Non soltanto il terzo mandato, che lo proietta verso un comando senza limiti. Ieri il comitato centrale del partito comunista ha regalato a Xi Jinping una squadra di fedelissimi che, nei prossimi cinque anni, gli permetterà di accelerare quelle riforme dell’economia, del partito e dell’esercito che stanno spingendo la Cina in rotta di collisione con gli Stati Uniti.

A mezzogiorno Xi e compagni hanno sfilato su un lungo tappeto rosso, svelando il ricambio approvato in mattinata dal I plenum del XX comitato centrale. E la “nuova èra”, proclamata cinque anni fa, è entrata nel vivo: la dirigenza sine die di Xi e la composizione del comitato permanente dell’ufficio politico (i sette leader che governano 1,4 miliardi di persone) prefigurano infatti un paese che scommette sull’innovazione autoctona guidata dallo stato, più autoritario, e più assertivo nelle relazioni internazionali.

Li Keqiang è stato sostituito da Li Qiang, che sarà nominato premier dall’Assemblea nazionale del popolo (Anp) nel marzo prossimo e al quale spetterà dunque la gestione degli affari economici. Laureato all’Università dello Zhejiang, Mba al Politecnico di Hong Kong, Li Qiang è un esperto di new economy. Il sessantatreenne segretario di partito di Shanghai diventa il numero due della nomenklatura del Pcc nonostante la caotica gestione dell’epidemia di Covid-19, culminata negli oltre due mesi di lockdown inflitti la primavera scorsa alla metropoli più popolosa del paese. Li è un protégé di Xi: promosso governatore dello Zhejiang nel 2013 (subito dopo l’elezione del nuovo segretario generale), nel 2016 diventa segretario di partito della ricca provincia del Jiangsu. L’anno successivo (dopo il XIX congresso nazionale), l’ultimo avanzamento, nell’ufficio politico e alla guida di Shanghai.

Riconfermato il sessantacinquenne Zhao Leji. L’uomo che negli ultimi cinque anni ha guidato l’incessante campagna anticorruzione lanciata da Xi dieci anni fa balza dal sesto al terzo posto: gli verrà assegnato l’incarico di presidente dell’Anp, sarà il funzionario del partito che controlla le attività del parlamento.

Nessuna donna tra i 24 leader

Scala una posizione, dalla quinta alla quarta, l’altro leader già presente nel vecchio team, il professor Wang Huning. Il sessantasettenne accademico dell’Università Fudan prestato alla politica è l’ideologo delle ultime tre generazioni di leader cinesi, il fautore del neo-autoritarismo che prevede il crollo degli Stati Uniti, a causa della «debolezza della democrazia liberale». Andrà a dirigere la Conferenza politica consultiva del popolo cinese, l’organismo che si occupa di raccogliere risorse e mobilitare forze esterne al partito.

Da Pechino arriva Cai Qi (66 anni), il nuovo numero cinque che ha svolto il suo ultimo incarico come segretario di partito della capitale. Sarà il nuovo capo della segreteria del Pcc, un ruolo fondamentale, che sovrintende alla gestione quotidiana del partito.

Al numero sei il sessantenne Ding Xuexiang, che nel 2007 ha lavorato come segretario di Xi quando quest’ultimo era segretario di partito a Shanghai. Subito dopo l’elezione di Xi Jinping a segretario generale, nel 2013 Ding viene promosso vice direttore dell’Ufficio generale e da allora ha accompagnato quasi sempre Xi nei suoi viaggi in Cina e all’estero. Ding viene dal settore della ricerca sui materiali, fondamentale per l’innovazione, e per la politica industriale del paese.

Il numero sette è Li Xi (66 anni). Una lunga carriera amministrativa alle spalle (l’ultimo incarico da segretario di partito della provincia del Guangdong), Li ha scritto recentemente un articolo sul “Quotidiano del popolo” promettendo fedeltà assoluta a Xi e attribuendo i risultati ottenuti dal Guangdong «alla cura e all’amore del segretario generale». Anche Li potrà aiutare Xi a perseguire la “innovazione autoctona”, essendo stato responsabile dello sviluppo tecno-industriale, della riforma economica e dell’integrazione regionale dell’Area della Grande baia, che comprende nove metropoli del Guangdong, più Hong Kong e Macao. Ma il suo compito principale sarà continuare la campagna contro il malaffare, come nuovo capo della Commissione centrale di vigilanza.

Nella nuova leadership ristretta non c’è nemmeno una donna e così – dopo il pensionamento di Sun Chunlan – nell’intero ufficio politico, ridotto da 25 a 24 membri.

E tra i sette top leader non ne figura nessuno riconducibile alle “fazioni” alle quali Xi ha dato battaglia, tanto meno a quella Lega della gioventù (a cui apparteneva l’ex presidente Hu Jintao) che sperava nella sostituzione di Li Keqiang con Hu Chunhua, che invece è uscito dall’ufficio politico.

Hu Jintao umiliato?

Il XX congresso si era chiuso ufficialmente l’altro ieri, con l’elezione del XX comitato centrale. E con il coup de théâtre che ha visto protagonista il predecessore di Xi. Hu Jintao, seduto accanto a Xi, è stato sollevato e “accompagnato” fuori dall’emiciclo da due commessi, subito dopo che i giornalisti erano stati ammessi nell’aula. Visibilmente fragile e smunto già all’apertura del congresso, Hu è apparso disorientato, ma per qualche istante sembrava volesse opporre resistenza. Dopo aver scambiato una indecifrabile battuta con Xi e dato una pacca sulla spalla a Li Keqiang, è stato portato via. Hu è stato umiliato davanti al partito e al paese per far capire che c’è un solo “imperatore”, come ipotizzano i detrattori di Xi? Oppure si è verificato un imprevisto legato alle condizioni di salute di Hu, che ne ha provocato l’allontanamento?

Con la pubblicazione dei dati sul terzo trimestre congelata per non turbare con brutte notizie l’assise quinquennale, il ricambio di leadership ha prodotto anche il pensionamento di Liu He, che è stato il principale consigliere economico di Xi e capo negoziatore commerciale con gli Stati Uniti e l’Ue. Il suo posto dovrebbe essere preso da He Lifeng, new entry nell’ufficio politico. Ma i riformisti hanno perso tre pezzi da novanta: Li Keqiang, Liu He e Wang Yang e ora il pendolo stato-mercato oscilla decisamente a sinistra, mentre senza Li e Liu a Pechino mancheranno due figure rispettate e stimate dai circoli economici e finanziari internazionali.

Anche il ministro degli esteri Wang Yi è stato promosso nel politburo, dove rimpiazzerà Yang Jiechi come principale consigliere di politica estera di Xi, mentre con le modifiche apportate allo statuto del Pcc si è dato maggior rilievo all’obiettivo della “riunificazione” di Taiwan.

Anche nell’esercito a prevalere è stato il criterio di fedeltà assoluta alla leadership, con il generale Zhang Youxia che – pur avendo superato i 68 anni quando i top leader dovrebbero essere pensionati – è rimasto nell’ufficio politico e assumerà l’incarico di primo vice presidente della Commissione militare centrale, l’organismo che comanda l’esercito, guidato da Xi. Zhang è considerato un amico fraterno di Xi, il cui padre, nel 1947, è stato commissario politico del corpo d’armata comandato dal padre del neo promosso generale.

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