestico. In Francia, il presidente Emanuel Macron è impegnato nella campagna elettorale presidenziale per la sua rielezione, mentre in Germania il nuovo il nuovo cancelliere Olaf Scholtz deve consolidare la propria coalizione, portando avanti la difficile eredità di Angela Merkel.

Ultimo, ma non meno importante la situazione che stiamo vivendo in questi giorni in Italia con l’elezione del prossimo presidente della Repubblica. Paesi fondanti e rilevanti per la politica europea sono concentrati in dinamiche che lasciano un vuoto politico che il presidente Putin intende sfruttare a proprio vantaggio.

Sanzioni spuntate

Una nota a margine è la questione della debolissima coesione interna all’Ue riguardo al tipo di sanzioni che si prevede di attuare nell’eventualità di un’invasione russa in Ucraina. Su questo aspetto sono state manifestate reticenze e dubbi dalla Germania e dalla Francia che in queste ore si adoperano per portare avanti un’azione diplomatica nell’ambito del “Formato Normandia”.

La questione è più complessa perché coinvolge il futuro del gasdotto russo-tedesco Nord Stream 2, bloccato da questioni burocratiche, che ha trovato l’opposizione degli Stati Uniti, dell’Ucraina e degli altri paesi dell’Europa orientale.

Sempre sulla questione delle sanzioni, occorre anche citare il disappunto delle imprese europee per la legittima preoccupazione di una ritorsione economica delle sanzioni russe sull’apparato produttivo.

Il leader russo sa di poter sfruttare meglio in inverno le proprie risorse energetiche come mezzo di ricatto/rivendicazione nei confronti di quei paesi che intendono allinearsi agli input dell’amministrazione americana.

In quest’ottica, si deve interpretare anche l’incontro tra Putin e alcuni imprenditori italiani durante il quale il presidente ha sottolineato quanto le concessioni e i contratti tra i due paesi siano vantaggiosi, anche nel prezzo, rispetto ad altri paesi.

Il piano di Putin

A serviceman stands holding his machine-gun in a trench on the territory controlled by pro-Russian militants at frontline with Ukrainian government forces in Slavyanoserbsk, Luhansk region, eastern Ukraine, Tuesday, Jan. 25, 2022. Ukraine's leaders sought to reassure the nation that a feared invasion from neighboring Russia was not imminent, even as they acknowledged the threat is real and prepared to accept a shipment of American military equipment Tuesday to shore up their defenses. (AP Photo/Alexei Alexandrov)

Questo quadro individua una “tempesta perfetta” dalla quale il presidente Putin intende rilanciare la vera posta in gioco: puntare al riconoscimento delle Repubbliche autonome del Lugansk e Donetsk, bloccare le ambizioni imperialistiche degli Usa per ridefinire l’assetto internazionale e, soprattutto, essere al tavolo “alla pari” della negoziazione sull’ordine di sicurezza e stabilità europea (con il sostegno del presidente Macron).

Le considerazioni fatte sinora si basano sulla logica e la razionalità di un mondo perfetto, ma l’imprevisto e l’irrazionale possono sconvolgere anche i migliori e più ponderati piani d’azione. Basta un qualsiasi incidente, indotto o meno per meri calcoli strategici e di opportunità, nel territorio del Donbass per generare un “casus belli” dalle conseguenze imprevedibili e con il rischio di un conflitto di difficile soluzione nell’immediato.

Evidentemente Putin, che può e poteva già colpire l’Ucraina anche con i nuovi missili di cui dispone senza i “boots on the ground”, (per non parlare degli attacchi cibernetici) ritiene di poter “sopportare”, come ha già fatto dal 2014, i danni economici delle sanzioni attraverso i rapporti commerciali avviati con la Cina e l’avvio di transazioni dedollarizzate che la “salverebbero” anche dall’esclusione dal sistema bancario Swift.

Certo, l’impatto delle immagini dei soldati russi che partono per la guerra in Ucraina sull’opinione pubblica ricorderebbe i drammatici precedenti delle guerre cecene, ma un efficiente propaganda mediatica, come in diverse occasioni è stata condotta, ribadirebbe il pericolo dell’avversario esterno (Nato e Stati Uniti) in un paese considerato dallo stesso Putin come storicamente e culturalmente parte della Russia.

In previsione delle elezioni presidenziali del 2024, come per quelle del 2018, Putin giocherebbe la carta ucraina e dimostrerebbe di essere l’unica persona in grado di rischiare così tanto per la dignità della patria. Le fazioni del Cremlino sono avvertite.

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