Care lettrici e cari lettori di Domani, negli ultimi dieci anni abbiamo perso il 91 per cento delle stelle marine girasole, tra le più grandi stelle marine che ci siano negli oceani, a causa di una malattia i cui effetti sono aggravati dal riscaldamento globale. Questa è Areale, una newsletter settimanale sulla crisi climatica e le sue soluzioni, e quindi proveremo anche a dare buone notizie (iscriviti qui, è gratis).

La domanda più politica di tutte

Oggi è la Giornata mondiale dell'ambiente (auguri!) e la prima buona notizia è questa: mentre leggete (almeno, mentre leggete se avete l'abitudine di non procrastinare l'apertura delle newsletter) un gruppo di attiviste e attivisti sta presentando a Roma il primo contenzioso climatico italiano, una causa contro lo Stato per la lentezza con cui viene affrontata l'emergenza. Ne leggerete più diffusamente domani su Domani (sempre bello dirlo) ma, senza violare embarghi, possiamo comunque fare una prima riflessione: i tribunali sono diventati uno spazio di azione climatica per cittadini e attivisti.

È successo in Germania, dove la Corte federale ha stabilito che la legge sul clima era troppo debole e violava i diritti dei giovani tedeschi. È successo in Francia, dove un tribunale ha dato ragione a quattro Ong (e oltre due milioni di cittadini a supporto): lo Stato non stava combattendo abbastanza i cambiamenti climatici né mantenendo le sue stesse promesse. Gli effetti sono stati per ora più simbolici in Francia e più concreti in Germania, dove il governo ha dovuto aggiornare la legge, senza dimenticare il caso Urgenda in Olanda, la prima vicenda di questo tipo con esito positivo. Perché c’è da dire che queste battaglie gli attivisti le stanno vincendo più o meno tutte. 

Ma cosa ci dice della politica il fatto che la domanda più politica di tutte - come salvare il futuro - venga ormai posta con più successo ai giudici che ai governi? Probabilmente niente di buono. Sicuramente ci sono i limiti personali di politici anziani e senza cultura ambientalista, ci sono quelli dei partiti tradizionali e meno tradizionali, ma c'è anche il fatto che il clima è un elemento difficile da inserire nell'equilibrio classico tra i poteri delle democrazie liberali. È una sfida per la quale le istituzioni classiche, nazionali e sovranazionali, stanno anche provando ad attrezzarsi, ma oltre ai problemi politici contingenti, sembra esserci un problema di scala. Il nostro non era un sistema pensato per affrontare una crisi ecologica globale, e l'esasperazione che ha aperto la filiera attivismo - tribunali è un sintomo chiaro di questo.

I giudici sono nella posizione di prendere decisioni radicali al posto dei governi, lenti, non capaci o imbrigliati. Infine, c'è un'altra categoria politica classica in crisi ed è il riformismo, l'idea che un risultato a metà sia sempre meglio di nessun risultato, perché tanto poi c'è sempre il tempo per aggiustare tutto. Ecco, il clima funziona in modo diverso, il tempo è la vera variabile scarsa e impazzita di tutta questa situazione, arrivare con calma e digerendo bene i cambiamenti vuol dire arrivare tardi. La causa italiana, che si chiama Giudizio universale (retorico ma in fondo bello), chiede un taglio di emissioni di oltre il 90 per cento entro il 2030. Dietro ci sono A Sud (che ne è prima promotrice), Fridays for Future, ma anche un personaggio più moderato come il climatologo Luca Mercalli.

Bombe galleggianti / 1

Il disastro della X-Press Pearl è la storia ambientale più importante del momento. Siamo ancora in quella fase in cui sappiamo di  essere di fronte a una catastrofe ma non è ancora chiara la scala di questa catastrofe. È sicuramente il peggior evento di questo tipo nella storia dello Sri Lanka. La principale preoccupazione non è più evitare i danni causati dalla perdita del cargo, in parte composto di materiali nocivi, ma evitare una «oil spill», la dispersione del carburante della X-Press Pearl, di un tipo così tossico da essere già vietato per la navigazione nelle acque di Artico e Antartide.

L'incidente è stato causato da un incendio a bordo. Come dicevo, dopo giorni a combatterlo si sono perse le speranza di salvare la nave, che era ancorata al largo di Colombo e stava aspettando di entrare in porto. Cosa è successo? X-Press Pearl batte bandiera di Singapore, era partita il 15 maggio da Hazira, in India, a bordo c'erano 81 container di merci pericolose per l'ambiente, tra cui 28 tonnellate di acido nitrico, la cui perdita ha causato il rogo. Sulla nave c'erano anche 80 tonnellate di plastica non biodegradabile in formato pellet, microplastiche che una volta disperse nell'ambiente vengono ingerite ed entrano nella catena alimentare.

Da giorni gli oltre 5mila pescherecci dell'area non possono più uscire in mare: pesca e turismo sono le attività economiche più minacciate da questo disastro. Le palline di plastica stanno arrivando sulle spiagge, le autorità hanno ordinato di non toccarle, potrebbero essere contaminate dagli agenti chimici. Questa parte del disastro non può più essere arginata, al momento l'orizzonte di intervento è evitare che le 300 tonnellate di carburante finiscano tutte in mare. X-Press Pearl era in ogni caso una delle tante bombe ecologiche galleggianti che transitano ogni giorno sugli oceani, il 10 per cento delle 5300 navi cargo trasporta materiali pericolosi come quelli di X-Press Pearl.

Bombe galleggianti / 2

Gli eventi dello Sri Lanka sono anche un buon modo per ricordarci un disastro in slow motion che si sta preparando da anni al largo dello Yemen. FOS Safer è una vecchia petroliera arrugginita abbandonata davanti allo Yemen, con più di un milione di barili di petrolio a bordo, a soli 6 chilometri dalla costa di un paese affetto da una delle peggiori crisi umanitarie al mondo. Greenpeace ha chiesto l'intervento delle Nazioni Unite, segnalando al mondo che la Safer (e mai nome potrebbe suonare più ironico) potrebbe spezzarsi o esplodere in qualsiasi momento, causando una perdita di petrolio tra le dieci peggiori della storia, quattro volte più grande del disastro Exxon Valdez in Alaska del 1989. La petroliera Safer era ancorata nel Mar Rosso meridionale come unità di carico e scarico, da quando è scoppiata la guerra non viene fatta più manutenzione, nessuno conosce lo stato dei sistemi di sicurezza a bordo. Probabilmente non ci sono più sistemi di sicurezza a bordo. E sperare che vada tutto bene non è più un’opzione.

La situazione della Safer è politicamente delicata, l'area è controllata dagli Houthi, che hanno in mano i porti di quel tratto di costa sul Mar Rosso, l'Onu ha chiesto il permesso di intervenire, che a quanto pare non è stato ancora concesso. Già un anno fa un'inchiesta della Associated Press aveva scoperto che l'acqua di mare era già entrata nei motori, danneggiando le tubature e aumentando il rischio che la nave affondi. Sarebbe un disastro ecologico e umanitario di proporzioni immani, non solo per il carico di petrolio a bordo, ma perché un collasso dell'area di pesca renderebbe ancora più precario l'accesso al cibo di 670mila persone in un territorio che già oggi soffre di un’enorme insicurezza alimentare.

In caso di incendio, l'aria diventerebbe irrespirabile non solo per tutta la popolazione dello Yemen ma anche per parte di quella dell'Arabia Saudita oltre confine. La Safer è una bomba, sappiamo che la miccia è innescata, non sappiamo quanto è lunga e quando succederà qualcosa di terribile. C'è ancora una finestra di tempo per intervenire, non sarà aperta a lungo.

La lunga marcia degli elefanti cinesi 

In Cina è in corso una vicenda surreale, per diversi motivi, e riguarda una quindicina di elefanti che hanno lasciato il proprio areale, per motivi probabilmente ecologici, e si sono messi in viaggio verso nord attraverso le province cinesi. Per i media locali la faccenda è diventata quasi un reality show da seguire in diretta, i quindici elefanti sono oggi i migranti climatici più famosi del mondo. Altro aspetto curioso della vicenda: la rotta del viaggio si dirige inesorabilmente verso la grande città di Kunming, capitale dello Yunnan, che non solo è un'area urbana da oltre otto milioni di persone, ma è anche dove si terrà a ottobre la prossima Cop sulla biodiversità. Sui social media i cinesi ormai scherzano sul fatto che questi elefanti hanno deciso di presentarsi come delegati alla Cop per far valere le proprie ragioni al tavolo dei negoziati. Magari è così. 

Battute a parte, c'è qualcosa di picaresco nell'avventura di questi elefanti, che hanno lasciato il proprio habitat a marzo del 2020, mentre la Cina era distratta dal Covid. A novembre si sono fermati a Pu'er, nello Yunnan, dove hanno accolto un nuovo membro del gruppo, perché una femmina ha partorito. Hanno trascorso l'inverno lì, poi sono ripartiti. Il viaggio (lungo 500 km finora) di così tanti elefanti ha causato paura nei villaggi e distruzione dei campi coltivati incontrati lungo la strada, il conto del giretto secondo la Tv di Stato China Central Television ha già superato il milione di dollari. Perché se ne sono andati? L'intenso sviluppo umano intorno al loro habitat ne ha esasperato la frammentazione, si sono perse le zone di transizione che possono assorbire il movimento di animali che hanno bisogno di molto spazio.

Secondo il Global Times, nel 1976 gli elefanti dello Yunnan avevano il quadruplo dello spazio che hanno oggi. ​Insomma, si sono trovati presto in un territorio non più familiare e da allora sono in viaggio, alla ricerca di qualcosa. Al momento sono a 50 km da Kunming, la città sta provando a prepararsi al loro improbabile ingresso: è difficile che decidano di entrare in una zona così popolata e rumorosa. Ma finora è stato anche difficile riportarli a sud, verso casa, nonostante le autorità ci abbiano provato in ogni modo, con esche e blocchi.
Chiudiamo con un po’ di bellezza. Ad agosto esce per Quinto Quarto Edizioni Uccelli dei mari del nord, un oggetto che ancora non sapete di desiderare intensamente, una guida illustrata all’avifauna islandese, scritto e illustrato da Hjörleifur Hjartarson e Rán Flygenring (tradotto da Silvia Cosimini). 

È un buon modo per salutarci con il disegno di uno smergo minore. 

Anche per questo numero di Areale è tutto, vi rinnovo gli auguri di una buona giornata dell'ambiente, se avete considerazioni, suggerimenti, segnalazioni, messaggi di affetto, richiami per sterne artiche, avvistamenti di elefanti dello Yunnan, potete scrivere a me (ferdinando.cotugno@gmail), oppure a Domani  (lettori@editorialedomani.it).

Ci leggiamo e scriviamo la settimana prossima, a presto!

Ferdinando Cotugno

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