Il Martello contro il Guascone: Conte-Allegri, sfida tra specialisti dello scudetto

Era la sfida preferita del Pibe. Aspettava Milan-Napoli per giocare contro il trio olandese, amava rivaleggiare soprattutto con Van Basten, «il giocatore più elegante che abbia mai visto». Anche nel nuovo capito del confronto tra rossoneri e napoletani la classe non manca, da una parte Modric e dall’altra De Bruyne, i due giocatori più titolati della Serie A. Trentasei trofei (sei Champions League) per il quarantenne croato, Pallone d’Oro 2018, arrivato nel nostro calcio con un baule di motivazioni. Non ha scelto l’Italia come meta per un soleggiato viale del tramonto, a Milanello è il più motivato, trascina i compagni, nelle quattro partite di campionato è salito in cattedra con le bacchette da direttore d’orchestra, esibendo finezze e concretezze. Anche il belga, che di anni ne ha 34, con la valigia stracolma di trofei (sei Premier, due FA Cup, una Champions) è arrivato sotto il Vesuvio per lasciare un segno. Salutato il maestro Guardiola ci ha messo un attimo a cogliere le differenze tra Napoli e Manchester City, inserendosi con intelligenza nel centrocampo dei campioni d’Italia, adattandosi nella coesistenza con McTominay. Riparte la Serie A nel segno dei poteri deboli, l’anno decisivo per recuperare competitività Panchine massime Milan-Napoli è anche un match tra pesi massimi in panchina. Ciak si gira, Max e Antonio gli specialisti dello scudetto. Negli ultimi 16 anni se ne sono spartiti undici, se Allegri primeggia per quelli vinti (6), Conte annovera il record di essere l’unico nella storia ad averne conquistati cinque con tre squadre diverse. Un confronto che in passato è stato scontro, non si sono mai troppo amati con alcuni noti botta e risposta, in particolare sugli episodi arbitrali. Il momento più acceso il 25 febbraio 2012 in occasione del ben noto gol non convalidato al rossonero Muntari. Nel bailamme di polemiche del post partita la dichiarazione di Allegri: «Il teatrino l’hanno montato e smontato loro». La risposta di Conte non si fa attendere: «Tempo fa in un’intervista Allegri ci diceva di stare tutti zitti, noi l’abbiamo preso alla lettera. L’unico che continua a parlare è però solo lui». Nell’estate del 2014 Conte lascia la Signora dopo aver vinto tre scudetti di fila, per spiegare le difficoltà della sua Juventus in Champions (eliminata in semifinale dal Benfica), se ne esce con la frase: «Con 10 euro non si mangia in un ristorante da 100 euro». È il segno di una frizione con la società sulle future scelte di mercato che si trasforma in definitiva rottura quando, a ritiro già iniziato, si dimette. Due giorni dopo, il 16 luglio 2014, Andrea Agnelli sceglie Allegri come nuovo allenatore proprio al posto di Conte. Nell’arrivo a Vinovo c’è molto del carattere del tecnico livornese, accolto con fischi non si lamenta. La sua risposta la traduce sul campo vincendo cinque scudetti di fila, con due finali di Champions (perse con il Real e il Barcellona). Più diversi non potrebbero essere, come filosofia di gioco, come attitudine, come carattere, come gestione del gruppo. Antonio è un sanguigno, dotato di una determinazione feroce, soprannominato «un martello» dai suoi stessi giocatori che sfinisce negli allenamenti quotidiani. Gustosissimi i discorsi che vengono svelati nel film sul quarto scudetto, dal titolo Ag4in, che da mercoledì sera è proiettato nelle sale italiane. Pronto ad accendersi, dettando le proprie idee, anche lanciando frecciate alle sue società se non condivide le operazioni di mercato. Allegri, altrimenti detto Acciughina dagli amici di Livorno, ha il dono della diplomazia, in realtà è uno smaliziato livornese che ama l’ironia, guascone quanto basta, non si prende troppo sul serio. Non entra in polemiche con i dirigenti, è per natura un aziendalista. Nella sua ultima stagione alla Juventus ha avuto il merito di tenere la barra dritta quando l’allora dirigenza naufragava sotto il peso delle plusvalenze. Di lui si ricorda solo un’unica plateale intemperanza dopo la vittoria in Coppa Italia, quando è sbottato contro il direttore sportivo Giuntoli che aveva già scelto Thiago Motta per sostituirlo. E l’antagonismo con Antonio Conte com’è poi proseguito? In sala stampa a Torino si faceva spesso la similitudine tra la Juve di Conte e quella di Allegri, sottolineando come a quella del toscano mancasse la cattiveria della squadra del pugliese. L’attuale allenatore del Napoli interpellato in diretta tv si lasciò scappare: «Figuriamoci se avessero la cattiveria delle mie squadre, sarebbero a 20 punti». Il botta e risposta lo concluse il rivale con salsa democristiana: «Non mi piace fare paragoni». Di fatto è una rivalità che non è mai diventata consuetudine perché faccia a faccia si sono affrontati solamente nove volte. Allegri e la Brigata del Buon Ritorno, la ricerca della seconda felicità Andate e ritorni L’ultima è stata il 6 ottobre 2013 a Torino, con la vittoria della Juventus di Conte 3-2 sul Milan di Allegri. La sfida di ritorno non ci fu, causa esonero di Allegri nel gennaio 2014. Da allora si sono sempre adocchiati a distanza. Questione di scelte e di tempistiche, Allegri non ha mai abbandonato l’asse Milano-Torino e ritorno, ha risposto «No grazie» a Florentino Perez che lo voleva al Real, ha snobbato le voci che lo davano all’Arsenal senza mai far capire se fossero vere. Totalmente diverso il viaggio di Conte che ha sperimentato con l’istinto del viaggiatore ambizioso e curioso, dalla Juventus alla Nazionale, dal Chelsea all’Inter, tornando a Londra sponda Tottenham per poi accettare la proposta del Napoli. A San Siro domenica sera si stringeranno la mano da rivali per la prima volta dal 2013. Il Napoli ci arriva da capolista, a punteggio pieno dopo le prime quattro giornate, Conte ha trovato in Hojlund il sostituto dell’infortunato Lukaku, ha la volontà di far sbocciare Lucca. Detto di De Bruyne insieme a Mc Tominay, va rimarcata la consueta intelligenza tattica di Lobotka e lo stato di forma di Politano. Il Milan è al terzo posto con nove punti, Allegri ha avuto la capacità di raddrizzare la rotta dopo il passo falso del debutto, la debacle in casa contro la neopromossa Cremonese (1-2). Da lì in poi ha inanellato un filotto di vittorie, tre in A (Lecce, Bologna, Udinese) e l’ultima in Coppa Italia martedì scorso ancora contro il Lecce (3-0). Quattro successi consecutivi senza subire alcun gol. Una difesa sistemata, l’arrivo di Rabiot a centrocampo ha contribuito ad alzare il livello, in avanti l’alternanza tra Gimenez e Nkunku. Rafa Leao, la cui attitudine resta un oggetto misterioso, è tornato a disposizione. Allegri ha ridato entusiasmo ai tifosi, ha messo ordine a Milanello con regole semplici ma ferree, ha ripristinato l’obbligo del ritiro prepartita, ha imposto l’italiano come unica lingua nello spogliatoio, a pranzo tutti seduti in una sola tavolata quadrata per eliminare i vari gruppetti. A distanza di 12 anni il nuovo confronto tra i due allenatori vivrà delle tensioni del passato? «Ho grande rispetto per Antonio, ognuno ha il suo carattere, magari siamo lontani oppure simili». Le dichiarazioni della vigilia di Allegri sono all’insegna della distensione. Almeno fino al fischio d’inizio di Milan-Napoli.