A dieci anni dall’ingresso nelle istituzioni, i parlamentari del Movimento 5 stelle continuano con la pratica delle restituzioni di una quota dello stipendio. Sotto la stessa etichetta formale, però, il meccanismo è cambiato moltissimo dal 2013, quando per la prima volta sono stati eletti quelli che all’epoca venivano chiamati “portavoce”.

Ad annunciarlo, nella fittissima campagna elettorale, è il capo politico Giuseppe Conte, spiegando che per tutta la giornata di ieri gli iscritti al movimento hanno potuto votare a quali progetti destinare il fondo accumulato con le restituzioni dei parlamentari, che ammonta a 2 milioni di euro. Il voto andrà avanti fino alle 22 e la dirigenza grillina ha individuato nove associazioni tra le quali scegliere: Emergency, Ong Nove Onlus, Comunità di Sant’Egidio, Libera, Associazione Gruppo Abele, Comunità papa Giovanni XXIII, Lega del filo d’oro, proassociazione Rondine città della pace e Anpas, che a loro volta hanno individuato uno o più progetti da poter finanziare. Quest’anno, quindi, figurano alcune associazioni cattoliche, mentre sono spariti del tutto gli enti pubblici.

cos’ è cambiato

L’anno scorso i progetti erano stati segnalati dai gruppi parlamentari ed erano quelli di Anpas; Emergency, Gruppo Abele onlus; Lega del filo d’oro, Medici senza frontiere, ong Nove Onlus ma anche il Cnr, il Consiglio nazionale delle ricerche, che è il principale ente pubblico di ricerca italiano e fa riferimento al ministero dell’Istruzione e della Ricerca.

Il cambiamento rispetto alle origini è sostanziale. Nel 2013 il frutto delle restituzioni confluiva direttamente nelle casse statali con un versamento sul fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, un ente pubblico collegato al ministero dello Sviluppo economico. Ad agosto 2018, appena cominciata la seconda legislatura con i grillini in parlamento, è stato istituito un Comitato per le rendicontazioni formato da Luigi Di Maio, Stefano Patuanelli e Francesco D’Uva (attualmente solo Patuanelli è ancora nel movimento, mentre D’Uva ha seguito Di Maio in Impegno civico).

Questo comitato aveva il compito di fare da contenitore agli extrastipendi con un «conto intermedio» intestato ai tre, con l’obiettivo di diversificare i beneficiari dei fondi, dividendoli su più iniziative: «È per questo che i prossimi destinatari saranno decisi attraverso la piattaforma Rousseau con un voto online», si spiegava all’epoca. Il meccanismo delle restituzioni però già iniziava a scricchiolare e molti parlamentari si erano lamentati del fatto che il versamento ora avvenisse su un conto privato di cui non si conoscevano i dettagli di gestione.

Dal 2021, poi, la rottura definitiva e formale tra il Movimento 5 stelle e l’associazione Rousseau, che gestiva le piattaforme del partito, ha provocato anche la chiusura del sito tirendiconto.it, dove si potevano consultare tutte le informazioni sulle restituzioni e i bonifici effettuati dai parlamentari. Oggi non esiste una sezione del nuovo sito del Movimento in cui si vedono le restituzioni, ma solo una con il verbale di assemblea del 2021 dopo la separazione da Rousseau e il nuovo statuto.

L’ammontare

Ad essere cambiati non sono solo i progetti e il metodo di rendicontazione, ma anche le somme. Secondo le regole formali, ogni parlamentare Cinque stelle dovrebbe versare 1000 euro al partito per autofinanziarsi, mentre 1.500 euro dovrebbero confluire nel fondo restituzioni, gestito dai capigruppo con un conto corrente.

La situazione ha iniziato a complicarsi prima delle elezioni politiche del 2018, con un servizio delle Iene che mostrava i dati delle mancate restituzioni, poi è peggiorata nel corso della legislatura. Il mancato versamento era causa di espulsione dal partito: alcuni parlamentari sono confluiti per questo nel gruppo misto e hanno smesso di versare, come anche i molti espulsi per altre ragioni. Inoltre, a ridurre il bacino di raccolta degli ultimi mesi è stata la scissione interna guidata da Di Maio, con l’addio di una sessantina di parlamentari.

Tuttavia, il conto parla. Nella legislatura 2013-2018, i Cinque stelle hanno versato al fondo per le piccole e medie imprese circa 23 milioni di euro. Cinque anni dopo è difficile tirare le somme di quanto denaro sia stato restituito e poi versato a vari enti benefici, anche a causa del cambio di piattaforma del movimento.

Tuttavia, un’inchiesta di Report di giugno 2022 ha mostrato come l’ammanco attuale sarebbe di circa 2 milioni di euro non versati secondo le regole del gruppo, e circa 90 parlamentari morosi che hanno smesso di restituire oppure lo fanno a singhiozzo.

Queste restituzioni non sono dovute da alcuna legge, ma fanno parte solo delle regole interne del movimento. Tuttavia, le difficoltà di riscossione suggeriscono che Conte rimetterà mano al meccanismo in vista della prossima legislatura.

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