Celtic e Rangers in difficoltà, così gli Hearts vogliono rompere l’ordine di Glasgow

C'è un vecchio detto che gira per gli universitari di Edimburgo. «Ti vuoi divertire? Beh, allora meglio che tu vada a Glasgow». La capitale di Scozia è fatta così: niente palazzi, solo casette a due piani che guardano al castello sulla collina. Pub dove si mangia bene ma che chiudono presto, pochi concerti, giornata che finisce al tramonto. Per la night life, i live e l’intrattenimento sportivo, prego rivolgersi a Glasgow. Calcio alleato della salute mentale: l’esperimento inglese che prescrive le partite come cura Duopoli e monotonia Soprattutto se si parla di calcio. La nazionale gioca lì, la Federcalcio ha sede lì e da 40 anni a questa parte vincono il campionato solo le due grandi locali, Celtic e Rangers. Quest’ultimi hanno fatto in tempo anche a fallire e ripartire dai dilettanti, nel 2012, senza che una squadra di qualsiasi altro posto di Scozia riuscisse a invertire la tendenza. L’ultimo a spezzare il duopolio è stato nel 1985 l’Aberdeen, guidato da Alex Ferguson. Curiosamente l’anno dopo gli Hearts, la squadra principale di Edimburgo insieme all’Hibernian, stavano per ripetere l’impresa. Arrivati all’ultima giornata con due punti di vantaggio sul Celtic, bastava un pareggio a Dundee, ma una doppietta nel finale di Albert Kidd ha consegnato il titolo ai biancoverdi, vittoriosi a Paisley contro il St Mirren. Una ferita ancora viva nel cuore dei tifosi degli Hearts che negli anni li ha spinti a gesti sgradevoli, come infilare dei sacchetti di feci nella posta del povero Kidd. Da allora è cominciato un dominio Glaswegian fatto di tradizione, potenza economica e seguito popolare. Delle 129 stagioni totali di prima divisione, solo 19 volte hanno vinto club che non fossero Celtic e Rangers. La media di pubblico delle due big di Glasgow equivale a quelle di tutte le altre squadre della Premiership messe insieme e il budget di Celtic e Rangers è quasi dieci volte maggiore di qualsiasi rivale. Eppure, nel quarantennale di quel sanguinoso ko di Dundee, le cose per gli Hearts potrebbero cambiare. L’album dei ricordi di Nevio Scala e il suo Parma dei miracoli: «Puntavo all’anima dei calciatori» I punti forti degli Hearts Merito del nuovo proprietario, Tony Bloom, personaggio davvero particolare. Ha sborsato 9,86 milioni di sterline per acquistare il 29 per cento del club, senza nemmeno aver diritto di voto. Il resto è in mano a un azionariato di tifosi. Non ha messo un pound in più dopo che la Uefa gli ha comunicato che poteva possedere solo un terzo della società, dato che già controlla il Brighton e l’Union Saint Gilloise. Pena l’esclusione di uno dei tre club dalle competizioni europee. Si è presentato toccandola piano. «Vinceremo il campionato, magari non quest’anno, ma non passerà molto. E ci qualificheremo anche per la Champions League» ha dichiarato in estate. Per costruire la squadra si è affidato alla sua società di statistiche avanzate, la Jamestown Analytics. D’altra parte uno che per anni ha fatto il pokerista e adesso ha un consorzio di agenzie di scommesse ha una certa propensione al rischio. In attacco sono stato acquistati Cláudio Braga dall’Aalesunds (seconda serie norvegese) e l’esterno greco Alexandros Kyziridis dagli slovacchi del Michalovce. Costo totale delle operazioni, circa mezzo milione di euro per due che hanno contribuito a 9 gol e 7 assist in undici match di Premiership. Bloom ha confermato in panchina Derek McInnes, allenatore che in patria è considerato molto solido. È stato otto anni all’Aberdeen, centrando anche il secondo posto, quando i Rangers non erano ancora risaliti. Quella scorsa era la prima stagione agli Hearts, condotti al settimo posto. Innovazioni e tradizione. Un mix che ha generato 29 punti in 11 partite. Gli Hearts sono ancora imbattuti, cosa che non capitava loro da oltre 10 anni, hanno il primo e il secondo della classifica marcatori, Shankland e Braga e soprattutto ci credono. L’ipocrisia della Fifa: combatte la Superlega europea, ma ne approva una in Oceania. E quella africana è sparita dai radar Le difficoltà di Rangers e Celtic «Possiamo conquistare il titolo» ha detto entusiasta il direttore generale Andrew McKinlay dopo il 4-0 rifilato al Dundee FC. Una convinzione maturata settimana dopo settimana, guardando anche alle difficoltà di Rangers e Celtic. I primi stanno sbagliando tutto da inizio stagione, nonostante l’aiuto del fondo americano che possiede i San Francisco 49ers della NFL. Russell Martin è stato esonerato e il nuovo coach, Danny Rohl, sta cercando di rimettere insieme i pezzi, ma intanto i punti di ritardo dalla vetta sono già 14. Il Celtic, invece, ha pagato la delusione dell’eliminazione nei preliminari di Champions League contro il Kairat Almaty che ha squarciato il rapporto tra Rodgers e la dirigenza. Il manager dimissionario è appena stato sostituito da una leggenda come Martin O’Neall che a Glasgow ha vinto 3 campionati e 3 coppe di Scozia, ma non allena dal 2019. Nella capitale ci sperano davvero, ma vogliono evitare di fare la fine dell’Aberdeen dello scorso anno, partito forte e poi scioltosi fino al quinto posto finale. Ulteriore chicca romantica. Il nome completo degli Hearts è Hearts of Midlothian, in onore del pub in cui sono stati fondati. Il locale si ispirava al famoso romanzo di Walter Scott, in cui si narra della rivolta dei cittadini contro John Porteous, capitano della Guardia Cittadina. Esiste un club migliore per abbattere un ordine costituito?