Vaccari: «Disegnai la sforbiciata di Parola sulle figurine Panini: non vidi una lira, ma lavorarci è stato magico»

Wainer Vaccari, nato a Modena nel 1949, è un pittore, scultore e disegnatore che espone in tutta Europa. Ma è anche l'autore del disegno che caratterizza la Panini: l’iconica rovesciata di Carlo Parola. Vaccari, cos’era esattamente la Fifimatic? Un macchinario che mescolava - in modo casuale e non ripetitivo - e imbustava automaticamente le figurine. Un’opera meccanica o una diavoleria? L’una e l’altra cosa, dipende da chi e come la guardava. Lo scultore e pittore Wainer Vaccari: a 18 anni iniziò a lavorare per la Panini (Credits: Wainer Vaccari)

[Missing Credit] Chi la inventò? La pensò e la costruì Umberto Panini, assemblandola nella piccola officina accanto alla fabbrica principale. Partorì questo “aggeggio” che aveva l’aura del miracoloso. Certo, i primi tempi, spesso si fermava e ci voleva per farla ripartire. Ma tutti ci fermavamo a guardare, stupiti, e le nostre facce dicevano già tutto. Qualcosa di simile alla macchina del ghiaccio, inventata dagli zingari, che lasciava a bocca aperta gli abitanti di Macondo… Esattamente. Solo che qui, più che del realismo magico di Gabriel García Márquez, avevamo a che fare con imprenditori modenesi con i piedi ben saldi a terra, gente concreta, che pure agiva e lavorava sui sogni dei bambini e dei tifosi. Lo sport è materia delicata. Non è “raptus”, ma sessismo: le parole con cui il calcio si assolve Come e perché la Fifimatic rivoluzionò la fabbrica delle figurine? Fu la svolta, l’azienda diventò industria. Pensi che fin lì, l’imbustamento delle figurine veniva affidato alle famiglie del comprensorio: le bustine venivano chiuse a casa, l’indotto era enorme e locale, titolari e terzisti si conoscevano tutti. Da lì in avanti, tutto si faceva dentro l’azienda, con tempi e modi diverse. Cos’era, all’epoca, la Panini? Un’azienda già ben strutturata, anche se di livello familiare, in senso allargato. Si parla sempre dei fratelli Panini (Giuseppe, Franco, Umberto e Benito), in realtà c’erano anche - bravissime e grandi lavoratrici - quattro sorelle (Veronica, Edda, Maria Luisa e Norma) di cui si parla poco, a torto. Più rispettivi coniugi, figli, nipoti. Lei è colui che disegnò l’immagine simbolo “dell’album dei sogni”, riprodotta miliardi di volte e diventata simbolo del calcio italiano. Oggi pittore e scultore affermato, ieri dipendente della Panini. Entrai giovanissimo alla Panini nel 1969, a 18 anni, come operaio magazziniere, lavoravo al sacchettificio, ma con la passione del disegno. I titolari lo sapevano e mi permisero di andare anche nell’ufficio grafico ad imparare il mestiere. Ma questo non si può intuire, se non si capisce cos’era la Panini. Le figurine dell’impegno civile. La memoria di chi lotta è salva Cos’era? Un’azienda dove era bello lavorare, e non lo dico solo io, dove ognuno dava il massimo a prescindere dalla mansione, dal ruolo. Grande solidarietà, mai visto litigare nessuno lì dentro, uno spirito direi olivettiano. Così capitava di rimanere anche oltre l’orario di lavoro, senza essere pagati o pretendere di esserlo, lavorare lì era una magia. Difficile ipotizzarlo oggi. Come nasce la storia della rovesciata? Beh, diciamo che secondo Giuseppe, all’origine, l’immagine della Panini doveva essere quella del Paladino, con la lancia lunghissima delle giostre, che magari qualcuno si ricorda. Poi virò sull’immagine di un calciatore. All’inizio fu Nils Liedholm. Lo svedese con la maglia del Milan, che colpiva di testa il pallone. Ma era identificabile con una squadra precisa, mentre tu dovevi vendere le figurine anche ai cugini interisti, ai rivali juventini e al resto della compagnia. E poi era svedese, mica italiano. C’è chi sostiene anche questo. Il calcio secondo i Bergoglio: la difesa del Città di Castello, l’unica squadra a non aver ancora subito gol Un giorno, nel 1970, entra nello studio grafico Franco Panini, con una foto in mano. Esattamente, e dice a noi quattro presenti: chi vuol stilizzare questa foto? Oggi avrebbe detto che voleva un restyling, ma il concetto era chiaro. E voi? Restammo interdetti, guardandoci senza aprire bocca. Nell’indecisione, decise lui: “Wainer, provaci tu”. La foto non era recente. No, scattata venti anni prima. Durante un Fiorentina-Juventus, giocata il 5 gennaio del 1950 e finita 0-0, in mezzo al gelo. Chi la scattò? Corrado Banchi, fotografo collaboratore dell’agenzia Foto Florenza, che aveva il negozio vicino al Duomo di Firenze. Araújo e non solo: non chiamatelo coraggio, è libertà di mostrarsi fragili per fortificarsi Era la mitica sforbiciata (più che rovesciata) di Parola, gesto altamente spettacolare. Senza dubbio, anche se normalmente si tende ad associare quel gesto tecnico ad un possibile gol o quasi gol (tipo quella di Cristiano Ronaldo, ad esempio). Invece Parola era un difensore e quello era un rinvio a spazzare l’area. Si vede Parola come sospeso… Anche troppo. Ossia? Rispetto ai due calciatori della Fiorentina, Magli e Pandolfini, l’altezza di Parola è fuori norma. Un gesto più da super eroe che da difensore. Cosa intende? Qualcuno pensò che la foto famosa fosse stata, come dire, ritoccata. C’era anche un’altra versione, a dire il vero. Alcuni chiamarono quello scatto “la foto del bisogno del Banchi”… Leggenda vuole che, a 10 minuti dal termine, infreddolito, il Banchi si fosse ritirato nella buca della pista per il salto ad ostacoli, causa necessità fisiologiche impellenti. Accortosi dell’attacco dei viola, con la Leica al collo (ma in posizione rasoterra), scattò, da un’angolatura particolare. Ci può stare, come ogni cosa. La leggenda che nutre se stessa e cambia ogni volta. 2000322 - TORINO - SPR - CALCIO: MORTO CARLO PAROLA - E' morto oggi a Torino a 79 anni Carlo Parola che aveva giocato a lungo nella Juventus, nella Lazio e nella Nazionale .ARCHIVIOANSA/DEFANSA La foto della rovesciata fu subito percepita come “iconica”? Tutt’altro. Nello stock di foto che la Panini acquistava da tutte le agenzie, era una come le altre. Pensi solo che l’unica rivista che all’epoca pubblicava foto di calcio (non esistevano quotidiani sportivi, televisioni, internet), “Lo sport illustrato”, per raccontare quell’incontro mise la foto di un contrasto aereo tra lo stesso Parola e il fiorentino Galassi. Quanto ricevette il fotografo? Penso nemmeno una lira. Collaborava con quello studio fotografico di Firenze che, il pomeriggio, pubblicava sulla vetrina del negozio una serie di foto della partita. I tifosi viola che non erano andati allo stadio, potevano rivivere lì alcuni momenti. Torniamo alla Panini, al disegno commissionato da Franco Panini, quale era l’ordine? L’unica indicazione era che non fosse riconducibile a un’unica squadra. Per un po’ di tempo album e bustine avevano avuto l’immagine della rovesciata in bianco e nero, fatta da un altro collega dello studio, una sorta di fumetto. Ora però si voleva qualcosa di diverso, un dipinto a tutti gli effetti. Così ci inventammo questa maglietta amaranto, calzoncini bianchi, calzettoni neri con strisce gialle. L’album dei ricordi di Nevio Scala e il suo Parma dei miracoli: «Puntavo all’anima dei calciatori» È diventata l’icona del calcio italiano, stampata milioni e milioni di volte. Quanto hai guadagnato tu, per questa opera “mondiale”? Nemmeno una lira, ovviamente e giustamente. Non era nulla di eccezionale, ero un dipendente, mi era stato dato un compito, l’avevo eseguito, impegnandomi ma come in altre mansioni, non dico routine ma quasi. Non stava scritto da nessuna parte che mi dovevano riconoscere qualcosa. Dico di più: per me era un onore averlo fatto. Oggi sarebbe impensabile, diventerebbe cibo per avvocati ed esperti di diritti d’immagine e d’autore. Forse, ma allora era così. Nessuno di noi pensava che quell’immagine potesse avere il successo che ebbe e che l’azienda si espandesse in quel modo. Quando iniziammo a vedere la fila di camion con i rimorchi, arrivare e portare via casse di figurine, ci affacciavamo dalle finestre meravigliati. Ci dicevamo: ma porca miseria, pensa te…!