Ancora una volta la discussione sul rinnovo del contratto dei metalmeccanici, che riguarda un milione e 400mila lavoratori, si è trasformata in uno scontro. L’incontro dello lo scorso 7 ottobre tra sindacati, Federmeccanica e Assistal (Associazione nazionale costruttori di impianti, servizi di efficienza energetica), il primo con la questione salariale all’ordine del giorno, non è finito bene.

E i lavoratori del settore hanno proclamato uno sciopero di sei ore in tutti gli stabilimenti: due immediate e, altre quattro il 5 novembre. Una data simbolica, quella di novembre, perché sarà trascorso un anno esatto dall’avvio della trattativa per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro collettivo, scaduto a dicembre 2019.

Dopo 11 mesi e 13 incontri, il confronto si è interrotto sul punto centrale dell’aumento salariale. Federmeccanica si è mostrata disponibile solo ad aumenti sui minimi contrattuali strettamente legati all’inflazione, seguendo in sostanza la linea di Confindustria. Secondo i sindacati si tratta, a regime, di un aumento di meno di 40 euro al quinto livello nei prossimi tre anni (la durata prevista del nuovo accordo dovrebbe essere 2020-22) a fronte dei circa 144 euro chiesti. In pratica si tratterebbe di appena il 2 per cento in più a fronte dell’8 per cento previsto dalla piattaforma unitaria di Fim, Fiom e Uilm.

«È stato certamente un anno complicato ma non può passare come un alibi per non dare a quasi un milione e mezzo di metalmeccanici un giusto contratto che serve per la ripartenza dell’industria ma, soprattutto, per la difesa del lavoro e per adeguare i salari al valore del lavoro», dice il leader Fim, Roberto Benaglia.

E anche per Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil, «la posizione di Federmeccanica sul blocco dei salari è molto precedente alla pandemia Covid-19, già all’inizio della trattativa era stata questa la loro posizione e ieri al tavolo l’hanno esplicitata in maniera definitiva.

Per noi è inaccettabile: i metalmeccanici hanno scioperato per mettere in sicurezza il paese e le aziende, hanno vissuto e stanno vivendo mesi di cassa integrazione e ora vivono il rischio dei licenziamenti. Hanno dunque il diritto di vedersi rinnovato il contratto nazionale». Nei mesi precedenti sono state discusse molte richieste della piattaforma unitaria, spiegano dalle segreterie nazionali Fim Fiom Uilm, «ma non hanno prodotto neppure un documento scritto sui temi discussi sul quale far avanzare positivamente il negoziato». «Sui temi affrontati sono state rappresentate le specifiche e reciproche posizioni, ma non c’è stata mai una vera trattativa con la ricerca di convergenze e aggiustamenti reciproci che Federmeccanica e Assistal non hanno mai perseguito nel negoziato in corso».

Il contratto dei metalmeccanici è di solito considerato un modello per gli altri. E quindi i sindacati sono preoccupati dal fatto che Federmeccanica segua l’impianto di Confindustria. «Questo contratto è il banco di prova e possiamo essere i primi a regolare alcune questioni come lo smart working», ha detto ancora Benaglia.

Un modello da seguire

Sulla stessa linea il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella: «La posizione di Federmeccanica segue la posizione del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che sul contratto dei metalmeccanici ha sferrato un attacco senza precedenti» aggiungendo che quella di Confindustria è «una linea suicida» che mette a rischio tutti i contratti.

Ora i sindacati chiedono al governo di prendere una posizione: «È dalla parte di Bonomi o con le organizzazioni sindacali?» E Re David sottolinea: «Questo contratto riguarda l’intero paese e ci deve essere un ruolo della politica. Il governo deve usare le politiche industriali e defiscalizzare gli aumenti contrattuali».

Interpellata sullo stop al confronto, risponde intanto il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo: «Il rinnovo è lasciato alle parti». Anche se aggiunge che «è importante non fermarsi al rinnovo dei contratti, rispetto a quello che ha colpito l’Italia negli ultimi decenni che è la stagnazione salariale».

All’annuncio dello sciopero diverse proteste spontanee sono scoppiate nelle fabbriche di tutta Italia. Ieri erano circa 150 gli stabilimenti, dall’Emilia Romagna al Lazio, dal Veneto alla Lombardia, che avevano indetto almeno un’ora di mobilitazione. In una nota, le segreterie nazionali Fim Fiom Uilm si dicono «disponibili a riprendere anche da oggi il negoziato, ma questo deve avvenire su presupposti e merito totalmente diversi da quelli assunti da Federmeccanica e Assistal».

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