verso i Mondiali 2026 (e non solo)

Da culla a periferia: la crisi dell’Europa spiegata dal calcio

Il presidente dell'Uefa, Aleksander Čeferin, con il presidente del Psg, Nasser Al-Khelaifi (FOTO EPA)
Il presidente dell'Uefa, Aleksander Čeferin, con il presidente del Psg, Nasser Al-Khelaifi (FOTO EPA)

In vista del Mondiale a 48 squadre, il numero di partecipanti europee aumenta, ma meno delle altre confederazioni. Blatter e soprattutto Infantino hanno accelerato il processo di spostamento del baricentro verso altri lidi. Dati alla mano, il vecchio continente ha perso peso politico ed economico a vantaggio degli Usa e delle economie emergenti, che lo rendono ogni giorno più periferico, mentre aumentano le proprietà extra-europee nei club e si cercano grandi sponsor nel Golfo

Quando si fanno i conti di fretta, il momento in cui si arriva a capire che qualcosa non quadra è ormai troppo tardi. Funziona così in qualsiasi situazione, il calcio e la politica non fanno eccezione. E, anzi, nell’avvicinamento al Mondiale del 2026, il calcio sembra quasi diventare il simbolo di un’Europa che fatica a toccare palla, non solo in senso metaforico. Le qualificazioni alla rassegna iridata che si disputerà a giugno e luglio prossimi tra Stati Uniti, Messico e Canada, anche a causa

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