Nonostante i risultati finali non siano ancora stati annunciati, le elezioni in Uganda hanno già gettato il paese nel caos. La pop star e leader dell’opposizione, Bobi Wine, ha detto che la sua casa è stata presa d’assalto dai militari filo governativi del suo avversario Yoweri Museveni, presidente dal 1986. In alcuni tweet, il cantante ha detto che i membri dell’esercito non vogliono parlare con lui e il suo staff e ha definito le loro azioni un assedio.

L’intervento dei militari arriva dopo che Wine si era dichiarato vincitore delle consultazioni, nonostante i risultati della commissione elettorale, con il 29 per cento dei seggi scrutinati, dessero Museveni in vantaggio con il 63 per cento di voti favorevoli a fronte del 28 per cento del cantante. Wine ha definito questi risultati «una farsa» e ha detto di essere il «presidente eletto» del paese. 

Le violenze prime delle elezioni

Il raid nella casa di Wine è sola l’ultima di una lunga serie di intimidazioni nei confronti del candidato che è stato arrestato diverse volte nel corso della campagna elettorale con l’accusa di avere di avere infranto le normativi anti Covid. I continui arresti hanno provocato diversi scontri tra i manifestanti e le forze dell’ordine che hanno causato la morte di 54 persone e il ferimento di altre 600. Wine ha sempre negato le accuse e ha invece definito Museveni «un dittatore da cui il nostro paese deve liberarsi». Sul finire della campagna elettorale anche Facebook ha preso delle misure contro il governo ugandese censurando alcuni suoi membri accusati di avere diffuso fake news sul social. La risposta dell’esecutivo giudato da Museveni è stata drastica e ha comportato la chiusura di tutti social nel paese. Si tratta dell’ennesima decisione controversa di Facebook dopo quella di oscurare il profilo del presidente in carica degli Stati Uniti, Donald Trump.

© Riproduzione riservata