Sport e salute mentale

Araújo e non solo: non chiamatelo coraggio, è libertà di mostrarsi fragili per fortificarsi

Ronald Araújo ha disattivato i social, non si è più presentato agli allenamenti, ha scelto di staccare la sua spina del mondo esterno (FOTO EPA)
Ronald Araújo ha disattivato i social, non si è più presentato agli allenamenti, ha scelto di staccare la sua spina del mondo esterno (FOTO EPA)
Ronald Araújo ha disattivato i social, non si è più presentato agli allenamenti, ha scelto di staccare la sua spina del mondo esterno (FOTO EPA)

Il gesto dirompente della ginnasta Simone Biles, che ha indirizzato milioni di persone a non isolarsi, a Tokyo 2021. Le decisioni di Michela Moioli (snowboard cross) e della campionessa di biathlon Lisa Vittozzi. Il caso limite del nuotatore ungherese Kristóf Milàk. E la scelta recente del capitano del Barcellona. Nello sport ad alto livello il benessere psicologico è finalmente considerato al pari di quello fisico. Ma è giusto definire “coraggioso” mostrare le proprie fragilità?

Ronald Araújo ha provato a mettere ordine nei pensieri e nelle ansie, quando gli è mancato il fiato sentendosi morire li ha derubricati come episodi legati allo stress, alle critiche feroci dei tifosi che non gli perdonavano alcuni errori grossolani da difensore centrale. Eppure, lui il mondo lo aveva conquistato, realizzando il sogno da ragazzo della Frontiera della Pace, come viene chiamato il lungo viale che divide Rivera, sua città natale in Uruguay, da Sant’Ana do Livramento in Brasile. Cre

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