Non è l’eliminazione, arrivata con l’attenuante dei virus che l’hanno colpita in questi giorni, a stabilire la bontà del suo tennis. Senza una fisicità devastante, e nel pieno dell’era Sinner, ha costruito una carriera su altri fattori tecnici. In questa stagione ha affrontato il boom di popolarità, ha cambiato parte del suo team, ha vinto (soprattutto a Roma, l’ultimo italiano a riuscirci è stato Panatta 50 anni fa) e ha imposto un’immagine di sé molto distante dal superomismo dei top player dello sport mondiale. Per questo rimane un simbolo
E pensare che c’è ancora qualcuno che si meraviglia. Che quando la vede nella foto pre-match al fianco di Aryna Sabalenka la osserva come la famiglia Buendìa guardò il ghiaccio quando arrivò per la prima volta in paese. Nell’ecosistema complesso e per certi versi di difficile lettura del tennis femminile Jasmine Paolini, mentre la stagione si avvia a conclusione, è invece non “una” stella, ma “la” stella. Non foss’altro perché, come la foto sopracitata insegna, non potendo disporre di una fisici



