Nei prossimi giorni un giudice avrebbe potuto imporre a Matteo Salvini la convocazione del congresso del partito. Sarebbe stato un bel paradosso per il leader che voleva rivoluzionare la giustizia con i referendum, miseramente falliti alla prova del quorum. E perciò per evitare questa figuraccia, ecco il coup de théâtre di Matteo Salvini, da Capitano a Illusionista: con una lettera inviata nel tardo pomeriggio di sabato 9 luglio è stato convocato il consiglio federale per il 20 settembre prossimo, all’ordine del giorno c’è, appunto, il congresso della Lega Nord, che è il momento in cui si potrà votare per avere un segretario che attualmente manca.

La Lega Nord, infatti, è guidata da un commissario scelto da Salvini, lui sì segretario ma della Lega Salvini premier. Il 20 settembre, dunque, i componenti del consiglio decideranno la data, certamente dopo le elezioni politiche del 2023. 

(Foto Francesco Militello/LaPresse 16-06-2022 Palermo)

Salvini avrebbe evitato volentieri il congresso, del resto è riuscito per sette lunghi anni a non convocarlo nonostante lo statuto ne imponga uno ogni tre anni. Ma ha dovuto cedere per non rischiare di trovarsi con un’assemblea calendarizzata per ordine dei giudici romagnoli che dovevano decidere a giorni su un ricorso presentato da Gianluca Pini, leghista del nord di lunga militanza, legato politicamente a Giancarlo Giorgetti di cui è stato anche socio d’affari.

Pini con le carte bollate aveva aperto il fronte giudiziario di opposizione, chiedendo al tribunale di fare ciò che Salvini non ha voluto fare violando così le regole interne. Un’imposizione per via giudiziaria sarebbe stata complicata da digerire per un Salvini in difficoltà e in caduta libera nei sondaggi, lontano ormai dai momenti di gloria 2018-2020. 

Matteo Copperfield

La mossa di Salvini è pero arte dell’illusionismo, escogitata per provare a uscire dall’accerchiamento in cui si ritrova. Proviamo a vedere perché. Il consiglio federale che dovrà decidere la data del tanto atteso congresso si terrà il 20 settembre due giorni dopo il raduno annuale di Pontida, luogo sacro della “Padania”, dove l’ideale federalista e autonomista è ancora fede indiscutibile nonostante il partito di Salvini abbia tradito quell’istanza, come lamentano ormai da un paio di anni i leghisti del nord sempre più intolleranti al nazionalismo della nuova Lega.

Dunque Pontida sarà un banco di prova interno per Matteo, che pare rassicurerà sul federalismo e si mostrerà accogliente con le posizioni dei governatori del nord più draghiani che sovranisti anti sistema nello stile dei fedelissimi voluti da Salvini nel suo harem politico. Sondati gli umori dal palco di Pontida, due giorni dopo Salvini e il consiglio federale decideranno la data del congresso: per ora nessuno si sbilancia su un giorno ufficiale, di certo la maggioranza dei parlamentari e militanti è propensa a credere che verrà organizzato dopo le elezioni politiche.

(Foto Roberto Monaldo / LaPresse 15–06-2022)

Se si voterà a marzo, il congresso sarà ad aprile. Se voteremo a maggio sarà a giugno 2023. Sarà comunque nell’anno in cui Salvini festeggia dieci anni dall’elezione a segretario della Lega Nord. E seppure poi nel 2018 diventi segretario della sua Lega personale (la Salvini Premier), resta il più longevo leader leghista dopo Umberto Bossi. 

Attenzione però: il congresso non sarà del partito di cui Salvini è segretario (Lega Salvini premier), ma della Lega Nord, partito gestito da qualche anno da un commissario scelto tra i più devoti a Salvini. In pratica Salvini non ha intenzione di mettersi in discussione davvero come leader, a meno che non decida di candidarsi come segretario della Lega Nord per l’Indipendenza della Padania. Ma nel caso si troverebbe in una situazione di incompatibilità come negli anni passati, segretario dell’una e dell’altra Lega nonostante il doppio incarico sia vietato dallo statuto. Sembra difficile che Salvini rinunci alla guida della sua Lega personale per rimettersi in sella al vecchio partito zeppo di debiti e di scandali che hanno riguardato anche la sua gestione e non solo quelle precedenti di Bossi e Maroni. 

La decisione, perciò, di concedere il congresso ai leghisti del Nord sembra andare nella direzione di legittimare l’esistenza un doppio partito. Da un lato quello personale che continuerà a esistere con il nome di Lega Salvini premier. Dall’altro quello radicato sul territorio (Lega Nord) azzoppato, povero e trattato come una bad company, che solo dopo le elezioni avrà un suo segretario. Solo dopo il voto, però. Salvini teme i nordisti e il consenso ipotetico che potrebbero raccogliere (dal 3 al 5 per cento). Perciò per la prossima tornata sarà ancora Salvini con la sua Lega a decidere le liste delle prossime politiche. Sarà lui a riempire gli elenchi insieme ai suoi uomini fedeli alla causa nazionalista in questi anni collocati nei posti strategici del partito.

Liste e potere

Il tema delle liste è centrale ed è la questione che ha salvato il leader dalla diaspora totale. Ma che fine hanno fatto il gran malessere e le grandi manovre per ridare al Nord il suo partito e destituire Salvini? «C’è uno stallo rispetto al dopo amministrative, ora si comincia a parlare di liste elettorali, i nomi da inserire li sceglie Matteo con i suoi, chi oserebbe disturbare in questo momento?», dice una qualificata fonte parlamentare leghista. Non è escluso comunque uno strappo clamoroso nelle prossime settimane. Volti storici del partito, che riflettono sul futuro e sono molto corteggiati non solo da Fratelli d’Italia. 

19/06/2011 Pontida riunione della Lega (Franco Cavassi / AGF)

Il tema della rappresentanza al nord è sempre al centro del dibattito interno. Nei giorni scorsi un gruppo di sindaci leghisti della provincia di Bergamo ha inviato una lettera alla segreteria federale Lega Salvini premier e per conoscenza alla Lega Lombarda. È una missiva e lancia una raccolta firme contro l’attuale gestione personalistica del partito nazionale e delle sezioni territoriali, commissariate senza discussioni interne. Titolo:« Riflessioni del militante». Incipit: «Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando la voce del grande Bossi tuonava nell’etere, ma anche nei nostri cuori, come simbolo del Nord, di quella parte territoriale viva, produttiva, capace, ricca di positive prospettive per il futuro…
A distanza di anni, tra alti e bassi, ci troviamo però molto lontani da quello che erano i nostri valori e le battaglie per cui tutti noi lavoravamo con energie e sacrifici».

L’allarme è arrivato ai vertici della Lega, che si trovano a fronteggiare pubblicamente un malcontento finora rimasto sempre sottotraccia. Sbaglierebbe Salvini a minimizzare la sfida dei sindaci. Perché sono amministratori della provincia di Bergamo. Qui c’è Pontida, il cuore delle tradizioni leghiste.

Raduno di Pontida (LaPresse)

«Cari rappresentanti politici», proseguono i sindaci, «con questa lettera, alcuni Sindaci e segretari della bergamasca hanno voluto segnalarvi la grave e pesante situazione che si trovano a vivere per i suddetti motivi elencati. Abbiamo il polso della situazione, rappresentiamo la voce dei nostri militanti e della gente dei nostri territori, che si sta allontanando. Ascoltateci! Riflettete insieme a noi e diamo una svolta a questo movimento! Prendete queste righe come un monito a migliorare le cose, dato da chi ancora vuole credere nella Lega, ma che si sente troppo deluso per poter proseguire su questa strada. A voi la possibilità di scegliere dove andare». 

Salvini sa bene che dovrà trovare una mediazione con questo popolo del Carroccio che si sente tradito. Basterà riconoscere l’esistenza di due Leghe e assicurare il congresso alla Lega Nord per incassare applausi e non fischi il 18 settembre sul prato di Pontida? No. Dovrà mostrarsi convincente sull’autonomia. Questo conta per il popolo deluso della “Padania”.  

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