Mattia Gaspari in volo sulla sua Cortina: «Lo skeleton? Come un caccia»

«Aspettavamo questo momento da anni, è stata un’emozione fortissima. Abbiamo gareggiato per tutti quelli che hanno creduto nell’impossibile». Mattia Gaspari ha gli occhi che brillano nel raccontare la prima volta storica in gara sulla nuovissima pista di Cortina. Proprio lo skeleton venerdì ha ospitato la prima tappa di Coppa del Mondo per lasciare poi spazio nel weekend alle gare di bob. Il 32enne azzurro nella Perla delle Dolomiti ci è nato e cresciuto. «Vivo a 650 metri dalla pista. Il pensiero di poter disputare proprio dietro casa l’evento della vita è qualcosa di unico, irripetibile. Per strada i miei concittadini mi fermano: "Ohi Mattia, mi raccomando fai un bel risultato! Ho comprato i biglietti dello skeleton solo per te”. È una pressione, ma è prima di tutto un orgoglio». Ha appena gareggiato sulla struttura simbolo di Milano-Cortina 2026, l’opera più discussa per questioni di costo, 118 milioni, e di impatto ambientale. Ricostruita dove sorgeva la mitica “Eugenio Monti” che era stata inaugurata per i Giochi di Cortina 1956 e poi chiusa definitivamente nel 2008. Parlo da cittadino di Cortina ancor prima che da atleta. La pista era sempre stata una peculiarità della nostra valle, la prima risaliva agli inizi del ‘900. Le discipline di scivolamento sono innate fin da quando siamo piccoli, in montagna sono il pane quotidiano del nostro inverno, io uscivo di casa, prendevo il mio mini-bob di plastica e scendevo per strada. In pochi si soffermano sull’utilità sociale, cito ad esempio il servizio di taxi-bob, o sulla parte ludica per le nuove generazioni. Sicuramente sono strutture che hanno dei costi, ma anche dei ricavi. Questa pista lascerà un’eredità, riuscirà a sviluppare capacità che si erano perse negli ultimi 17 anni, darà da lavorare a tante persone. Mattia Gaspari (Credits IBSF, International Bobsleigh&Skeleton Federation)

[Missing Credit] I detrattori puntavano il dito sull’esiguo numero di italiani che praticano bob, slittino e skeleton. Il grande incubo è rappresentato dal precedente della pista di Cesana Pariol abbandonata dopo i Giochi di Torino 2006. Faccio sempre un esempio, nel momento in cui tu non hai una piscina, non avrai mai dei nuotatori. Tutti si dimenticano ciò che è stato, quando la pista era aperta qui a Cortina si svolgevano campionati italiani di Serie A, B e C, c’erano più di 100 equipaggi solo italiani, c’era un movimento florido, ma di questo non si parla mai perché spesso la memoria è corta. Nei prossimi anni questa pista avrà una vita molto intensa. Essendo la più nuova degli ultimi 25 anni in Europa, diventerà la meta dei migliori atleti. Noi siamo sempre stati costretti ad andare in Norvegia o in Lettonia per gli allenamenti di inizio stagione, adesso verremo qui, e così faranno anche tante altre nazionali, risparmiando i costi delle trasferte e limitando le problematiche di overbooking che esistono nelle altre piste. In questo debutto di Coppa del Mondo si è confermata velocissima e all’avanguardia. È una pista lunga 1.730 metri, 1.445 metri di competizione, coperta completamente, si è utilizzato un colore verde ad hoc per salvaguardare l’impatto del paesaggio. La parte alta è molto tecnica, la parte bassa è più di scorrimento. È divisa in 30 settori, ognuno è adattabile come temperatura, a seconda se una zona è esposta al sole oppure al freddo, in questo modo si risparmia il consumo energetico. L’impianto di refrigerazione è al 96% a glicole naturale che ha solo il 4% di ammoniaca, quindi altamente sostenibile. Pochi sanno che l’impianto di questa nuova pista serve anche per la refrigerazione dello stadio del ghiaccio, non è un dettaglio da poco. Lo stadio sarà sede del curling durante i Giochi, mentre normalmente viene utilizzato dalle squadre locali di hockey. Sci, De Chiesa e l’urgenza sicurezza: «Troppa omertà su Matilde Lorenzi» La scelta dello skeleton, buttarsi giù di testa su una slitta senza freni a 120 km/h con accelerazioni fino a 5G (5 volte l'accelerazione di gravità, ndr) nelle curve. Con il viso ad appena 4 cm dal ghiaccio. Deve avere l’esplosività di uno sprinter, nei primi 30 metri è fondamentale la spinta a tutta velocità, deve gestire movimenti impercettibili per sterzare con spalle, ginocchia e piedi. In famiglia la tradizione era un’altra, papà Lorenzo maestro di sci e mamma Maria Laura Alberti ex azzurra di discesa libera. Il mio sogno da bambino era diventare un pilota di caccia, diciamo che l’ho realizzato a metà: sono diventato pilota di skeleton a faccia in giù. Mi è piaciuto sin da subito, da giovane ho ottenuto risultati importanti grazie ai quali sono entrato nel gruppo sportivo delle Fiamme Azzurre. Risultati storici, sottolineo. Ai Mondiali Junior 2016 il suo bronzo è stata la prima medaglia vinta dall’Italia a livello giovanile nello skeleton. Ai Mondiali del 2020 insieme a Valentina Margaglio ha vinto il bronzo nella gara mista. In mezzo ha subito la rottura del tendine d’Achille della gamba destra che le ha fatto saltare due stagioni. È stato il periodo più brutto della mia vita. Dopo il primo intervento non riuscivo a recuperare, poi si è scoperta la causa, si era creato un nuovo sfilacciamento che ha reso necessaria un’altra operazione a distanza di un anno. La seconda operazione è stata molto complessa, all’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano hanno fatto un mezzo miracolo, io di mio ce l’ho messa tutta per guarire, queste difficoltà sono quelle che forgiano il carattere. È stato fondamentale l’aiuto dei miei cari così come la fiducia che ho sempre sentito da parte del cittì dell’Italia Maurizio Oioli. Sono tornato in gara ai Mondiali di Altenberg (Germania) 2020 conquistando quello storico bronzo in coppia con Valentina. La prima persona che mi chiamò, dopo, fu il prof. Roberto Pozzoni che mi aveva operato. Mi disse: “Adesso ti posso dire il dato esatto, per il 10% tu saresti potuto tornare a camminare senza zoppia, la percentuale di ritornare a fare l’atleta non era contemplata”. Ho capito che la situazione era peggio di quanto avessi immaginato. Mi è rimasto un deficit funzionale, la zona del tendine ricostruito rimane biologicamente complessa, riesco a fare tutto ma devo stare attento, soprattutto quando mi stanco in allenamento e mi vengono i crampi. Gender gap, sospetti sugli sprechi e programma extra-large: le sfide da vincere a Milano-Cortina Non si è mai chiesto ma chi me lo fa fare? Continuo ad avere buoni risultati, ogni tanto mi meraviglio di me stesso. Una motivazione importantissima è stata quella delle Olimpiadi in casa. Nell’unico momento in cui ho pensato di mollare è subito arrivata, nel giugno 2019, la designazione di Milano-Cortina. È tornata ad alimentarsi la fiammella che avevo dentro, quella che auguro a tutti di trovare per riuscire a fare grandi cose. Perché tutti ne abbiamo una, magari è nascosta e bisogna faticare per scovarla. Il primo oro olimpico dell’Italia nella storia dei Giochi Invernali è proprio nello skeleton, conquistato da Nino Bibbia a St. Moritz 1948. Non voglio parlare di medaglie, non facciamo previsioni per febbraio, mi piace pensare che quando racconterò la mia storia in futuro potrò dire di averci messo il 101%. Il grande obiettivo sarà poter dare più visibilità allo skeleton, farlo diventare più fruibile, far appassionare i bambini. Questo sport mi ha dato molto, tra qualche anno mi piacerebbe ridare indietro qualcosa a una futura generazione di skeletonisti. Milano-Cortina? Le opere le pagano i consumatori Una passione per i numeri e per la pesca, una laurea in Scienze motorie, fidanzato da cinque anni con Alessandra Fumagalli, anche lei azzurra di skeleton. Altro? Vogliamo provare a qualificarci alle Olimpiadi con due equipaggi, Italia1 e Italia2. Ci sono Valentina Margaglio e Giovanni Marchetti che venerdì in Coppa del Mondo sono arrivati sesti, io e Alessandra abbiamo chiuso settimi nella gara a squadre mista (uomo-donna) che debutterà come specialità olimpica proprio a Cortina. Dopo i Giochi tornerò a inseguire il sogno da bimbo per il volo, il prossimo anno voglio prendere il brevetto per gli ultraleggeri.