Il nome è proprio lungo. Meglio prenderlo dalla carta d’identità, ci dice. Sarebbe difficile fare lo spelling. Konrad Wojciech Wislicz-Wegorowski, fotografo di professione, volontario a tempo pieno da qualche giorno. Lo incontriamo davanti all’entrata della stazione centrale di Varsavia, Warszawa Centralna, mentre distribuisce pasti caldi sotto una tenda bianca col tetto rosso a chi è fuggito dalla guerra e, ancora spaesato, cerca sollievo e un volto amico.

Comincia a raccontare e mentre parla qualcuno lo interrompe per chiedergli dove lasciare alcuni indumenti per chi viene dall’Ucraina. Konrad gli indica una decina di scatole aggiustate alla meglio a terra, proprio davanti a lui, da dove una signora ha appena tirato fuori una maglietta e la fa vedere al bambino accanto a lei. «Qualcuno che ne ha bisogno li prenderà», dice Konrad.

«Non faccio parte di nessuna organizzazione umanitaria» continua. «Questo che vedi qui è frutto dell’organizzazione spontanea di volontari, di gente che ha cominciato a dare una mano sui binari della stazione».

Quello che vediamo è un andirivieni di persone in gilet giallo che corrono verso e fuori la stazione, che si rendono utili. «Il governo ha fornito questa grande tenda e le cucine», ce la indica, «ma i generi alimentari, l’acqua sono donati dai ristoranti e dalle aziende di Varsavia, dalla gente comune. Dall’Ucraina arrivano in migliaia, è difficile fare anche solo una stima di quanti ne arrivano. Forse tra i 25-30mila al giorno.

Alcuni si sistemano su al primo piano della stazione per passare la notte. Qui all’esterno distribuiamo da mangiare, all’interno cerchiamo di fornire assistenza per trovare un alloggio. Alcune aziende ci aiutano con il trasporto verso Nadarzyn, a circa venti chilometri da Varsavia, dove il governo ha allestito un centro rifugiati, con tende temporanee e posti letto. Alcuni volontari parlano ucraino e aiutano a orientarsi nella stazione».

Chiediamo se c’è qualche tipo di emergenza igienico-sanitaria. «C’è stata, ma ora non più. C’è stata perché i bagni all’interno della stazione sono a pagamento e molti rifugiati non hanno soldi, spesso i volontari hanno pagato per loro. Da qualche giorno sono stati resi gratuiti per i rifugiati. Ma non lo sono stati per almeno una settimana e mezzo».

Volontari di strada

Nella hall i negozi e i caffè fanno da cornice a un hub in movimento. Assiepati in vari angoli vediamo chi porta i segni di un viaggio lungo e fatto a singhiozzi, tra un check-point e una fermata improvvisa per ripararsi dai colpi di mortaio annunciati dalle sirene. A rendere cangiante la massa di questi volti che nella loro diversità si assomigliano però tutti, sono gruppetti di volontari che si affannano a dare indicazioni, distribuire coperte, dare da bere o da mangiare.

Tra questi c’è Michał Wilczewski, che ci viene indicato come uno dei coordinatori. È un noto influencer di Varsavia. Ha creato una sorta di rete di volontari su Instagram per raccogliere aiuti di prima necessità per chi, sceso dal treno proveniente dall’Ucraina, passa dalla stazione forse senza sapere ancora cosa farà dopo. «No, non faccio parte di nessuna associazione, sono un volontario di strada», si definisce.

«Ci siamo ritrovati qua, nella hall della stazione, circa dieci giorni fa. Siamo un gruppo di amici e volevamo dare il nostro aiuto. Così abbiamo messo su una sorta di organizzazione che si chiama Grupa Centrum (@grupacentrum.waw). Siamo volontari, siamo un gruppo di amici o semplicemente abbiamo lavorato insieme in passato. Nella vita faccio l’influencer su Instagram (@wujaszekliestyle). Ho deciso di usare il mio account per dare una mano. Ho molti follower e se lo chiedo la gente porta qui non so, acqua o sandwich nel giro di mezz’ora. Raccogliamo buona parte delle cose da mangiare e dei medicinali su Instagram o dalla gente che spontaneamente ce le viene a portare».

Il dovere di aiutare

Chiediamo dove ha sede l’associazione Grupa Centrum. «Da nessuna parte», ci dice. «È fatta da gente comune, da tutti quelli che vogliono dare una mano, da influencer, dalla gente del web, ha sede sul web possiamo dire, ed è non profit. Chiamiamo i ristoranti, i catering, che ogni due tre ore portano qui da mangiare, ma non basta. Abbiamo bisogno di aiuto»

Il brusio di voci che si accavallano e di accenti diversi è forte. E mentre parla con noi, Michał deve dar retta ai volontari che di volta in volta si fermano per chiedergli o comunicargli qualcosa.

Cerchiamo di capire perché ha deciso di creare questa rete di voci che corrono sui social e poi si ritrovano tutte nella hall della stazione trasformata in un grande hub, in un network umanitario dopo aver raccolto strada facendo anche chi su internet non ci sta.

«Perché lavoro su Instagram e in genere mi occupo di cose divertenti, ma in questa situazione mi sono detto che dovevo aiutare, dovevo fare qualcosa. Abbiamo parlato con l’ente che gestisce la stazione e ci ha autorizzato. La gente comune viene qui, riempie un modulo, si registra come volontario, diamo loro un gilet. Poi ci sono gli scout, anche loro sono qui per dare il loro contributo. Direi che siamo circa 300-400 volontari. Ma non puoi mai saperlo di certo, perché a volte lo fanno per un’ora oppure per due giorni, dipende dalle loro disponibilità. È gente che studia, che lavora. Sono di Varsavia, ma abbiamo anche chi arriva dall’Italia, dalla Germania, dalla Svezia e via dicendo. Alcuni hanno lasciato il lavoro per venire qui ad aiutare.».

«Abbiamo chiesto sostegno al governo e alle autorità locali», continua Michał. «Hanno detto che ce lo forniranno, ma come puoi vedere ci sono solo volontari. Ci hanno mandato una squadra di vigili del fuoco due giorni fa, ma se la gente comune smette di dare aiuto, qui collassa tutto».

Karol Kierzkowski, è il portavoce del comando nazionale dei vigili del fuoco. «Ci sono circa 50-60 vigili del fuoco presso la stazione centrale di Varsavia», ci conferma. «Aiutano con il coordinamento e il trasporto dei profughi presso i centri di accoglienza tra cui Torwar e Ptak Expo di Varsavia».

Le foto di questo articolo sono state scattare da Rita Plantera

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