Gender gap, sospetti sugli sprechi e programma extra-large: le sfide da vincere a Milano-Cortina

Dopo la controversa cerimonia di apertura dei Giochi di Parigi 2024, l’Italia sceglie di mettere tutti d’accordo. La Francia era andata all’attacco, prendendosi il rischio di celebrare l’inclusione dalla prospettiva di ogni possibile diversità. L’Italia, per l’apertura dei Giochi invernali di Milano-Cortina, gioca invece in difesa optando, strategicamente e diplomaticamente, per l’armonia, tema che sarà il filo conduttore dello spettacolo di avvio, e che è stato svelato il 16 ottobre scorso, esattamente a cento giorni dall’inizio. Armonia, questa la spiegazione ufficiale data dal direttore artistico, Marco Balich, per non nascondere i contrasti ma trasformarli in racconto visivo ed emozionale: radici e modernità, città e montagna, tradizione e futuro, natura e architettura, emozione e disciplina. Il messaggio però lascia intendere qualcosa di più di un semplice equilibrio tra le parti: somiglia a una preghiera, come a invocare lo sforzo di trasformare le divergenze in alleanza, di avvicinare gli estremi, ben sapendo che i conflitti non sono “solo” le tante guerre in corso, ma quelli interni tra chi i Giochi li ha voluti e chi no. L’antimafia fasulla, 43 milioni del fondo “vittime dei clan” ai giochi di Milano-Cortina Quanti aspettano i Giochi? Le Olimpiadi invernali nacquero nel 1924 a Chamonix come estensione delle Olimpiadi estive, con l’obiettivo di celebrare gli sport della neve e del ghiaccio. La prima edizione fu, in realtà, una “Settimana internazionale degli sport invernali”, poi riconosciuta retroattivamente dal Cio (Comitato olimpico internazionale) come l’inizio ufficiale dei Giochi. Per molti decenni, le Olimpiadi invernali e quelle estive si disputarono nello stesso anno, a pochi mesi di distanza. Questo sincronismo, pur evocando un senso di continuità tra le stagioni dello sport, generava una sovrapposizione che rendeva difficile valorizzare entrambe le manifestazioni in modo equo, anche a causa della minore diffusione globale delle discipline invernali rispetto a quelle estive. Dopo l’edizione di Albertville 1992, il Cio decise di disallineare le due rassegne, stabilendo che le Olimpiadi invernali si sarebbero tenute in anni pari alternati rispetto a quelle estive. Per molti atleti fu un’occasione unica: poter partecipare a due Olimpiadi in appena 24 mesi. Un privilegio mai più concesso nella storia moderna e un’opportunità straordinaria per chi, in uno sport dove solo ogni quattro anni può segnare il confine tra leggenda e oblio, ebbe la fortuna di inseguire il sogno olimpico due volte in un battito di ciglia. L’edizione invernale, più piccola e meno globale, perse così l’aggancio dato dalla visibilità e diffusione dell’edizione estiva. Così come questa edizione a Milano-Cortina, pur nella sua versione policentrica con 16 sport, 116 eventi olimpici, 14 "impianti" sparsi tra Cortina e Milano passando per Anterselva, Bormio, Livigno, Val di Fiemme e Verona, resta un’Olimpiade di cui non tutti sono in trepidante attesa: i dati aggiornati a ottobre 2025 dell’Osservatorio Ipsos Doxa dicono che sono a conoscenza dell’evento il 68 per cento degli italiani, mentre l’indagine Havas afferma che solo il 50 per cento «molto probabilmente» lo seguirà. La prima donna alla guida del Cio: ma Kirsty Coventry non è una vera rivoluzione Programma extra-large Nel cuore del programma dei Giochi olimpici invernali battono discipline storiche. Lo sci alpino, lo sci di fondo, il salto con gli sci, la combinata nordica (gara che unisce il salto con gli sci allo sci di fondo), il pattinaggio artistico, il pattinaggio di velocità, il bob. Altre hanno consolidato nel tempo il loro ruolo di protagoniste. Il biathlon (sci di fondo e tiro con la carabina), lo slittino, lo snowboard, lo short track (pattinaggio di velocità in pista corta), freestyle (sci acrobatico), il curling (la versione nordica delle bocce) e lo skeleton, l’ultima arrivata delle tre discipline che si disputano nella pista artificiale genericamente chiamata da bob: si pratica con una specie di slittino su cui gli atleti si sdraiano proni e si lanciano con la testa in avanti nel budello ghiacciato. Un programma importante, che ha seguito le orme dei Giochi estivi verso un gigantismo che ne inibisce l’organizzazione. Nella candidatura per l’assegnazione dei Giochi del 2026, l’Italia, di fatto, ebbe solo una antagonista, la Svezia con Stoccolma-Åre. Altri potenziali candidati si ritirarono prima della selezione finale. Dopo gli Usa con quattro edizioni organizzate all’attivo, ci sono l’Italia e la Francia a quota tre. La “classifica” dei paesi ospitanti mostra come un numero ristretto di nazioni abbia avuto le risorse, la stabilità e l’interesse per ospitare i Giochi invernali più di una volta. Milano-Cortina? Le opere le pagano i consumatori Il gigantismo dell’evento, i costi crescenti e le esigenze infrastrutturali hanno reso sempre più difficile la candidatura, contribuendo ad alimentare la tensione tra chi mal sopporta le spese in termini di denaro pubblico, mai troppo chiare, in un dissidio non solo economico ma culturale: da un lato il timore di sprechi, di opere inutili, di promesse non mantenute; dall’altro il desiderio di partecipare a un rito globale, di lasciare un’eredità tangibile e simbolica. Per gli italiani la pista da bob, voluta a tutti i costi (è il caso di dirlo) con tre squadre di operai che hanno fatto turni da otto ore per triplicare il (poco) tempo a disposizione e consentirne la realizzazione, sarà un punto cruciale su cui si consumerà grande attenzione, in futuro, e si stileranno bilanci su utilità o inutilità, tra eredità o zavorra. Tutti i guai di Milano-Cortina 2026: appalti opachi, impianti sotto accusa e conti in rosso Colmare il gender gap L’attrice Matilda De Angelis sarà la voce dello spettacolo inaugurale, come a ricordarci che l’appello all’armonia riguarda anche la dimensione del gender gap. Al contrario di quanto accaduto a Parigi 2024, ai Giochi invernali 2026 la partecipazione non sarà equa ma segna, comunque, un passo avanti nella lunga rincorsa delle atlete al diritto di gareggiare per il quale, purtroppo, la storia dei Giochi invernali non è diversa da quelli estivi. Nel 1924 le atlete erano il 5 per cento e nelle discipline consentite per grazia e estetica, quali il pattinaggio artistico. Nel 1968 (Grenoble) erano il 21 per cento. Vent’anni dopo, a Calgary, ancora solo il 28 per cento. Nel nuovo millennio, su impulso della grande spinta all’inclusione voluta dal Cio, si è passati rapidamente al 40 per cento e, ora, a Milano-Cortina le atlete avranno la percentuale record del 47 per cento. Spinta all’inclusione che riguarda anche il modo attraverso cui lo sport femminile viene narrato e per il quale il Comitato organizzatore ha adottato e diffuso le linee guida sulla rappresentazione di genere nello sport (Gender portrayal guidelines). Queste linee guida non si limitano a raccomandazioni generiche, ma offrono strumenti pratici per evitare stereotipi, promuovere una copertura mediatica equilibrata e garantire che le atlete non siano raccontate solo per la loro estetica, la loro emotività o la loro vita privata, ma per le loro prestazioni, la loro forza e la loro leadership. La sfida che Milano-Cortina dovrà vincere sarà anche quella della copertura mediatica degli eventi chiave nelle fasce orarie di maggior appeal, della maggior presenza di voci femminili tra chi commenta e di più giornaliste donne accreditate. E in attesa del 6 febbraio, quando il grande spettacolo dell’armonia andrà in scena, possiamo coltivare la convinzione che, anche se i Giochi olimpici non riescono a mettere tutti d’accordo, sanno comunque ricordarci quanto sia preziosa la bellezza del provare a farlo. Lo sport non ha colmato il gender gap: la parità è raggiunta solo ai Giochi