Se leggete questo articolo sul giornale comprato in edicola, da oggi la carta che avete sotto le dita è diversa da quella a cui siete abituati comprando Domani. Abbiamo dovuto cambiarne la grammatura, cioè la massa, che dà la sensazione di spessore al tatto e che da oggi è passata da 52 a 42 grammi.

Lo abbiamo fatto per un semplice motivo: quella più pregiata da 52 grammi, che faceva parte della strategia di questo quotidiano dal suo arrivo in edicola, è diventata introvabile sul mercato. Il settore della carta grafica, quella con cui si fanno giornali, riviste e libri, sta vivendo quella che gli operatori definiscono una tempesta perfetta, nella quale si intrecciano gli aumenti dei costi delle materie prime, quelli dell'energia e l'evoluzione stessa della nostra società.

Per chi vive di stampa, il mercato sul quale comprare la carta sta diventando sempre più difficile da navigare: i costi sono saliti ma soprattutto il materiale su cui stampare è molto meno reperibile.

Da un lato ci sono i problemi che stanno affrontando tutte le industrie energivore (come le cartiere) e dalle catene di forniture globali: da un decennio, per esempio, nessuna azienda italiana produce più carta per quotidiani, che va comprata quindi all'estero, soprattutto sul mercato scandinavo. Inoltre la cellulosa, cioè la materia prima, arriva per il 90 per cento dal mercato internazionale, viaggiando soprattutto Sudamerica ed Europa del nord.

Stili di vita

C'è però un altro aspetto che è più specifico di questo settore: la concorrenza per la carta con altri stili di vita e modi di consumare. «Il contesto è che sia in Italia che in Europa sempre più aziende passano dalla produzione di carte grafiche al cartone per gli imballaggi», spiega Massimo Medugno, direttore generale di Assocarta, l'associazione che riunisce le imprese italiane di settore, osservatorio ideale per cogliere questi cambiamenti.

«I produttori di carta seguono quello che accade nel mercato finale e le attitudini nella società. Fino a dieci anni fa la produzione di carta grafica era ancora la nobiltà del settore e sfiorava il 50 per cento del totale. Oggi è crollata al 25 per cento e la famiglia più grande è diventata quella dell'imballaggio».

Il dilemma che hanno avuto davanti le cartiere italiane ed europee era semplice: da un lato il declino della carta che si usa per stampare prodotti con sempre meno lettori, dall'altro l'esplosione dell'e-commerce, con la sua fame di cartone e imballaggi.

Lavorare per i giornali o lavorare per Amazon: dal punto di vista industriale non c'era da pensarci troppo. «Nei due anni prima della pandemia c'è stato il massimo del disinvestimento italiano nel settore delle carte grafiche».

La conversione industriale di una cartiera per mettersi a fare imballaggi richiede pochi mesi e investimenti limitati, non si devono nemmeno necessariamente comprare nuovi macchinari, basta adattare quelli esistenti. E così dal mercato italiano sono sparite in un pochi anni 1,6 milioni di tonnellate di carta per fare giornali e libri.

La cartiera di Avezzano del gruppo Burgo faceva carte patinate per usi grafici e ha convertito nel 2018 le sue 200mila tonnellate di produzione in cartone ondulato per pacchi.

La Cartiera di Mantova è stata l'ultima in Italia a fare carta per quotidiani, quella linea ha chiuso nel 2013, oggi fa 400mila tonnellate di cartone ed è parte del Gruppo Pro-Gest. Quella di Verzuolo (Cuneo) faceva 400mila tonnellate per riviste e libri e ora ne fa 600mila per gli imballaggi.

Nel 2021 è stata acquisita da Smurfit Kappa Group, società europea leader nel packaging di carta, che ha avuto anche il certificato Amazon di «fustration-free packaging», imballaggio che si apre e si ricicla senza stress da parte dell'acquirente. Soluzioni per un mondo che cambia e che ha bisogno di tanto, tantissimo cartone per far muovere le merci.

Chi stabilisce il prezzo

«Prima di questa ondata di riconversione gli editori operavano in un mercato in cui il prezzo lo faceva l'acquirente di carta, cioè loro», spiega Medugno. C'era in sostanza molta più carta che lettori, più offerta che domanda, ed era una situazione ideale. Poi le cartiere hanno iniziato a convertirsi e a lavorare per Amazon. «Ora il mercato è rovesciato, c'è penuria, chi acquista fa fatica a trovare il materiale e deve comunque pagarlo tanto».

Questa crisi della carta, con prezzi della materia prima in crescita del 70 per cento, non è una congiuntura, è un cambiamento strutturale. Gli unici elementi che possiamo considerare transitori sono i costi dell'energia e quello che Medugno definisce il «panico degli acquirenti», che stanno cercando tutti di accaparrarsi più materiale del necessario, come sempre in un momento di scarsità, facendo alzare ancora di più i prezzi.

Un altro osservatorio utile per capire come cambia il ruolo della carta nella società è quello dei riciclatori. «Il cambiamento a cui stiamo assistendo è stato un processo graduale, poi esploso con la pandemia, che ha accelerato tutti i processi», spiega Francesco Sicilia, direttore generale di Unirima, Unione nazionale imprese recupero e riciclo maceri.

«Sia nell'input, cioè il materiale da riciclare, che nell'ouput, cioè il materiale riciclato, la percentuale di cartone da imballaggi continua a crescere». Nel biennio pandemico la quota del totale è aumentata dell'8 per cento. Anche questo è un cambiamento strutturale: per come sono i processi produttivi, il cartone diventerà più agevolmente altro cartone, non sarà l'economia circolare a venire in soccorso della penuria di carta di cui soffrono gli editori.

«Noi produciamo sugli input che vengono dagli impianti, con i dovuti investimenti dal punto di vista tecnologico possiamo anche aumentare la quota di carta grafica in uscita, ma la richiesta deve venire da chi sta a valle di noi». Quindi i consumatori. E in un contesto in cui l'e-commerce in Italia è cresciuto del 21 per cento nel 2021, con 39,4 miliardi di euro in merci da imballare, la richiesta del mercato è chiara.

In un'intervista all'Huffington Post, Riccardo Cavallero, editore di SEM libri, ha paragonato la difficoltà del settore a trovare la carta alla crisi dei microchip che ha colpito i produttori di automobili. È un paradosso per un mondo che ha sempre individuato nel calo degli acquirenti finali il suo principale problema industriale e che ora si trova in difficoltà anche a trovare la materia prima su cui stampare.

«Se pure, ragionando per assurdo, gli editori ritrovassero i lettori di decenni fa, oggi non potrebbero comunque tornare a fare quei numeri perché non ci sarebbe abbastanza carta su cui stampare i loro prodotti», conferma Medugno di Assocarta. 

© Riproduzione riservata