Asse Kremlev-Trump Jr: la boxe come arma nella lotta al “gender”

Mai stati nemici. Al di là dei toni bellicosi da puro circo, Donald Trump e Vladimir Putin trovano ogni modo per dialogare e raggiungere intese. Lo fanno con lunghe telefonate o con meeting ferragostani in Alaska. Ma lo fanno anche per interposta persona, col mondo dello sport a fare da sfondo della politica proseguita con altri mezzi. Quest’ultima variante è andata in scena lunedì 29 settembre a Istanbul, in occasione dello “Sport + Business Forum”. In questo contesto, per parlare di boxe e valori dello sport, si sono incontrati Umar Kremlev e Trump Jr. Il primo è presidente dell’International boxing association (Iba), ma soprattutto è un fedelissimo del presidente russo. Quanto al figlio del presidente degli Stati Uniti, si è presentato nel ruolo di vicepresidente esecutivo della Donald Trump Foundation. A chiudere il panel Manny Pacquiao, ex leggenda del ring, e Rasheda Ali Walsh, conferenziera e influencer nonché figlia di Mohammed Ali. Una compagnia composita, che a partire dal tema della boxe ha lanciato un messaggio politico ben preciso: lo sport è di chi unisce, non di chi divide. Un principio talmente universale e condivisibile da risultare scontato. Dunque, è il caso di andare oltre la superficie per decodificare i contenuti politici dell’evento e provare a capire quali possano esserne gli sviluppi. La boxe guidata da un putiniano: uno sport in crisi di credibilità In cerca di rilegittimazione Se Kremlev parla di unità e consenso, lo fa perché gli preme soprattutto cercare di rilegittimarsi e riportare la sua organizzazione nel mondo dello sport istituzionale. Missione molto complicata, da quando il Comitato olimpico internazionale (Cio) e vasta parte della boxe mondiale hanno chiuso le porte all’Iba, considerata ormai un feudo personale e non più una federazione internazionale di disciplina. Dal 2023 Iba è fuori dal Cio, che per le Olimpiadi parigine del 2024 ha affidato l’organizzazione del torneo olimpico a un soggetto ad hoc. Era già successo in occasione dei Giochi precedenti (Tokyo 2020, celebrati nel 2021), quando l’Iba si chiamava ancora Aiba e la sua leadership credeva che togliere una vocale dal nome bastasse per dissolvere le ombre. E invece quelle ombre sono state ispessite dopo l’invasione dell’Ucraina da parte delle forze armate di Putin. L’embargo sportivo che ne è conseguito, oltreché lo sport russo, ha toccato anche gli oligarchi putiniani sparsi nei luoghi del potere sportivo internazionale. Molti fra questi si sono fatti da parte. Kremlev no: ha tenuto in ostaggio l’Iba e si è rifiutato di sciogliere il contratto di sponsorizzazione con Gazprom, simbolo della longa manus putiniana sull’economia globale e sullo sport. Nel frattempo, la vasta schiera di oppositori di Kremlev si è raccolta attorno a una nuova sigla, World Boxing. Che è stata riconosciuta dal Cio e sarà l’ente organizzatore del torneo olimpico a Los Angeles 2028. E qui si arriva all’altro lato della questione. La prima donna alla guida del Cio: ma Kirsty Coventry non è una vera rivoluzione L’ossessione gender Le prossime Olimpiadi estive si terranno nel paese di Trump padre, la cui federazione pugilistica ha disconosciuto Iba per aderire a World Boxing. Da qui a tre anni può però succedere di tutto. Anche che proprio Usa Boxing - il cui presidente, Adam Mancuso, è stato eletto a febbraio 2025, un mese dopo l’avvio della seconda presidenza Trump - faccia lobby all’interno di World Boxing e Cio affinché ci sia un riavvicinamento con Iba. Del resto, come ribadito nel lungo e trionfale comunicato di Iba al termine dell’incontro di lunedì, loro sono quelli che uniscono anziché dividere. Di sicuro, a unire la famiglia Trump e il duo Putin-Kremlev è l’ossessione per la questione gender. Ancora nella giornata di mercoledì 1° ottobre, con un’agenda di politica internazionale piena tra Gaza e Ucraina, l’amministrazione Trump trovava il tempo per accusare lo stato del Minnesota di non avere applicato le linee della nuova politica federale contro atlete e atleti transgender. Per la cronaca, il governatore del Minnesota è Tim Waltz, indicato da Kamala Harris come suo vicepresidente qualora avesse vinto la corsa presidenziale. Sul tema dell’allergia alla questione gender, Kremlev e la sua Iba - come l’autocrate del Cremlino - sono in prima linea, come appreso durante le Olimpiadi parigine. Il caso della pugile algerina Imane Khelif (medaglia d’oro dei welter) è esploso perché i test Iba hanno sollevato dubbi sul suo profilo di genere. Dubbi ribaditi con l’esclusione della pugile dai campionati mondiali disputati in Serbia a febbraio. La Carta olimpica riscritta alla Casa Bianca: le conseguenze del divieto transgender Su questo tema, Trump Jr. è stato neanche tanto indiretto durante il meeting di Istanbul. Specie quando, dopo aver parlato di valori e equità, ha affermato che «come padre di una giovane ragazza non mi è piaciuto quello che ho visto alle ultime Olimpiadi». Chi ha da intendere, intenda. Da Istanbul parte una nuova offensiva, imbastita intorno a un mix tossico fra sport e politica. Senza trascurare gli affari all’ombra dei due autocrati, va da sé. Altri tappeti rossi seguiranno.