L’ultima lunga notte di Kiev, bersagliata da settanta missili, 145 droni russi. Dodici morti, oltre settanta feriti e quaranta incendi estinti dai soccorritori che continueranno per giorni a scavare tra le macerie della capitale ucraina.

Per la pioggia di razzi Volodymyr Zelensky è costretto a rientrare dal Sudafrica dopo l’incontro con il presidente Cyril Ramaphosa. Prima di lasciare Città del Capo risponde alle critiche: ha accettato il cessate il fuoco proposto dagli Usa, ribadisce che sedersi, dopo tre anni di guerra, allo stesso tavolo dell’aggressore è già «un compromesso», chiede agli alleati più pressione su Mosca, che al momento la esercita su Washington con queste operazioni missilistiche.

La diplomazia dei social

«Vladimir, stop!». Se la pressione della Russia sull’Ucraina piove dal cielo, quella di Donald Trump sui due leader di guerra arriva via social, anche se le lettere cubitali dell’arsenale del repubblicano finora certo non hanno mai fermato Putin. Il presidente statunitense ha rimproverato, chiamando per nome, l’omologo russo per gli attacchi «non necessari, in un pessimo momento», esortandolo di nuovo: «Facciamo in modo che l’accordo si concluda!»

In serata, il presidente ha risposto anche a qualche ulteriore domanda della stampa, spiegando che Putin si sarebbe offerto di «fermare la guerra e la conquista dell'intera Ucraina». Certo, ha continuato il tycoon, l’Ucraina «potrebbe perdere dei territori».

Ma Mosca ha bombardato l’Ucraina solo poche ore dopo la nuova bordata del tycoon a Zelensky, «l’uomo senza carte da giocare», colpevole di essersi rifiutato di riconoscere la Crimea come parte della Federazione, come previsto dal piano di pace Usa: «Penso di aver raggiunto un accordo con la Russia», mentre con Zelensky «è stato più difficile», ha scritto Trump.

Lettere cubitali non le ha risparmiate neppure a Zelensky per «dichiarazioni provocatorie che rendono così difficile risolvere questa guerra»: intende quelle sulla Crimea. Dopo tre anni di combattimenti nell’est del Paese, è tornata al centro del dibattito la penisola che i russi hanno però annesso oltre un decennio fa, nel 2014.

Il Cremlino, ha detto il portavoce Peskov, concorda pienamente con la visione di Trump: la posizione Usa è «pienamente coerente» con la visione russa, la Crimea «non è nemmeno oggetto di discussione».

Lo spettro atomico

Un altro muro di accuse è arrivato da Mosca contro Zelensky che «affossa la pace», che «ha deriso gli accordi di Minsk e la tregua di Pasqua». Anzi, «per dire le cose come stanno, ha interrotto il ciclo di consultazioni di Londra», ha attaccato la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Poi minacce contro l’intero Occidente.

La Russia «si riserva il diritto di utilizzare armi nucleari in caso di aggressione», in caso di «azioni ostili che rappresentano una minaccia alla sovranità e integrità territoriale del paese».

Ad intimare il ricorso a una soluzione atomica è stato l’ex ministro della Difesa Serghei Shoigu, oggi segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione, che sta «monitorando attentamente i preparativi militari dei paesi europei». Secondo l’ultimo aggiornamento apportato nel novembre 2024 alla dottrina statale nucleare, Mosca può usare «misure simmetriche e asimmetriche», quindi fare ricorso anche ad armi non convenzionali.

Vaso di Pandora

I caschi blu nei territori russi che faciliterebbero un potenziale confronto diretto tra le truppe Nato e quelle del Cremlino rischiano di aprire il vaso di pandora della Terza guerra mondiale: Shoigu parla per farsi ascoltare dalla coalizione dei volenterosi, i cui leader si riuniranno ai funerali di papa Francesco a Roma tra qualche ora.

Trump potrebbe confrontarsi proprio in quell’occasione con Ursula von der Leyen, mentre potrebbe incontrare Putin dopo – o poco dopo – il viaggio negli Emirati e Arabia Saudita previsto a metà maggio. Serghei Naryshkin, alla testa dell’Svr (servizi segreti esteri) potrebbe incontrare prima il capo della Cia John Ratcliffe con cui ha avuto un colloquio telefonico.

Ma l’Europa non intende stare a guardare. «La Russia è il vero ostacolo alla pace», ribadisce Kaja Kallas, Alta rappresentante Ue, mentre Guillaume Mercier, portavoce della Commissione Ue, usa termini ancora più duri: «la Russia parla la lingua del terrore».

Oltre al presidente francese Emmanuel Macron, anche da Londra e Madrid condannano il «bagno di sangue» provocato dai missili russi. Non è questa la versione del Cremlino, che sostiene di aver mirato a «imprese coinvolte nei settori dell’aviazione, dell’ingegneria meccanica e dei veicoli blindati, per la produzione per missili e polvere da sparo».

L’attacco combinato è stato lanciato contro le regioni di Kharkiv, Poltava, Zhytomyr, Dnipropetrovsk, Sumy, Zaporizhzhia. Si muore anche dall’altro lato per raid ucraini nei villaggi di Kryukovo e Malomikhaylovka: due civili sono morti e sei sono rimasti feriti, ha riferito l’amministrazione della regione di Belgorod.

Spada di Damocle

Un’altra, insistente spada di Damocle è sempre più pesante sul capo di Zelensky in patria. L’opposizione gli chiede una sessione parlamentare speciale per spiegare alla Rada (Parlamento) che succede: come procedono i colloqui di pace, se verrà finalizzato l’accordo sui minerali rari che va ratificato dopo la firma. «Gli ucraini dovrebbero informarsi sui progressi del processo negoziale non dai media internazionali, da Rubio, Witkoff e Kellogg, ma dalle autorità ucraine», ha detto Irina Gerashchenko, deputata del partito Solidarietà Europea.

Opposizione a casa Zelensky, ma pure a casa Trump: Don Bacon è stato il primo (e unico) congressman repubblicano a criticare il piano di pace del presidente che vuole annullare le sanzioni anti-russe e «premia» la Russia per la sua «invasione barbarica».

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