Il conflitto a bassa intensità che si consuma tra Russia e Ucraina fin dal 2014 è uno dei maggiori fattori di destabilizzazione della regione orientale, ma la minaccia russa ha anche contribuito alla crescita del settore militare ucraino. Con un doppio effetto. I maggiori investimenti nel comparto della difesa hanno ridotto i ritardi nell’ammodernamento dell’esercito, che fin dalla caduta dell’Urss fatica a mantenersi al passo con i tempi, ma allo stesso tempo tale rafforzamento si è trasformato in un pericolo per la sicurezza regionale.

L’Ucraina è considerata un paradiso per il mercato nero delle armi, la cui crescita è stata favorita negli ultimi anni sia dalla presenza di truppe paramilitari nel Donbass che dalla corruzione dell’apparato amministrativo ucraino. Un problema a cui il presidente Volodymyr Zelensky ha promesso di metter fine, ma che deve ancora essere risolto.

La crescita del settore militare

A Ukrainian serviceman walks through a trench on the front line in the Luhansk area, eastern Ukraine, Thursday, Jan. 27, 2022. The U.S. rejection of Russia's main demands to resolve the crisis over Ukraine left "little ground for optimism," the Kremlin said Thursday, but added that dialogue was still possible. (AP Photo/Vadim Ghirda)

L’annessione russa della penisola di Crimea nel 2014 ha reso evidente l’arretratezza dell’esercito ucraino e la mancanza di un’industria della difesa locale in grado di rifornire adeguatamente l’apparato militare. Da una parte l’Ucraina, pur essendo tra i maggiori esportatori di componenti per la Difesa e di armi leggere, non possiede i sistemi d’arma necessari per fronteggiare la minaccia russa; dall’altra non è ancora dotata di un esercito numericamente consistente, data la sproporzione tra il numero degli effettivi e quello del semplice personale amministrativo.

Per far fronte a queste mancanze, i governi in carica dal 2014 ad oggi hanno gradualmente aumentato la spesa pubblica destinata al settore della difesa, passando, secondo i dati dell’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri), da un investimento pari al 2,2 per cento del Pil nel 2014 a uno del 4,1 per cento nel 2020.

Un aumento che si è riflesso anche nella crescita delle vendite della Ukroboronprom, società statale ucraina della difesa passata dalla 96esima alla 77esima posizione nella classifica delle cento aziende più produttive in ambito militare stilata dal Sipri.

L’aiuto esterno

Local residents train close to Kyiv, Ukraine, Sunday, Jan. 30, 2022. Russia's foreign minister claims that NATO wants to pull Ukraine into the alliance, amid escalating tensions over NATO expansion and fears that Russia is preparing to invade Ukraine. In comments on state television Sunday, Foreign Minister Sergey Lavrov also challenged NATO's claim to be a purely defensive structure. (AP Photo/Efrem Lukatsky)

Nonostante l’aumento della spesa per la difesa, la corsa al riarmo dell’Ucraina non sarebbe stata possibile senza l’aiuto americano. Dal 2014, gli Stati Uniti hanno stanziato 2,5 miliardi di dollari per il rafforzamento dell’apparato militare ucraino, fornendo armi ed equipaggiamenti e occupandosi in alcuni casi anche dell’addestramento del personale. Il riaccendersi della tensione nel 2021 ha poi dato vita a un nuovo afflusso di armi verso l’Ucraina, che a ottobre ha ricevuto materiale militare per un valore di 60 milioni di dollari, prima tranche di un pacchetto di aiuti da 125 milioni approvato ad aprile.

Washington però non è l’unico attore interessato alla difesa dell’Ucraina. Anche Polonia, Repubblica ceca e i paesi baltici hanno fornito al governo di Kiev il materiale bellico necessario per un ipotetico scontro con la Russia, mentre la Germania si è limitata ad approvare l’invio di materiale protettivo per i soldati.

L’Ucraina ha così ricevuto munizioni, mortai, sistemi missilistici antiaereo a corto raggio trasportabile a spalla e i missili anti carro Javelin di produzione americana. Kiev inoltre può fare affidamento sui droni Bayraktar Tb2 della Turchia, la cui produzione dovrebbe presto spostarsi all’interno dello stesso territorio ucraino, e già impiegati per colpire i miliziani filo-russi del Donbass.

La militarizzazione dell’Ucraina e del fianco orientale della Nato si è dunque trasformata in una fonte di guadagno per l’industria bellica, soprattutto per quella americana, maggiormente coinvolta nelle operazioni di procurement e legata a doppio filo all’ambiente politico. Basti pensare che l’acquisto da parte della Finlandia di 64 caccia F-35A ha fruttato alla statunitense Lockheed Martin 8,4 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti 10 miliardi per le relative infrastrutture e altri 10 le operazioni di mantenimento e ammodernamento.

Il mercato nero

Il massiccio afflusso di materiale bellico in Ucraina rischia però di trasformarsi in un ulteriore fattore di destabilizzazione per la regione. Nel paese è attivo un fiorente mercato nero di armi, di produzione sovietica e non, le cui direttrici puntano anche verso l’Europa. Come riportato in un documento interno dell’Ue redatto dall’agenzia Empact, negli ultimi tempi si è assistito a un aumento del contrabbando di armi dall’Ucraina verso la Polonia, un dato ancora più preoccupante se si considera che nel paese sono presenti 4 milioni di armi illegali, secondo quanto rivelato dall’istituto di ricerca Small arms survey.

La necessità degli Usa e degli alleati europei di rafforzare le capacità militari dell’Ucraina di fronte all’aggressività russa si rivela così un’arma a doppio taglio. Per l’Occidente, Kiev non può essere lasciata sola nel confronto con uno degli eserciti più forti del mondo, ma l’invio di armi e munizioni senza adeguati standard di controllo rischia di rendere ancora più insicuro il fronte orientale.

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