L’attacco della deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli al manuale di Laterza “Trame del tempo” fa parte del processo di demolizione della scuola pubblica
L’attacco mirato e intimidatorio con cui la deputata di FdI Augusta Montaruli si è scagliata contro Trame del tempo, manuale di storia per le scuole superiori edito da Laterza, invocandone la messa all’indice, segna un punto di non ritorno nel costante processo di demolizione, da parte della destra italiana, della scuola pubblica, a partire dall’articolo 33 della Costituzione che sancisce la libertà di insegnamento.
Dopo le sanzioni impartite ai docenti “disobbedienti”, ecco lo stigma contro la storiografia che non si genuflette alla narrazione dominante che vuole dipingere il partito di Giorgia Meloni come espressione attuale del conservatorismo, tacendone le radici che lo legano al neofascismo italiano della seconda metà del Novecento, a sua volta erede dichiarato della Repubblica sociale. Radici che, paradossalmente, proprio i protagonisti di quella stagione, non solo non rinnegano, ma non perdono occasione di rivendicare. Del resto sono famose le foto della giovane Montaruli con braccio teso e croce celtica in pellegrinaggio a Predappio.
Per Montaruli sono faziose, false e «inammissibili nella scuola pubblica» le affermazioni delle pagine conclusive del terzo volume, laddove in un paragrafo intitolato Sovranismo e suprematismo bianco, in relazione alle recenti vicende politiche italiane che hanno condotto alla vittoria di Fratelli d’Italia alle ultime elezioni, si formulano dei giudizi di merito che stravolgerebbero la dimensione fattuale.
In primo luogo la definizione «impietosi» attribuita ai risultati elettorali in conseguenza del fatto che – citiamo testualmente – «l’affluenza al voto del 63,91 per cento è la più bassa della storia delle elezioni politiche della Repubblica, e premia FdI che, nonostante ottenga poco più di 7 milioni di voti (circa un quarto dei votanti sia alla Camera sia al Senato) su oltre 50 milioni di aventi diritto, riesce a far convergere su di sé una quantità sorprendente di voti dell’estrema destra (la Lega cala parecchio), si impone come primo partito e inaugura una nuova stagione della storia d’Italia». Se gli autori avessero scelto un termine più neutro i numeri non muterebbero: tre italiani su 4 non hanno votato per il partito di Giorgia Meloni che, pur legittimamente al governo, è e rimane espressione di una minoranza nel Paese.
Quanto all’affermazione seguente: «Arrivato al potere per la prima volta un secolo dopo la marcia su Roma e settantasette anni dopo la Liberazione dal fascismo, il partito che ne ha raccolto l’eredità (...) continua ad avere una relazione con la sua “base” dichiaratamente fascista - come dimostra anche l’inchiesta di Fanpage di giugno 2024 Gioventù meloniana», non c’è nulla che non sia riconducibile a fatti accertati.
Infine Montaruli contesta la definizione «liberticida» in relazione al cosiddetto decreto Sicurezza che, scrivono gli autori, «contrae significativamente il diritto di manifestare» (forse non è così?) e si infervora davanti al periodo che chiude l’argomento: «Il governo Meloni prosegue inoltre la guerra ai migranti con rinnovato fervore, con piani di deportazione e una loro costante criminalizzazione sui mezzi di comunicazione». Dovrebbe, al contrario, andarne fiera, visto che lei stessa lo scorso febbraio ha dichiarato: «Sui centri in Albania andiamo avanti. L’accordo, del resto, è un modello che fa scuola in Europa con gli Stati membri, i quali stanno assumendo la posizione italiana (…) noi, come governo, contro l’immigrazione clandestina non ci arrendiamo e andiamo avanti sulla strada tracciata».
Il ministro Valditara, dal canto suo, in una nota, ha chiesto «alla Associazione italiana editori una rapida verifica circa la correttezza delle informazioni e dei fatti storici riportati nel libro di testo» prima di intervenire con ulteriori provvedimenti.
Si può discutere o meno dell’opportunità che un manuale di storia contemporanea (tutti ormai e da tempo lo fanno) scivoli nelle pagine conclusive nella quasi cronaca, rinunciando gioco forza al confronto delle fonti e prestando maggiormente il fianco alle critiche, ma la virulenza dell’attacco di Montaruli resta intatta. Un colpo apparentemente estemporaneo ma in realtà studiato a tavolino, come dimostra sia la scelta del momento, a scuole praticamente chiuse, sia l’immediata reazione del ministro e della stampa amica.
C’è da augurarsi che la calura estiva e le ferie non impediscano la necessaria levata di scudi e che storici, editori, insegnanti, facciano sentire la propria voce senza esitazioni e ambiguità. Se l’esito di questa vicenda dovesse essere quello di una censura totale o parziale del testo avremmo scritto il de profundis della libertà di ricerca e di insegnamento.
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