«Serve uno sforzo comune per venirsi incontro e raggiungere un risultato condiviso». Roberto Fico, presidente della Camera, chiede ai partiti di accelerare la riforma del regolamento di Montecitorio.

Il rischio, infatti, è che il prossimo parlamento si ritrovi nel caos istituzionale, non per i risultati elettorali, bensì per l'impossibilità di far funzionare le due camera.

Le norme che regolano il “motore” di Camera e Senato non si sono ancora uniformate al taglio dei parlamentari che, a partire dalle prossime elezioni, ridurrà quasi di un terzo i componenti del parlamento.

Se per ipotesi si votasse domani e dopodomani il nuovo parlamento si insediasse, il suo funzionamento che già oggi viene considerato farraginoso rischierebbe di ingarbugliarsi ulteriormente, fino a rischiare per alcuni aspetti la paralisi.

Dal taglio al caos

Il referendum per il taglio dei parlamentari si è svolto il 20 e il 21 settembre dello scorso anno. Da quella data i partiti avrebbero dovuto lavorare celermente per adeguare la macchina parlamentare al nuovo numero dei rappresentanti, 400 deputati e 200 senatori.

Il quorum delle commissioni permanenti dovrà essere rivisto, così come dovranno essere valutate l’ipotesi di accorparle e il meccanismo per la creazione delle cosiddette componenti nel gruppo misto. Un lavoro che, complici i malumori all’interno dei gruppi, con diversi parlamentari che non hanno mai davvero accettato il taglio promosso dal Movimento 5 stelle, non è mai davvero stato avviato.

L’unico elemento sul tavolo della discussione, al momento, sono una serie di proposte di modifica presentate dalle singole forze politiche, che seguono direttrici diverse e non sono mai discusse nel merito.

Il lavoro del Senato

Subito dopo il referendum la prima a riunirsi è stata la giunta del regolamento del Senato che, in parallelo all’organo omonimo della Camera, deve riscrivere le regole per poi sottoporle al voto dell’aula.

Il 23 settembre 2020 la presidente di palazzo Madama, Maria Elisabetta Alberti Casellati ha proposto di formare un comitato ristretto, un piccolo gruppo di senatori, che si incaricasse della fase istruttoria. Tutti d'accordo.
Ma il tempo passa e i nomi non arrivano. La presidente sollecita e dà un nuovo termine. Si arriva così a novembre. Il 18 si riunisce la giunta e in quella occasione si cambia repentinamente strada: abortito il comitato ristretto, non garantisce la rappresentanza di tutte le forze politiche, si procede con la giunta al suo completo.

Vengono scelti due relatori: Roberto Calderoli della Lega e Gianluca Perilli del M5s poi sostituito dal collega Vincenzo Santangelo. Si impegnano a presentare  «una proposta complessiva in tempi estremamente rapidi» che però a distanza di un anno non è mai arrivata.

Intanto ogni gruppo ha presentato la propria proposta: Dario Parrini del Pd, lo stesso Calderoli e, a luglio, è arrivata quella del M5s.

Nell’ultimo anno la giunta si è riunita in diverse occasioni ma a parte qualche estenuante dibattito su cavilli non ha fatto nessun passo avanti.

Santangelo difende il lavoro svolto: «Non possiamo essere noi a convocare la giunta ma la presidente. Non voglio aprire nessuna polemica, dico solo che per quanto mi riguarda sono pronto». 

Il lavoro della Camera

Alla Camera la situazione non è molto differente. Anche qui la giunta, subito dopo il voto referendario, decide di procedere con il comitato ristretto.

In nove mesi, da ottobre 2020 a luglio 2021, si riunisce tre volte senza arrivare a un testo condiviso. Anche a Montecitorio i gruppi vanno in ordine sparso: c’è una proposta di Forza Italia, a prima firma Simone Baldelli e poi sottoscritta da Lega, Italia viva e Coraggio Italia, che punta a rivedere solamente il quorum delle commissioni e degli altri organi; una del Pd, presentata da Andrea Giorgis, con confini ben più larghi che abbracciano il problema del quorum, del trasformismo, l’introduzione di meccanismi d’urgenza per l’esame delle leggi, anche governative, le questioni di fiducia. E una del M5s che tra le altre cose propone l’accorpamento delle commissioni.

Ma a un certo punto, dopo mesi di stallo, è stato deciso di chiudere il capitolo “comitato” e di ritornare di nuovo in plenaria.

«In questo anno la giunta si è riunita varie volte. Il comitato ha lavorato su temi complessi e delicati per l’attività istituzionale. Ma occorre arrivare a una sintesi», dice Fico. «Ho convocato mercoledì sera (27 ottobre, ndr) la giunta per nominare i nuovi relatori in modo da riprendere il lavoro».

Arrivati a questo punto «serve accelerare: il funzionamento della Camera e l’aggiornamento delle sue regole dopo il referendum sul taglio del numero dei parlamentari non sono un interesse di parte ma di ciascuno di noi». 

Parrini promette che si farà da promotore del riavvio dei lavori anche a Palazzo Madama: «È necessario riattivare il lavoro delle giunte per fare le modiche, indispensabili alla luce del taglio e anche quelle efficientanti su cui mi pare ci sia un largo accordo».

Le norme anti transfughi e la data certa per l’esame dei provvedimenti governativi innanzitutto. Nel Movimento si fa largo la proposta di un gruppo misto con meno prerogative rispetto ad ora: un gruppo dei non iscritti sullo stile di quello del parlamento europeo, con a disposizione meno risorse economiche e tempi ancora più ridotti per intervenire in aula. Con il chiaro scopo di disincentivare chi vorrebbe aderirvi e ridurne il peso, anche numerico.

Forza Italia, da sempre contraria alla riduzione, punta ad approvare poche modifiche. «Non mi sembra questo il momento giusto per fare una riforma monstre del regolamento», dice Baldelli.

Se non se ne farà nulla, ipotesi tutt’altro che peregrina, il prossimo parlamento rischia di incepparsi ancor prima di cominciare.

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