Da Decentraland a Horizon Worlds, da Fortnite a The Sandbox e altre ancora. Tutte le piattaforme che si sono attribuite l’etichetta di “metaverso” – gli ambienti digitali, aperti e immersivi in cui dovremmo trascorrere una parte crescente della nostra quotidianità – hanno goduto negli ultimi mesi di un’enorme esposizione mediatica, grazie alla presentazione con cui Mark Zuckerberg ha annunciato, nell’ottobre 2021, di voler puntare talmente tanto su questa innovazione da cambiare il nome di Facebook in Meta.

Tra successi veri, come Fortnite, e piattaforme che dietro le colossali campagne di marketing celano un mondo virtuale semi-disabitato, come Decentraland, troviamo anche un caso decisamente curioso.

Una delle piattaforme più diffuse e più utilizzate di questo neonato settore – il cui Ceo David Baszucki, parecchi mesi prima dell’annuncio di Zuckerberg, già spiegava che «alcune persone definiscono ‘metaverso’ ciò che stiamo costruendo» – è infatti anche l’unica piattaforma di cui potreste non aver mai sentito parlare (soprattutto se non avete figli giovanissimi): Roblox.

Il metaverso educativo

Nata nel 2006 dalla collaborazione di due ingegneri informatici, il già citato David Baszucki e lo scomparso Erik Cassel, Roblox nasce come sistema educativo per insegnare ai giovanissimi i rudimenti della programmazione di videogame, impiegando a questo scopo degli strumenti molto semplici e coinvolgenti, ma che offrono a qualunque novello game-designer la possibilità di creare videogiochi di ogni tipo.

L’estetica grossolana e la giocabilità elementare della maggior parte dei giochi creati dagli utenti hanno tenuto a debita distanza gli adulti (il che probabilmente spiega la sua scarsa copertura mediatica), ma bambine e bambini di tutto il mondo si sono rapidamente innamorati di uno strumento che consente loro di avere accesso a un flusso costante di nuovi giochi (che in Roblox sono chiamati “esperienze”).

All’interno di Roblox sono oggi presenti circa 40 milioni di queste esperienze, create dalla parte più attiva degli oltre 200 milioni di utenti attivi mensilmente, la cui età media si aggira attorno ai 12 anni.

A differenza di quanto avviene solitamente con videogiochi e simili (soprattutto se utilizzati da giovanissimi), Roblox è stato da più parti lodato per le sue caratteristiche educative, che rendono possibile ai preadolescenti apprendere le basi della programmazione, stimolandone anche la creatività. Una sorta di Lego dell’epoca digitale (di cui infatti riprende anche parecchi elementi grafici).

Per quanto neanche Roblox rappresenti un vero e proprio metaverso (che oggi ancora non esiste), è sicuramente ciò che oggi più gli assomiglia: i giocatori possono infatti saltare da un’esperienza all’altra conservando sempre la stessa identità digitale (che diventa quindi un “sé virtuale”), mantenendo i propri beni digitali e invitando i

loro amici a seguirli.

L’economia del Roblox

In tutti gli ambienti di Roblox si utilizza inoltre la stessa moneta virtuale, chiamata Robux. Infine, Roblox può essere usato anche in realtà virtuale, nonostante sia più popolare il suo utilizzo su smartphone o PC.

Per gli utenti, la possibilità di guadagnare con Roblox è legata soprattutto alla creazione di esperienze di successo. Queste, infatti, possono essere giocate gratuitamente, a pagamento (per esempio, versando un canone settimanale) oppure in modalità freemium, in cui l’accesso è gratis ma si possono poi acquistare accessori o poteri aggiuntivi per vivere l’esperienza al meglio.

I creatori dei giochi ottengono il 70 per cento delle transazioni che avvengono al loro interno e che si effettuano con la moneta nativa Robux, che dev’essere acquistata con, e può essere riconvertita in, denaro tradizionale.

Nel corso del 2020 (e nel frattempo i numeri potrebbero essere nettamente cresciuti), l’azienda Roblox ha versato qualcosa come 328 milioni di dollari agli utenti-programmatori, di cui 32 hanno guadagnato oltre un milione di dollari.

A mettere insieme entrate corpose sono però poche esperienze di grande successo: solamente mille giochi hanno generato almeno 30mila dollari.

Il caso caso più celebre è invece quello dei 24enni Max Entwistle e Simon Burgess, che si sono conosciuti su Roblox quando avevano 12 anni e hanno dato vita a un gioco – SharkBite – che ogni anno genera svariati milioni di dollari.

In tutto questo, però, ci sono anche dei lati oscuri che solo recentemente hanno iniziato a essere indagati. Uno dei più emblematici è stato raccontato dal Guardian e ha come protagonista Anna, una ragazzina dello Utah che a dieci anni ha creato il suo primo videogioco su Roblox, ottenendo un discreto successo tra gli utenti della piattaforma.

Il suo lavoro ha attirato col tempo l’attenzione di alcuni programmatori ventenni più esperti, che le hanno proposto di entrare a far parte del loro team e di lavorare su progetti più ambiziosi, promettendole il 10 per cento dei guadagni.

Uno dei progetti del gruppo ha avuto un grande successo e Anna si è ritrovata, a 16 anni, a guadagnare decine di migliaia di dollari al mese.

Il suo lavoro, però, non era regolato in alcun modo: tutti i guadagni le venivano versati dai “colleghi” che avevano in gestione l’account a cui Roblox versava il denaro.

E i colleghi, da un giorno all’altro, hanno deciso di cambiare gli accordi: Anna non avrebbe più ricevuto il 10 per cento dei guadagni, ma un compenso fisso che avrebbe di fatto dimezzato le sue entrate.

Anna ha così scoperto all’improvviso di essere una lavoratrice minorenne, priva di qualunque diritto e indifesa di fronte ai soprusi dei superiori. I suoi tentativi di chiamare in causa qualche addetto di Roblox si sono rivelati completamente inutili.

Minorenni e digitalmente sfruttati

Quello di Anna non è affatto l’unico caso: il 16enne dell’Ontario Regan Green si è unito a Roblox quando aveva soltanto sei anni. Nel 2017, all’età di 12 anni, si è ritrovato a lavorare a un progetto con protagonista una versione non ufficiale di Sonic, uno dei suoi personaggi preferiti dei videogiochi.

Quello che però era cominciato come un hobby si è presto trasformato in un lavoro in cui i “superiori” chiedevano a Regan di lavorare per orari lunghissimi, affidandogli responsabilità sempre maggiori e provocandogli – come ha raccontato sempre al Guardian – “problemi a livello di salute mentale e burnout”.

Un vero e proprio sfruttamento minorile dell’epoca digitale e nel cuore dell’Occidente, di cui ci sono parecchie altre testimonianze e che per lungo tempo è sembrato non essere preso sul serio dai responsabili della piattaforma.

Per certi versi, Roblox – scrive ancora il Guardian – «è un enorme esperimento che ha lo scopo di replicare i luoghi di lavoro e le dinamiche economiche degli adulti con una base utenti che, fino a poco fa, era costituita in maniera predominante da ragazzini al di sotto dei 13 anni».

Una sorta di via di mezzo tra un videogioco e un incubatore di startup, dove però spesso i dipendenti sono ancora bambini e non abbastanza tutelati.

Anche il Talent Hub di Roblox mette in mostra le stesse criticità: questa sezione del sito è una sorta di Linkedin per i creatori di giochi della piattaforma, che qui possono mettere in mostra le loro abilità e trovare progetti su cui lavorare.

Non è richiesta nessuna verifica dell’età, non ci sono consigli su come difendersi da abusi o sull’importanza dei contratti, non vengono offerti strumenti per risolvere eventuali dispute. Invece di offrire maggiori tutele – essendo frequentato da bambini – Roblox sembra abituarli già dall’infanzia alla più totale deregolamentazione del mercato.

«Se stai facendo dei prodotti per ragazzini, non è sufficiente che tu li faccia altrettanto bene di quanto li faresti per degli adulti: devi offrire più sicurezza e più attenzione», ha spiegato in un video-inchiesta, pubblicato nell’agosto 2021 su YouTube, il giornalista Quintin Smith, che per primo ha sollevato il problema dello sfruttamento di bambini su Roblox.

Nelle loro testimonianze, però, tutti i ragazzini che hanno vissuto simili esperienze di sfruttamento hanno lamentato l’estrema difficoltà di trovare qualcuno di interno alla piattaforma a cui rivolgersi per ottenere supporto e aiuto.

Pur senza entrare nel merito dello sfruttamento di manodopera minorile, nel novembre scorso David Baszucki ha rassicurato gli investitori spiegando loro di aver assoldato oltre 2mila moderatori di contenuti e di aver implementato nuove funzionalità che limitano, per esempio, quanto i ragazzini possono spendere su Roblox, per evitare che i genitori si ritrovino a dover pagare conti stratosferici.

È un ulteriore conferma di ciò che gli addetti ai lavori affermano da tempo: altro che social network, nel “metaverso” le problematiche legate alla moderazione dei comportamenti diventeranno incredibilmente più ostiche.

© Riproduzione riservata