Volodymyr Yermolenko è un filosofo, scrittore e giornalista ucraino, direttore della pubblicazione in lingua inglese Ukraine World. In questa intervista parla dell’identità del popolo ucraino, delle differenze culturali e politiche con la Russia, del rapporto fra Kiev e l’ethos democratico e del tentativo disperato di Putin di restaurare una visione imperiale della Russia.

Vladimir Putin parla di due nazioni “sorelle” per giustificare l’invasione russa dell’Ucraina. È solo propaganda?

Ha detto anche che russi e ucraini – e bielorussi – fanno parte di un’unica nazione. Una visione arcaica. L’Urss riconosceva la differenza tra gli ucraini, i bielorussi e i russi ma Putin cerca di tornare indietro ai tempi dell’impero russo, che negava il diritto all’esistenza dell’Ucraina.

La logica è che se sono la stessa nazione, allora tutti gli sforzi ucraini per cercare di sviluppare una propria cultura e identità, dovrebbero essere annientati. Non a caso vediamo una retorica che dipinge tutti gli ucraini e tutti quelli che non vogliono essere russi come nazisti.

Però la cultura, la lingua e la storia della Russia e dell’Ucraina hanno molto in comune. È vero?

È come dire che l’italiano e il francese siano la stessa lingua o che gli italiani e gli spagnoli abbiano la stessa cultura. Ucraino e russo appartengono allo stesso gruppo slavo, ma sono lingue diverse.

Durante l’epoca sovietica c’è stato un grande tentativo di adattare artificialmente la lingua ucraina al russo, attraverso i vocabolari, il lavoro di televisioni e media statali. Tanto che alla fine l’ucraino era più vicino al russo. Ora, tuttavia, c’è una rinascita del linguaggio ucraino. Per il resto ci sono molte differenze culturali, letterarie, musicali.

Volodymyr Yermolenko

E invece a livello politico?

I russi considerano uno degli elementi della statualità russa il medievale “Kievan Rus”. Ma era una specie di proto stato, volendo da lì si può tracciare anche la storia ucraina o quella bielorussa. Lo stesso si potrebbe dire per l’Italia: l’impero carolingio comprendeva alcune terre italiane, ma anche francesi o tedesche. Ma nessuno pretende che l’Italia appartenga alla Francia a causa dell’impero carolingio. I russi affermano una cosa simile, e manipolano la storia.

Inoltre, politicamente, lo stato proto ucraino nel medioevo o nella prima età moderna si basava su pluralità e una certa democrazia. E per molti versi è simile alla storia italiana, perché nel medioevo era divisa tra molte città-stato: in Italia c’erano Napoli, Torino, Firenze, mentre in Ucraina c’era Kyiv, Chernihiv, Leopoli. Una pluralità che ha determinato la visione politica ucraina, basata sull’idea di comunità locali che si integrano, formando una statualità.

Sono differenze sociali che si vedono anche nel rapporto con i leader.

Gli ucraini sono spesso scettici e critici nei confronti dei loro leader o del loro presidente, cioè la figura che in passato chiamavamo “hetman”. La società ucraina è una struttura che va dal basso verso l’alto, che quindi parte dalla pluralità di comunità diverse e arriva poi alla leadership. La cultura politica russa, al contrario, parte dall’alto, dipende dal leader o dallo zar.

Gli ucraini anche durante la guerra potrebbero essere molto critici nei confronti del presidente, anche se ora è piuttosto popolare. In Russia no. La cultura politica ucraina, quindi, è storicamente molto più democratica e anti tirannica, quella russa è invece monarchica.

Per l’identità ucraina quanto conta il fattore religioso e confessionale?

La chiesa è tra le istituzioni più fidate. Molto più popolare dei politici, anche se meno dell’esercito. Un ruolo importante che non è quello tossico svolto dalla chiesa russa. Oggi c’è un grande esodo di persone dalla chiesa russa verso la nuova chiesa ortodossa ucraina, legata al patriarcato di Costantinopoli e non a quello di Mosca.

Ma nella società ucraina, anche altre chiese svolgono un ruolo importante: i greco-cattolici, i cattolici romani, i protestanti, l’islam – vista la presenza dei tatari – ma anche la religione ebraica. Abbiamo grandi comunità ebraiche. In un certo senso l’Ucraina collega tutte le religioni.

Cosa significa essere ucraini oggi, nel mezzo della guerra?

Significa lottare contro il putinismo, un ibrido tra fascismo e stalinismo, per la propria indipendenza e sovranità, lottare per l’Europa. Significa porsi di fronte a una questione amletica: essere o non essere. E non riguarda solo l’Ucraina, ma riguarda l’Europa, perché la Russia non si fermerà.

La guerra ha contribuito a far emergere un forte sentimento nazionalistico in Ucraina.

In realtà non lo chiamerei nazionalismo. I nazionalisti sono quelli che ritengono la propria nazione migliore delle altre. Gli ucraini non fanno discorsi simili. Siamo sempre più anti russi perché ci stanno uccidendo e invadendo. Non solo ora, per secoli hanno cercato di cancellare la nostra cultura e identità.

Lo chiamerei una sorta di patriottismo, che non è solo il voler difendere il nostro paese. Gli ucraini stanno combattendo contro un autoritarismo che ignora i diritti. In Ucraina non abbiamo solo uno spirito patriottico, ma anche un sentimento democratico.

È un processo nato negli ultimi decenni? Quanto hanno influito gli eventi dell’Euromaidan?

C’è sempre stato. Se si osserva la letteratura ucraina del Diciannovesimo secolo si trova questo patriottismo o la critica all’imperialismo russo, ma anche se si guarda al Ventesimo secolo, quando gli ucraini ottennero l’indipendenza, oppure nel periodo dell’Unione sovietica, si vedrà che è presente questo tipo di scetticismo verso la Russia.

Ovviamente sta riemergendo dopo l’indipendenza, perché molti ucraini hanno iniziato a conoscere ciò che è successo in epoca sovietica, dei 4 milioni di contadini che sono morti di fame a causa delle politiche di Stalin.

Ma non è solo una coscienza nazionale, è anche lotta per la democrazia: gli ucraini combattono contro i russi ma stanno combattendo anche per i valori democratici, come hanno fatto nella rivoluzione arancione o Euromaidan. Più la Russia attacca i territori ucraini, più questo movimento, questa coscienza nazionale si rafforza.

Un patriottismo che sta venendo fuori in questi mesi di guerra, oltre ovviamente alla volontà di sopravvivere.

È una cosa normale, se qualcuno invade il tuo paese, bombarda le tue città, uccide, tortura o violenta i civili. La gente lo sta vedendo non solo attraverso i media, ma con i propri occhi. Molte persone hanno perso parenti, mariti, mogli, figli. Come possono reagire gli ucraini? Con rabbia, una rabbia furiosa. Per questo la gente si arruola e prende le armi, per difendere la propria terra. Non c’è niente di soprannaturale.

Tra i piani del Cremlino nei primi giorni del conflitto c’era una sostituzione rapida della leadership ucraina con una filorussa. Ha sottovalutato la forza della popolazione?

Penso che i russi siano diventati vittime della loro stessa disinformazione. Hanno creato in Ucraina una rete con partiti filorussi e canali televisivi e pensavano che ciò avrebbe preparato il colpo di stato. Ma la popolarità dei filorussi o di chi lavorava al soldo di Mosca per promuovere la retorica anti ucraina e anti occidentale diminuiva giorno dopo giorno.

Non possono mettere un dittatore o creare un regime a livello nazionale. A meno che non inizino a uccidere decine di migliaia di persone, come hanno fatto tra l’altro durante il regime di Stalin o durante l’impero russo.

L’accusa che si rivolge agli ucraini è che dietro alla bandiera del patriottismo e del nazionalismo ci siano in realtà i neonazisti. Quanto c’è di vero?

È tutta propaganda russa. I partiti ucraini di estrema destra hanno ottenuto il 2 per cento alle ultime elezioni e non sono entrati in parlamento. In molti paesi europei l’estrema destra aspira addirittura alla presidenza.

I russi parlano del battaglione Azov, che ora difende eroicamente Mariupol. Sono presenti dal 2014 e non ci sono notizie di torture o persecuzione nei confronti del popolo russo, tra l’altro molte persone del battaglione Azov sono di lingua russa. I russi hanno ucciso decine di migliaia di civili, scavano fosse comuni, non hanno permesso i corridoi umanitari. La domanda è: chi sono i nazisti?

Alla fine della guerra la leadership politica ucraina riuscirà a gestire i rischi derivanti da un elevato patriottismo nel paese?

L’Ucraina è una nazione tranquilla, gli ucraini sono moderati, ed è ancora una nazione bilingue, molti parlano russo. Non bisogna sopravvalutare il ruolo della leadership perché è solo uno specchio della società ucraina. Il punto di forza del paese è la mobilitazione volontaria popolare e la società civile. Non si tratta solo di Zelensky e della sua cerchia. Se non avessero questa mobilitazione sociale alle spalle, non potrebbero fare nulla.

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