La forza tedesca, il genio turco e la delusione Italia: perché l’Eurobasket ha sorpreso

Non era la favorita assoluta (ruolo che spettava alla Serbia), ma presentandosi alla manifestazione da campione del mondo in carica, nei pronostici veniva appena dietro: non c’è allora da stupirsi troppo se a prendersi la vittoria di Eurobasket 2025 sia stata la Germania, squadra solida fisicamente e mentalmente. Guidata dal Dennis Schröder, entrato nella storia della pallacanestro in ambito Fiba, essendo riuscito (con una struttura fisica ben diversa da quella del suo predecessore come uomo di riferimento del basket tedesco) a portare i teutonici dove neanche il leggendario “Wunder Dirk” Nowitzki era riuscito, e affiancato da quella che, già stella del presente, lo sarà anche nel futuro della squadra, Franz Wagner. Il paradosso di Schröder: dalla «schiavitù» della Nba al trionfo con la Germania Exploit turco Ma questo non deve far pensare che si sia trattato di un europeo scontato, tutt’altro: solo fermandosi alle prime quattro, due squadre sono infatti andate oltre i pronostici, a partire dall’altra finalista, la Turchia. Solo una volta una selezione della Turchia aveva conquistato una medaglia agli Europei, l’argento nel 2001 (con un altro argento, stavolta mondiale, arrivato nel 2010 a completare l’esiguo palmares internazionale della squadra), quando in campo c’era Hidayet Türkoğlu, il giocatore più famoso della storia della pallacanestro turca. Eppure a questo Eurobasket il team si presentava con la possibilità essere un outsider e qualche chance di raggiungere il podio: grazie innanzitutto alla presenza di Alperen Şengün, convocato per l’All Star Game della Nba nel corso di quest’anno, a soli 22 anni (uno dei più giovani della storia dei suoi Rockets) e al suo fianco di Shane Larkin, naturalizzato in grado di conquistare due volte consecutive l’Eurolega da stella della squadra dell’Anadolu Efes, reintegrato qualche mese prima dopo la revoca della nazionalità avvenuta nel 2023. Missione comunque non facile, vista la concorrenza, partendo già dal girone in cui erano presenti anche la favoritissima Serbia e l’insidiosa Lettonia padrone di casa. Ma a credere più di tutti in una medaglia era coach Ergin Ataman: noto per le sue dichiarazioni sempre fiduciose sulle possibilità delle proprie squadre, spesso supportate poi dai fatti con i successi in Eurolega del suo Efes e del suo Panathinaikos, anche in questo caso aveva più volte dichiarato di pensare al podio. Un po’ profeta, un po’ audace, ma sicuramente stratega, è riuscito a motivare il suo gruppo alla perfezione, spingendo oltre i limiti i suoi ragazzi, all’esecuzione di piani partita perfetti: iniziando la manifestazione con una netta affermazione sulla Lettonia, superando la favorita Serbia nella prima fase, per poi arrivare in semifinale e annichilire sportivamente la Grecia di Giannis Antetokounmpo (al suo miglior torneo con la maglia della nazionale greca e bronzo a fine manifestazione, in un momento da emozioni forti per tutta la famiglia vista la presenza in squadra anche dei fratelli Thanasis e Kostas), arrivando imbattuta ad una finale che l’ha vista sconfitta solo nell’ultima parte di gara. Con diversi protagonisti a mettersi in luce, da Cedi “Jedi” Osmani a Bona, passando per il già citato Larkin e Osmani, animati da un fuoco sacro che ha quasi reso i turchi la squadra del destino, centrata intorno al suo asso Şengün consacratosi nel corso della manifestazione come stella a tutto tondo di prima grandezza, fra punti, rimbalzi e assist, e non più solamente erede designato della star serba Nikola Jokić, come appunto recita il soprannome “baby Jokic”. Il mondo di Antetokounmpo: il gigante che per Trump non è “abbastanza” greco Le sorprese E a proposito di Jokić: come solito, per lui notevole prestazione individuale nel torneo, ma un’eliminazione precoce con la sua Serbia quasi quanto quella della Francia, che però contava diverse defezioni. A firmare l’impresa è stata la Finlandia, storicamente tutt’altro che una potenza in ambito cestistico, che ha così confermato quanto di buono fatto vedere negli ultimi anni, cogliendo il proprio miglior risultato di sempre con il quarto posto europeo. Sulle ali della propria star Lauri Markkanen, confermatosi uno scorer eccezionale in un corpo statuario dalle movenze agilissime e dalla classe purissima, ma non solo: con uno spirito di gruppo che, fra le alchimie tattiche del coach Lassi Tuovi, ha permesso di mettere in vetrina il talento (ancora acerbo) e i voli ad alta quota del diciottenne “Slim Jesus” Miika Muurinen, più giovane giocatore di Eurobasket e hanno permesso a Elias Valtonen di smettere i panni di comprimario per vestire temporaneamente quelli dell’eroe in grado di segnare i canestri cruciali per i successi finlandesi, a partire da quelli decisivi proprio contro la Serbia. Facendo sognare i suoi sostenitori, così come accaduto a quelli georgiani che hanno visto il terzetto Shengelia, Bitadze e Mamukelashvili riuscire a mascherare tutti i difetti dei compagni trascinandoli allo storico successo contro la Francia, eliminata agli ottavi. Un’Italbasket senza gioco, ma l’addio di Pozzecco non maschera l’assenza di leader e appeal Cicli che passano Così come l’Italia: castigata dal campione sloveno Luka Dončić, protagonista di uno scintillante Europeo dal punto di vista individuale (concluso risultando in media primo per punti, secondo per assist e ottavo per rimbalzi), chiudendo un ciclo con l’addio all’azzurro di coach Pozzecco e di Danilo Gallinari. Con la speranza di iniziarne uno che possa vedere, così come successo per le altre selezioni azzurre nel corso di questa estate, l’Italia tornare protagonista a livello internazionale e, magari, guidata dal prossimo corso (a partire da un Saliou Niang già positivo in questa manifestazione), di nuovo a sorridere su un podio. È nata una stella: l’Italia del basket ha i sogni in pezzi, ma si gode Niang