Xi Jinping è atteso lunedì a Mosca per una visita di stato di tre giorni, durante la quale, al centro dei colloqui con Vladimir Putin, ci sarà anche la guerra in Ucraina. La conferma ufficiale dell’incontro è arriva ieri, dopo che per il quarantesimo faccia a faccia tra i presidenti della Repubblica popolare cinese e della federazione Russa era stata ipotizzata la data del 9 maggio.

Ma la leadership cinese ha fretta di mostrare il suo contributo per evitare, come ripetono a Pechino, che il conflitto vada «fuori controllo». E forse non è parso opportuno che Xi comparisse accanto a chi ha ordinato l’invasione (che pure non ha mai condannato) dell’Ucraina durante le celebrazioni per il 78esimo anniversario della vittoria sulla Germania nazista.

Il Cremlino ha sottolineato che saranno discussi ulteriori sviluppi della partnership “senza limiti” sottoscritta da Xi e Putin a Pechino tre settimane prima dell’aggressione russa: dunque avanti con la quasi-alleanza tra due regimi che si sentono entrambi minacciati dagli Stati Uniti: dalla Nato alle porte di casa come dall’indipendenza di Taiwan.

Pacifismo filorusso

Ma il ministero degli Esteri, il 24 febbraio scorso, ha pubblicato la “Posizione della Cina sulla soluzione politica della crisi ucraina”, documento col quale Pechino ha rotto gli indugi.

Continuando a rivendicare la sua quasi-alleanza con Mosca, ma sostituendo la “neutralità filorussa” con un evidente attivismo diplomatico. Xi sbarcherà a Mosca (per la prima volta dall’inizio della guerra) dopo che i suoi inviati hanno ascoltato tutte le parti.

Alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco (17-19 febbraio) il capo della commissione affari esteri del partito comunista, Wang Yi, ha discusso con i leader europei e il ministro degli esteri ucraino, Dmytro Kuleba, prima di incontrare Putin. Ieri il consigliere della sicurezza nazionale, Jake Sullivan, ha confermato la volontà del presidente Usa, Joe Biden, di confrontarsi al telefono con Xi.

Il ministro degli Esteri Qin Gang l’altro ieri ha chiamato Kuleba, per fargli sapere che «la Cina è preoccupata per l’inasprirsi della crisi e per la possibilità che vada fuori controllo». Qin ha promesso al suo omologo ucraino che «la Cina continuerà a svolgere un ruolo costruttivo nel promuovere il cessate il fuoco, alleviare la crisi e ripristinare la pace».

Nello stesso giorno Kuleba ha sentito anche il segretario di stato Usa, Antony Blinken. Secondo il portavoce, Ned Price, «hanno discusso degli ultimi sviluppi sul campo di battaglia e del costante sostegno degli Stati Uniti all’Ucraina». Qin e Blinken hanno entrambi contattato Kuleba dopo l’indiscrezione secondo la quale Xi, che non lo ha mai contattato dall’inizio della guerra, sentirà presto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Favorire una ripresa del dialogo ed eventualmente un cessate il fuoco tra Mosca e Kiev sarà molto più complicato della stretta di mano promossa tra sauditi e iraniani a Pechino la settimana scorsa. In Cina sono molto prudenti. Secondo Feng Yujun, esperto di Russia dell’Università Fudan di Shanghai, «la risoluzione di questo problema non dipende dalla volontà e dalle capacità della Cina, ma dalla Russia e dall’Ucraina», ovvero da una potenza con interessi strategici diversi da quelli di Pechino, e dalla leadership di un paese aggredito che aspira a liberarlo.

Lo stesso Kuleba ha confermato con un post su Twitter che «stiamo lavorando con gli Stati Uniti e altri partner 24 ore su 24 per garantire che l’Ucraina abbia tutte le munizioni di cui abbiamo bisogno per le operazioni di difesa e controffensive». Dopo l’annuncio della Polonia, ieri anche la Slovacchia ha fatto sapere che darà all’Ucraina alcuni vecchi Mig.

«Fucili da caccia»

E mentre un’escalation militare è alle porte, si susseguono le indiscrezioni su armi cinesi all’esercito russo, un segnale preoccupante per Pechino, per le possibili ripercussioni soprattutto nelle relazioni con l’Europa, più aperta a una mediazione di Pechino.

Ieri è stata la volta di Politico, secondo cui dalla Cina sarebbero stati spediti un migliaio di fucili d’assalto in Russia, paese dove vengono fabbricati i migliori del mondo, gli AK, dei quali la compagnia Kalashnikov ha aumentato del 40 per cento la produzione grazie al conflitto.

Il giornale cita documenti doganali ottenuti dal portale statunitense Import Genius, secondo cui il carico di mitragliatori sarebbe partito nel giugno scorso, mascherato come “fucili da caccia”. Inoltre sarebbero stati inviati ai russi anche 12 carichi di parti di droni e 12 tonnellate di armature. La Cnn invece ha mostrato le immagini di un Mugin-5, un drone civile made in China armato dai russi, abbattuto in Ucraina.

Il portavoce del ministero degli esteri, Wang Wenbin, ha replicato che «la Cina ha sempre controllato l’esportazione di articoli a duplice uso in conformità con leggi e regolamenti» e che «la posizione e le pratiche della Cina sono coerenti sulla questione della vendita di armi, in netto contrasto con i doppi standard di alcuni paesi che infiammano la crisi ucraina».

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