Quando si pensa ai luoghi simbolo per l’innovazione tecnologica, l’Etiopia non è il primo posto che viene in mente. Nella nazione del Corno d’Africa, il cui nord è attualmente attraversato da gravi scontri etnici, solo il 18 per cento della popolazione è connesso a internet. L’accesso alla rete, negli ultimi anni, è stato inoltre più volte ostacolato dai blackout di stampo governativo, che hanno impedito le comunicazioni nelle zone più turbolente del paese.

Eppure è proprio qui, in Etiopia, che alcune promesse potenzialità della blockchain potrebbero finalmente trovare una loro concreta applicazione. La tecnologia del registro distribuito, nota per essere alla base dei bitcoin, verrà infatti impiegata in 3.500 scuole del paese per fornire agli studenti una sorta di carta d’identità digitale (chiamata Atala Prism), utilizzabile dal ministero dell’Istruzione per tenere traccia delle performance scolastiche e individuare i migliori talenti, per permettere agli studenti di avere sempre accesso ai dati, per consentire al governo di distribuire le risorse in base alle necessità e anche per combattere le frodi accademiche, talmente diffuse nel paese che – secondo quanto affermato dal responsabile del progetto, l’etiope-britannico John O’Connor – molte università occidentali non ne riconoscono gli attestati scolastici. Dalla carta con cui oggi vengono archiviati tutti i documenti scolastici del paese (rendendo praticamente impossibile avere una panoramica della situazione scolastica), si passerebbe quindi direttamente alla digitalizzazione, trasmissione e archiviazione tramite blockchain, con tutti i vantaggi che ne derivano in termini di sicurezza e non solo. A guidare il progetto, che dovrebbe partire dal gennaio 2022 ma di cui ancora non sono stati rivelati numerosi dettagli, è Input Output, società fondata da Charles Hoskinson e responsabile di Cardano, quarta criptovaluta per capitalizzazione di mercato (46mila miliardi di dollari) e sulla cui blockchain sarà ospitato il progetto Atala Prism.

In un momento in cui – a causa dei timori legati al loro impatto ambientale e del giro di vite in Cina – il valore complessivo dei bitcoin e delle altre criptovalute sta precipitando, Cardano punta a distinguersi in quanto criptovaluta etica e sostenibile.

Etica e sostenibile

Tra aprile e maggio, Input Output ha infatti organizzato l’evento Cardano Africa Special, durante il quale, oltre al progetto etiope, sono state rivelate altre partnership, tra qui quella che punta a fornire alla Tanzania un sistema di collegamenti internet basato su blockchain e alimentato con energie rinnovabili.

A giudicare dai numeri messi a segno, l’etichetta di criptovaluta etica sembrerebbe funzionare: pur considerando il recente crollo di mercato, Cardano negli ultimi sei mesi è cresciuta addirittura dell’800 per cento, contro il comunque impressionante +260 per cento messo a segno da Ethereum e il +92 per cento dei bitcoin. Cardano, in poche parole, si sta rapidamente imponendo come una delle più promettenti realtà del settore, anche per merito dei progetti con cui punta a trasportare l’Africa, continente la cui infrastruttura di rete è ancora poco sviluppata, direttamente nel mondo dell’internet 3.0 basato su blockchain.

Realtà o marketing? Per quanto i progetti di Cardano in Africa siano ufficialmente supportati dalle principali istituzioni dei paesi coinvolti (a partire dal ministero dell’Istruzione etiope), un po’ di scetticismo è d’obbligo. Già in passato abbiamo visto realtà del mondo blockchain (come Ripple o Stellar) promettere grandi rivoluzioni tecnologiche a vantaggio delle aree meno ricche del mondo senza che poi nulla, o quasi, si concretizzasse.

Allo stesso tempo, è possibile che non sia stata l’etichetta di “criptovaluta etica” a far salire alle stelle il valore di Cardano, le cui applicazioni più evidenti riguardano semmai gli Nft (il certificato di proprietà di opere digitali basato su blockchain) e la DeFi (la “finanza decentralizzata” in cui al momento sono investiti a livello globale 50mila miliardi di dollari). Cardano si caratterizza quindi come un potenziale concorrente di Ethereum, attualmente leader indiscusso sia nel campo degli Nft sia della DeFi.

Ethereum, però, ha un grosso punto debole: è lento e consuma troppo, qualcosa come 52 terawatt l’anno (poco meno della Grecia). La causa è sempre la stessa: proprio come i bitcoin, anche la seconda blockchain per diffusione funziona con il sistema della proof-of-work. Per coniare digitalmente le criptovalute viene indetta una gara tra tutti i computer che partecipano alla rete, che sono chiamati a risolvere per primi dei complicatissimi puzzle matematici. Per aumentare la probabilità di vincere la gara, si utilizzano strumenti professionali sempre più potenti e organizzati in vere e proprie fabbriche, facendo salire alle stelle il consumo di energia.

Cardano ha invece già implementato un nuovo meccanismo, detto proof-of-stake, che Ethereum sta ancora solo sperimentando. Per partecipare a questo sistema non è più necessaria l’energivora competizione tra computer, ma è sufficiente depositare una somma di criptovalute come cauzione. Maggiore è il valore depositato, più sale la possibilità di essere selezionati per confermare la validità della transazione che sta avvenendo sulla blockchain e ottenere così in ricompensa delle nuove monete digitali.

Smart contracts

La proof-of-stake, facendo piazza pulita di una competizione basata sulle prestazioni dei computer, promette di tagliare le emissioni del 99 per cento.

Non solo: sulla blockchain di Cardano è possibile eseguire oltre 250 operazioni al secondo (altre fonti sostengono si possa arrivare fino a mille), contro le attuali sette dei bitcoin e 15/20 di Ethereum, le cui reti rischiano quindi di ingolfarsi ogni volta che il mercato va in fibrillazione o un’applicazione ha particolare successo (come avvenuto recentemente con il boom degli Nft). Strettamente legato a questo aspetto è quello del costo delle transazioni: al momento, secondo i dati della testata specializzata CoinDesk, uno scambio su Ethereum costa in media oltre 20 dollari, contro i 28 centesimi di Cardano.

«Cardano diventerà probabilmente un concorrente di Ethereum», ha dichiarato Nigel Green, ceo della società di consulenza finanziaria deVere. «Non solo ha più probabilità di venire impiegata come moneta, ma la sua blockchain può anche essere utilizzata per creare smart contracts e applicazioni decentralizzate. Inoltre, è notevolmente più scalabile di Ethereum».

Gli smart contracts sono strumenti in grado, tra le altre cose, di regolare automaticamente la compravendita dei certificati di proprietà di arte digitale (Nft) o i prestiti via blockchain che fanno la parte del leone nella finanza decentralizzata. Fino a oggi, Ethereum è stata protagonista in questi settori, ma alcuni esperti prevedono che numerose realtà potrebbero in futuro migrare su Cardano, soprattutto se il previsto passaggio di Ethereum al sistema sostenibile della proof-of-stake dovesse tardare ancora a lungo.

Si tratta però solo di prospettive future: per cercare di spodestare Ethereum, Cardano deve prima dimostrare concretamente le sue potenzialità. Al momento, buona parte del network è infatti in fase di sviluppo e le funzionalità ancora parecchio limitate (gli smart contracts, per esempio, sono previsti a breve ma non ancora implementati).

Secondo un’analisi condotta sul sito del Nasdaq, potrebbero volerci ancora mesi, se non anni, prima che il network di Cardano venga completamente sviluppato; mentre Ethereum, pur con i suoi limiti, è in funzione già da anni. Ethereum gode quindi di un vantaggio significativo: se riuscisse a transitare, come promesso, verso un sistema più sostenibile e più scalabile in tempi brevi, il distacco su Cardano potrebbe farsi troppo ampio per essere colmato, indipendentemente dalla superiorità tecnologica di quest’ultima. E poi, ovviamente, c’è l’incognita più grande di tutte: le criptovalute sopravviveranno alle attuali difficoltà oppure il fatto di essere ormai associate a consumi insostenibili, pagamento di riscatti milionari ad hacker, far west finanziario e compravendita di merce illegale sul dark web rischia di compromettere definitivamente la fiducia nei loro confronti?

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