Quello che succede in Antartide, a oltre 15mila chilometri di distanza dall'Italia, difficilmente entra nel ciclo delle notizie, perché ha grandi conseguenze per il futuro, ma quasi nessuna sul presente. I nuovi dati arrivati dal ghiaccio marino intorno al Polo Sud sono però preoccupanti.

Nella scienza del clima viene di solito prestata più attenzione a quello che succede all'estremo nord, in Artico, dove gli effetti del riscaldamento globale sono molto più osservabili, l'estensione estiva del ghiaccio crolla da diciassette anni di fila e potremmo essere a un decennio di distanza da estati senza ghiaccio. Da qualche anno però anche l'Antartide ha iniziato a scricchiolare.

Secondo i dati preliminari del National Snow and Ice Data Center il ghiaccio marino intorno al Polo Sud ha raggiunto il suo massimo stagionale invernale e non era mai stato così basso: 16,96 milioni di chilometri quadrati, il livello più basso più da quando esistono le rilevazioni satellitari.

Per la prima volta è sotto la soglia di 17 milioni di chilometri quadrati ed è di un milione di chilometri quadrati più basso del precedente record (1986). Inoltre, il picco invernale è stato raggiunto con tredici giorni di anticipo rispetto alla media del trentennio di riferimento. Insomma, c'è stato molto meno ghiaccio del normale in un inverno più corto di quasi due settimane.

Sembrano numeri grandi ma astratti. In Antartide il ghiaccio marino cresce e fonde col ritmo delle stagioni, raggiunge il minimo verso febbraio e il massimo a settembre. Misurare questi punti è un indicatore decisivo sulla salute climatica di un'area che fino a qualche anno fa consideravamo climaticamente «sicura», o almeno più sicura del Polo Nord.

Questa animazione della Nasa mostra la riduzione della superficie di ghiaccio dell'Antartide dal 2002 al 2023. Gli studi dimostrano che in due decenni l'Antartide ha perso circa 150 gigatoni (miliardi di tonnellate) ogni anno, causando un innalzamento del livello del mare di 0,4 millimetri all'anno. Nell'animazione, le ombre rosse e arancioni indicano le aree che hanno perso massa di ghiaccio, mentre quelle blu indicano le aree in cui la massa di ghiaccio è aumentata. Il bianco indica le aree in cui i cambiamenti sono stati trascurabili. In particolare, le aree ad Est sono state caratterizzate da modesti aumenti, dovute all'accomulazione delle neve. A fronte dei quali si sono registrate ben più significative perdite di ghiaccio all'Ovest, indicate in rosso scuro ( NASA and JPL/Caltech

Trend invertito

Mentre l'Artico è un mare ghiacciato circondato dalla terra, l'Antartide è un continente circondato dal ghiaccio e dal mare. Questo ha reso il primo molto più sensibile al riscaldamento globale rispetto al secondo, ma ora gli effetti stanno arrivando anche lì.

Fino al 2016 il ghiaccio marino intorno all'Antartide aveva addirittura avuto un trend di crescita, poi qualcosa ha iniziato a cambiare e anche qui ha iniziato a vedersi il segnale del riscaldamento dell'atmosfera e degli oceani.

Entrambi i livelli (minimo e massimo stagionale) non erano mai stati così bassi in Antartide come nelle ultime rilevazioni, è lo stesso motivo per cui la stagione della riproduzione per i pinguini imperatore è stata devastante e migliaia di pulcini sono morti: non c'era abbastanza ghiaccio, soprattutto non dove gli animali per istinto si aspettavano ci fosse.

Secondo i ricercatori siamo di fronte a un mix di variabilità annuale e crisi climatica. Nel suo linguaggio felpato e prudente, il comunicato del National Snow and Ice Data Center spiega che questo effetto «potrebbe essere collegato al riscaldamento dello strato più superficiale dell'oceano» e che «c'è la preoccupazione che questo potrebbe essere l'inizio di una tendenza di declino a lungo termine del ghiaccio marino in Antartide, dal momento che gli oceani si stanno riscaldando globalmente».

Se questo effetto dovesse durare anche nel 2024 (e con il potenziamento portato dal fatto che entriamo in un ciclo di El Niño le probabilità sono alte) «la costa dell'Antartide potrebbe trovarsi molto esposta».

Le crepe

Al di fuori delle note ufficiali, i toni sono più preoccupati. Il capo del National Snow and Ice Data Center Walt Meier ha decodificato così i nuovi dati parlando con Reuters: «Questa non è solo un'annata da record. È un'annata da record estrema». E ha aggiunto, parlando di questo milione di chilometri quadrati di ghiaccio in meno rispetto ai livelli normali: «È molto oltre quello che chiunque di noi abbia mai visto, è sconvolgente».

L'aumento di instabilità in Antartide potrebbe avere conseguenze imprevedibili, il ghiaccio del continente contribuisce a regolare la temperatura di tutto il pianeta, riflettendo la luce del sole e raffreddando le acque oceaniche, oltre a proteggere il continente stesso.

La perdita di ghiaccio marino in Antartide non contribuisce all'innalzamento del livello mare, ma quella del ghiaccio terrestre che sta lì a proteggere sì: negli ultimi trent'anni questa perdita ha già contribuito a far crescere il livello dei mari di 7,2 millimetri.

Se cedesse quel ghiaccio terrestre, l'Antartide entrerebbe di sicuro nel ciclo delle notizie. Nell'ultimo anno le più preoccupanti sono quelle arrivate dal ghiacciaio Thwaites (o «ghiacciaio dell'apocalisse», come è stato rinominato dagli scienziati), un gigante grande più o meno della metà dell'Italia, che negli ultimi anni è diventato sempre più instabile e che già oggi contribuisce al quattro per cento dell'innalzamento del livello dei mari.

Le immagini mostrate quest'anno all'American Geophysical Union hanno mostrato che si stanno creando delle crepe sempre più vistose nella parte più esterna del ghiacciaio, sono state paragonate a quelle che si formano sul parabrezza di un'automobile, frutto dell'erosione portata alla sua base dall'oceano più caldo del normale. Il rischio che questo ghiacciaio collassi non è più considerato remoto.  

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