Non serve una medaglia d’oro, Battocletti e Quadarella aumentano la cultura sportiva degli italiani

Quando la vittoria non è l’unica cosa che conta. La cultura sportiva di un paese riesce ad elevarsi quando riesce a riconoscere il peso specifico di una prestazione. Nell’estate sportiva che volge al termine la copertina spetta innegabilmente all’epopea invincibile delle azzurre del volley, al loro trionfo mondiale in Thailandia, ma c’è una novità, un dato che si era manifestato ai Giochi di Parigi e che si è concretizzato ai Mondiali di atletica di Tokyo e a quelli di nuoto di Singapore. È un messaggio che quasi ribalta l’affermazione trita e ritrita di un’Italia priva di cultura sportiva. Quante volte abbiamo additato i cultori passivi, quelli che se ne stanno sdraiati sul divano di casa, davanti alla tv, a sentenziare sulle gare, a distribuire le patenti di falliti agli atleti che non riescono a salire sul gradino più alto del podio, a considerare il successo come unica notizia di merito. C’è in atto una rivoluzione sul percepito delle prestazioni, perché sempre più spettatori e tifosi adesso sono capaci di assorbire i valori che lo sport trasmette, dai sacrifici alla lealtà, dai miglioramenti ai riscatti. Furlani, il ragazzo d’oro: l’atletica italiana ha imparato a non vivere nel passato Merito loro Il merito spetta anche a Nadia Battocletti e Simona Quadarella. Le due azzurre quasi coetanee, la romana ha due anni in più rispetto alla trentina che ne ha 25, riescono a sprigionare la propria cattiveria agonistica in pista o in acqua, determinate e scrupolose, affamate e indomite. Due campionesse che persino si somigliano, non hanno bisogno di mettersi in posa, di fare scenette o reel, non ambiscono ad essere influencer su Instagram. Sono delicate al limite della timidezza, usano le parole con grazia e misura. A livello mondiale entrambe non riescono a vincere, perché davanti a loro arrivano atlete che sembrano essere di un altro pianeta. Eppure, nessuno si sogna di sminuire le loro gare. È il radicale cambiamento dei tifosi italiani, il riuscire a riconoscere come le medaglie d’argento di Battocletti e Quadarella abbiano il peso specifico di un oro. Ripassiamo i 10.000 metri mondiali che sono stati un upgrade rispetto a quelli di Parigi 2024, l’argento olimpico della figlia dell’ex mezzofondista Giuliano, il suo allenatore, e mamma Jawhara, ex ottocentista marocchina. A Tokyo la laureanda in Ingegneria e Architettura quasi mette paura alla keniana Beatrice Chebet, bicampionessa olimpica e detentrice dei due record del mondo (5.000 e 10.000). Fino a pochi anni fa sembrava fantascienza il solo pensare di poter accostare un’italiana alle regine dell’atletica, alle campionesse degli altipiani africani che dominano le specialità del mezzofondo, della maratona e del cross. Siamo andati in visita nella culla delle loro fatiche quotidiane, nella Great Rift Valley in Kenya, per visionare i campi di allenamenti in altura, le condizioni ideali dell’altitudine dai 2000 ai 2700 metri che permette di migliorare la produzione di globuli rossi e la resistenza. Abbiamo studiato l’antropometria, il livello elevato di attività fisica sin da bambini quando corrono scalzi in media per tre ore al giorno anche solo per andare a scuola. Adesso abbiamo scoperto il tesoro a casa nostra. Una ragazza di Cavareno, 1.200 anime in provincia di Trento, ci dimostra come si possa correre al loro stesso livello, con una stupenda e armoniosa falcata, con l’intelligenza di non cadere nei trappoloni dei giochini tattici, con il carattere di arginare le scalciate delle scarpe chiodate rivali che le procurano ferite alle gambe. Poco importa se Chebet si rivela ancora la vincitrice (30’37’’61), la applaudiamo con rispetto perché è la più grande di tutte, ma vuoi mettere l’argento di una Battocletti accodata a ruota alla primatista del mondo, a meno di un secondo di distacco? 30’ 38”23, un miglioramento di oltre cinque secondi sul record italiano che già le apparteneva. Da Powell-Lewis a Tamberi-Jacobs. Quando la storia si scrive a Tokyo Il bronzo di Battocletti Nella mezza distanza dei 5.000 metri, dietro all’oro di Chebet arriva la connazionale Faith Kipyegon ma il bronzo dell’azzurra vale per la storia: diventa la prima italiana a conquistare due medaglie nella stessa edizione di un Mondiale. È la consacrazione di Battocletti che continua a far innamorare tutti anche con l’eleganza e la gentilezza delle sue frasi, persino la modestia nel definire «un sogno» le sue prestazioni. Ma quale sogno, suvvia. È una gigantesca realtà. È uno spettacolo nello spettacolo, frutto di talento, di furbizia, di sopportazione della fatica, di rigida maniacalità negli allenamenti. Volley, Italia campione del mondo dopo 23 anni. E Mattarella invita le azzurre al Quirinale L’epoca sbagliata di Quadarella Sono le stesse qualità di Simona Quadarella che nuota per circa 14 km al giorno, sei giorni su sette. Dal 2018 è la numero uno in Europa nelle lunghe distanze in vasca, con otto titoli continentali. In bacheca ha tre ori mondiali seppure con un distinguo che maliziosamente, e puntualmente, le viene fatto notare: il successo del 2019 a Gwangju (1.500 stile) e quelli di Doha 2024 (800 e 1.500) li ha conquistati in assenza dell’extraterrestre Katie Ledecky, una volta infortunata e l’altra assente per scelta di preparazione nell’avvicinamento all’Olimpiade di Parigi. La romana ha preso e incassato le frecciatine, ha fatto spallucce senza alcuna punta di presunzione perché alle parole preferisce i fatti, zero personaggio ma tanta sostanza. Non ha mai maledetto il fatto di essere nata in un’epoca sbagliata, quella della più forte nuotatrice della storia. È impossibile avvicinarsi ai valori acquatici di colei che dal 2012 è l’imperatrice del mezzofondo dello stile libero, che crea voragini tra sé e le altre. «Ma io sono orgogliosa di gareggiare nell’era di Katie Ledecky, mi spinge ad andare ancora più forte», il proclama di Quadarella come definizione di purezza, indica l’essenza dello sport, sottolinea la realizzazione nel lavorare per superare i propri limiti. Ai recenti Mondiali di nuoto Simona realizza le sue imprese anche senza vincere. Proprio come Battocletti. Conquista una medaglia d’argento monumentale con un crono (15’31”70) clamoroso, sbriciola il record europeo della danese Lotte Friis che durava dal 2013. A Singapore abbiamo assistito alla sua evoluzione, a 28 anni è diventata la seconda nuotatrice più veloce di sempre nei 1500 stile libero. Per nove delle 16 vasche la romana addirittura nuota con parziali più veloce di Katie. Luisa Rizzitelli: «Le donne nello sport non vogliono elemosine, ma pari diritti» Non serve una medaglia d’oro E gli italiani? Tutti, tifosi e no, esperti di nuoto o meno, sono rimasti incantati, hanno riconosciuto la maestosità della donna che ha iniziato a nuotare a 8 anni e che è riuscita a bussare alla porta dell’aliena americana. È arrivato il bis, rientra nella categoria delle prestazioni eccezionali anche quella compiuta negli 800 stile. Un sapore epico, forse la gara più bella della storia del nuoto femminile. Per Ledecky è il settimo oro mondiale dopo aver fatto a sportellate con l’australiana Pallister e la canadese McIntosh. Quadarella non riesce a salire sul podio, chiude quarta, ma con un ennesimo tempone (8’12”81). Un nuovo record europeo, con tanti saluti a quello della britannica Rebecca Adlington che resisteva sin dall’epoca dei super costumoni (2008). Quindi, possiamo definire Battocletti e Quadarella regine dell’estate sportiva 2025? Nessuno si azzardi a nutrire un minimo dubbio. A Nadia e Simona dobbiamo un ringraziamento gigantesco, con le loro prestazioni stanno ridefinendo il concetto di imprese sportive tra gli spettatori italiani. Un prezioso tassello nel mosaico della cultura sportiva del nostro paese. Quando non è una medaglia d’oro a definire il valore di una impresa.