Il 1° marzo scorso, il parlamento europeo ha invitato le istituzioni dell’Unione «ad adoperarsi per concedere all’Ucraina lo status di paese candidato all’adesione all’Ue».

La risoluzione del parlamento, dedicata all’aggressione da parte della Russia, rappresenta una presa di posizione sul piano politico dall’alto valore simbolico, ma non significa che l’entrata del paese nell’Unione sia imminente.

Il percorso per l’ingresso in Ue richiede l’accertamento di requisiti ai quali l’Ucraina non pare del tutto conforme.

La procedura per entrare in Ue

Per entrare nell’Unione, oltre a essere uno stato europeo, si devono rispettare i valori indicati nel Trattato sull’Ue (articolo 2), e in particolare dignità umana, libertà, democrazia, stato di diritto, solidarietà, parità tra donne e uomini.

Dall’altro lato, devono essere soddisfatti i criteri di ammissibilità all’Ue (criteri di Copenaghen): istituzioni stabili che garantiscano democrazia, stato di diritto, diritti dell’uomo, rispetto delle minoranze, un’economia di mercato affidabile e idoneità a far fronte alla pressione concorrenziale nell’Unione, capacità di attuare gli obblighi derivanti dall’adesione, compresi gli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria.

Inoltre il paese deve essere in grado di applicare il diritto comunitario e garantire che esso sia recepito nella legislazione nazionale e implementato in modo efficace attraverso adeguate strutture amministrative e giudiziarie.

Se un paese ritiene di soddisfare questi criteri, presenta una richiesta al Consiglio dell’Ue, che informa parlamento, Commissione e parlamenti nazionali. Lo status di paese candidato viene concesso dal Consiglio dell’Ue con decisione unanime, previo parere della Commissione e con avallo del Consiglio europeo.

A questo punto iniziano i negoziati tra i governi dei paesi dell’Ue e quello del paese candidato. I negoziati sono suddivisi in 35 aree politiche (“capitoli tematici”), e per ciascuno di essi il paese deve conformarsi al corpo di diritti e obblighi dell’Unione (il cosiddetto acquis).

La Commissione segue il percorso dell’attuazione dei vari capitoli e ne informa Consiglio e parlamento, mentre il paese candidato stila programmi annuali sul proprio stato di adeguamento.

Conclusi i negoziati, con la chiusura definitiva di tutti i capitoli, l’adesione è approvata dal Consiglio dell’Ue e dal parlamento europeo. Il trattato viene quindi firmato, e poi ratificato, da ogni stato membro dell’Unione e dal paese entrante.

La procedura richiede anni – per la complessità delle verifiche relative all’adeguamento normativo, come visto – e non prevede deroghe o motivi d’urgenza. Nemmeno il parlamento europeo, esprimendosi a favore dell’Ucraina, ha parlato di eccezioni all’iter ordinario. Forse anche perché circa un anno fa lo stesso parlamento aveva rilevato criticità nel percorso di avvicinamento dell’Ucraina all’Ue.

L’avvicinamento dell’Ucraina all’Ue

Tra Unione europea e Ucraina è stato firmato un accordo di associazione che comprende una zona di libero scambio, entrato in vigore nel 2017. L’accordo, oltre a fissare regole di cooperazione in settori quali energia, trasporti e istruzione, prevede l’obbligo per l’Ucraina di attuare un programma di riforme in ambito politico, sociale ed economico, alla cui realizzazione è subordinata l’erogazione di fondi.

Tale programma di riforme è supportato dall’Unione nell’ambito della cosiddetta politica europea di vicinato, con la quale «l’Ue offre ai paesi limitrofi una relazione privilegiata fondata sul reciproco impegno all'adesione a valori comuni (democrazia e diritti umani, stato di diritto, buon governo, principi di economia di mercato e sviluppo sostenibile). Dal 2014, l’Ue e le istituzioni finanziarie hanno mobilitato oltre 17 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti a sostegno delle riforme in Ucraina, erogati secondo il principio di condizionalità, ovvero in base ai progressi effettuati».

L’accordo di associazione è uno strumento di avvicinamento all’Ue. Ma per l’entrata dell’Ucraina nell’Unione vi sono diversi nodi da sciogliere.

I nodi da sciogliere

Il monitoraggio dell’attuazione delle riforme previste dall’accordo di associazione mostra criticità, come attesta la risoluzione del parlamento europeo del febbraio 2021. «Sebbene l’Ucraina abbia compiuto progressi sostanziali, molte delle riforme avviate devono essere completate, in particolare nei settori dello stato di diritto, della buona governance e della lotta alla corruzione», afferma il parlamento.

In particolare, «la corruzione diffusa continua a ostacolare il processo di riforma dell’Ucraina». Inoltre, «gli oligarchi hanno ancora un forte impatto sull’economia e sulla politica ucraine, in particolare per quanto riguarda la proprietà dei media e l’influenza sul sistema giudiziario e sul sistema di applicazione della legge».

Nella risoluzione si chiede la «deoligarchizzazione», osservando come «l’istituzione di norme chiare e uguali per tutti nell’economia e nella politica possa rivelarsi un metodo efficace per ridurre di fatto l’influenza ufficiosa di un piccolo gruppo di ricchi imprenditori sul funzionamento dello stato, compresa l’attività legislativa».

Il parlamento «osserva con preoccupazione che la capacità dei sindacati di esercitare i loro diritti in Ucraina è limitata a causa di una legislazione imperfetta e vaga». Ancora, «in Ucraina le persone Lgbt e le attiviste femministe continuano a essere vittime di incitamento all’odio e attacchi violenti» e «i rom sono vittime di un linguaggio discriminatorio e di discorsi di incitamento all’odio da parte delle autorità statali e locali e dei media».

Ma «le autorità di contrasto si sono rifiutate in numerose occasioni di avviare indagini in relazione a denunce a causa dell’assenza, nel codice penale, di norme che dispongano il perseguimento dei reati di incitamento all’odio o di violenza fondata sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere».

Per queste e altre ragioni l’ingresso dell’Ucraina nell’Ue dovrà essere il risultato di un processo di riforme, che ci si augura possano riprendere alla fine del conflitto in atto, con l’esito più favorevole per il paese.

Affinché ciò accada, l’Unione europea oggi supporta l’Ucraina con aiuti in termini finanziari e di armi, di  accoglienza umanitaria ai suoi cittadini, di sanzioni alla Russia. L’entrata in Ude non può essere un atto di adesione emozionale, per non snaturare il senso e la funzione dell’Unione stessa.

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