Zelensky a mani vuote, ma il presidente non ha alternative agli Usa

L’incontro tra Volodymyr Zelensky e Donald Trump a Washington è durato circa due ore e mezza, proprio come la telefonata che il presidente americano ha avuto con Vladimir Putin il giorno prima. Da molto lontano, seduto al Cremlino, il presidente russo deve essere riuscito di nuovo a far cambiare idea al collega americano: quando Zelensky è arrivato a Washington per discutere dell’invio dei Tomahawk, ha trovato Trump «in uno stato d’animo del tutto diverso» dai giorni precedenti. Come sono andate davvero le cose alla Casa Bianca tra i due numeri uno lo riporta Axios, il media americano che sa infilarsi meglio degli altri, tramite fonti anonime ma credibili, nelle stanze dove non entra nessuno. Il presidente Usa all’omologo ucraino ha fatto «dichiarazioni forti» ed è anche diventato, a un certo punto, un po’ emotional, duro: la visita è «andata male» e poi tutto è finito con un «Vediamo che succede la settimana prossima». A proporre a Putin di incontrarsi presto a Budapest è stato lui, Trump, e lo zar ha concordato «immediatamente». L’ennesimapantomimadelduotragicoPutin-Trump Il vertice di Budapest I due presidenti si vedranno nella terra di un amico che hanno in comune: Viktor Orbán, il premier di Budapest che, da quando la notizia del potenziale vertice è stata diffusa, continua a propagandarsi come ultimo bastione di riconciliazione in Europa. Ieri ha dichiarato il portavoce del governo Zoltan Kovacs: «Siamo gli unici rimasti in Europa a percorrere ancora la via della pace». La squadra Orbán ha già promesso a Putin «colloqui di successo» per uscire dal cul-de-sac in cui sono finiti i colloqui iniziati (e morti) in Alaska ad agosto scorso. Al Cremlino tentano di dare spiegazioni, ma ne hanno ancora poche: «Per ora, c’è la volontà dei presidenti» di organizzare il vertice, ma nulla è ancora certo se non verrà trovato un accordo tra il ministro degli Esteri Sergei Lavrov e il segretario di stato Usa Marco Rubio, fa sapere il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov. La rotta di volo di Putin, colpito da sanzioni Ue e ricercato dalla Corte penale internazionale, è «naturalmente ancora poco chiara»: i cieli della Romania rimangono un’opzione alternativa allo spazio aereo di Polonia e Slovacchia. La Commissione Ue ieri ha chiarito che possono essere concesse deroghe per un corridoio aereo, ma spetta ai governi nazionali autorizzare «queste eccezioni». TrumpgelaZelenskysuimissiliTomahawk.«Sonotroppopericolosi» Kiev a mani vuote Zelensky è andato fino a Washington per incassare un rigetto: alla sua richiesta di missili a lungo raggio per colpire il cuore del territorio della Federazione non ha ottenuto un sì, ma nemmeno un no, come ha dichiarato ai microfoni delle emittenti Usa. Di certo una cosa dice di averla capita: quei missili li teme Putin. Non nasconde che il «passo più importante» da compiere adesso è il raggiungimento del cessate il fuoco: «Quindi dobbiamo sederci, parlare e capire dove siamo». La stampa ucraina descrive il suo presidente come attento a non mostrarsi scontento o poco diplomatico, tuttavia riferisce che la delegazione di Kiev torna a casa «più o meno a mani vuote, poiché Trump è sembrato ritrattare ogni accenno di voler esercitare maggiori pressioni su Mosca». Il nodo gordiano dei negoziati, secondo il leader di Kiev, riguarderà la questione territoriale: i russi vogliono «occupare tutto». Ma con un colpo di spugna e uno di tweet, il presidente Usa sembra aver risolto già la questione: ha scritto sui social, mentre volava a Mar-a-Lago, che la guerra va fermata ora, «immediatamente, sull’attuale linea del fronte», «ovunque si trovi, altrimenti diventerà troppo complicato». E poi ha esclamato: «Lasciamo che sia la storia a decidere!» VerticediBudapest: ilregalodiTrumpePutinall’amicoOrbán invistadelleelezioni Il tunnel ferroviario Finché la storia non deciderà, i leader di Germania, Francia, Regno Unito, insieme al segretario generale Nato, Mark Rutte, ribadiscono il loro sostegno all’Ucraina. Ora attendono Zelensky al vertice che si terrà il 23 ottobre prossimo a Bruxelles. Il britannico Keir Starmer, secondo indiscrezioni riportate dalla stampa americana, avrebbe anche proposto di modellare un piano di pace per il conflitto ucraino su quello di venti punti usato per fermare i bombardamenti che hanno distrutto Gaza. Un cessate il fuoco sul terreno intanto si è già ottenuto: a Zaporizhzhia. Lo comunica l’Aiea entrata in azione nella centrale nucleare più grande d’Europa, per ripristinare l’alimentazione perduta il 23 settembre scorso: si tratta della decima, ma più lunga, interruzione della struttura atomica dall’inizio del conflitto. Mentre al fronte l’esercito russo continua a combattere e avanzare, c’è chi a Mosca pensa già al “ponte della pace”: l’inviato del Cremlino Kirill Dmitriev (già capo del Fondo sovrano russo) vuole costruire tra la Federazione e l’Alaska il tunnel ferroviario Trump-Putin sotto lo stretto di Bering. Centododici chilometri di amicizia in ferro battuto. E Dmitriev ha già fatto i conti: per costruirlo ci vorranno otto anni, lo stesso numero di miliardi e quel plutocrate della tecnologia avanzata a cui spesso lancia appelli seduttivi sui social: Elon Musk. Il progetto è «interessante» per Trump, che ha riso quando, a riguardo, Zelensky ha commentato: «Non sono contento di questa idea».