Nell’orazione pronunciata mercoledì sera in Campidoglio Joe Biden ha riservato alla Cina due minuti e mezzo su 71: tanti, considerando che il discorso sullo stato dell’unione è dedicato soprattutto a questioni interne, e che alla Russia (tradizionale avversario dei democratici) il presidente degli Stati Uniti ha dedicato un passaggio più breve.

Un’attenzione particolare quella per Pechino coerente con la strategia di sicurezza nazionale della Casa bianca, che ha definito la Repubblica popolare cinese «la sfida geopolitica più significativa dell’America».

Biden non le ha mandate a dire, a partire dal riferimento al pallone aerostatico cinese che sabato ha fatto abbattere da un caccia F-22: «Come abbiamo chiarito la scorsa settimana, se la Cina minaccia la nostra sovranità, agiremo per proteggere il nostro paese. Come abbiamo fatto».

Soprattutto, il presidente ha ribadito che la competizione tra Washington e Pechino rientra in quella tra le “democrazie”, che grazie alla sua azione si sarebbero rafforzate, e le “autocrazie” che, al contrario, risulterebbero indebolite.

«Fatemi il nome di un leader mondiale che scambierebbe il suo posto con Xi Jinping!», ha gridato Biden a sottolineare difficoltà vere e presunte del leader cinese. Un insulto secondo l’etichetta della leadership di Pechino, non incluso nella trascrizione ufficiale del discorso.

«Chi ha puntato contro l’America sta capendo che ha sbagliato. Le scommesse contro l’America non si sono mai rivelate vincenti» ha aggiunto tra gli applausi, culminati nell’ovazione «Usa, Usa!».

Il “modello” cinese

Biden è stato preceduto da Xi Jinping, che martedì ha rivendicato – in termini mai così espliciti – la “superiorità” del sistema cinese. In una sessione di studio il segretario generale ha spiegato a un gruppo di quadri del partito comunista che «la modernizzazione cinese ci ha richiesto una maggiore efficienza rispetto al capitalismo, ma anche di mantenere l’equità sociale, per bilanciare, integrare e unire meglio efficienza ed equità».

Secondo Xi, la Cina «ha messo in campo un nuovo modello di modernizzazione, che non coincide con l’occidentalizzazione, e che ha creato una nuova forma di civiltà umana». «In alcuni decenni abbiamo completato un processo di industrializzazione per il quale ai paesi avanzati dell’Occidente sono stati necessari secoli», ha concluso Xi.

E se Biden ha elogiato l’alleanza tra le democrazie liberali, Xi ha indicato come modello per il sud del mondo la ricetta cinese, che «presenta un altro modello di modernizzazione, amplia le possibilità di scelta per i paesi in via di sviluppo, e fornisce la soluzione della Cina agli esseri umani per sperimentare un sistema sociale migliore».

L’allarme di Washington

Sembra tratta da un film sulla Guerra fredda anche la vicenda del pallone aerostatico cinese abbattuto da un F-22 dopo che per giorni aveva sorvolato gli Stati Uniti. Quello che per il Pentagono era “sicuramente” un pallone-spia, secondo John Kirby, faceva parte di «un programma su cui i cinesi stanno lavorando da anni».

In seguito alla distruzione del velivolo Pechino ha rifiutato una telefonata del ministero della difesa di Washington, denunciando una “guerra di propaganda” Usa. I collegamenti tra i due eserciti sembrerebbero al momento sospesi.

Gli Usa, secondo lo stesso Kirby, non sono l’unico paese oggetto di questo spionaggio cinese. Su questo punto ieri si sono espressi all’unisono il Consiglio per la sicurezza nazionale, il dipartimento di stato, della difesa, e la Nato, che per bocca del segretario generale, Jens Stoltenberg, ha lanciato l’allarme: «Dobbiamo essere consapevoli del rischio costante rappresentato dall’intelligence cinese e intensificare le nostre misure di protezione».

Il segretario di stato, Antony Blinken, ha rivelato che Washington ha passato a decine di paesi le informazioni sul pallone aerostatico cinese, dopo averne recuperato i resti nell’Atlantico.

Ieri il Pentagono ha sostenuto che «palloni cinesi hanno operato in almeno cinque continenti, in regioni come l’America Latina, il Sud America, il Sud-est asiatico, l’Asia orientale e l’Europa».

Il portavoce del ministero della difesa, Pat Ryder, ha dichiarato: «Posso assicurarvi che non era per scopi civili. Siamo sicuri di questo al cento per cento». Tuttavia il Pentagono ha ancora reso pubbliche le prove, e Ryder si è limitato a rilevare che se si fosse trattato di un pallone civile, una “nazione responsabile” avrebbe avvertito gli Stati Uniti che si stava dirigendo verso il loro territorio.

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