Chi frena la transizione ecologica? Confindustria energia presieduta dal dirigente Eni Giuseppe Ricci ha deciso di organizzare insieme ai lavoratori di settore il convegno “Lavoro ed energia per una transizione sostenibile” in cui presenteranno un loro manifesto.

Per l’evento da programma convergeranno all’auditorium Antonianum a Roma il presidente del Consiglio, Mario Draghi, il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, il ministro dello Sviluppo, Giancarlo Giorgetti, e il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani.

Il sottinteso del titolo è che esiste una via che non è sostenibile dal punto di vista sociale, una minaccia che le compagnie che hanno a che fare con il petrolio e gas, con la sponda dei lavoratori, formulano direttamente al governo alle prese con la transizione ecologica.

Le paure dei lavoratori

Raffinerie, centrali a gas e a carbone, giacimenti. Il segretario della Filctem, Marco Falcinelli, ha palesato le sue paure proprio pochi giorni prima che venisse annunciata la conferenza. Sanno che la loro categoria non attira simpatie: «Siamo stati spesso accusati d’essere distanti dai temi della sostenibilità» ha detto il 24 novembre durante il convegno “Transizione energetica, impatto sociale”. La Filctem ha più di 200.000 iscritti (non solo energia) e si occupa di 21 contratti nazionali di lavoro che si rivolgono ad una platea di oltre un milione e mezzo di lavoratrici e lavoratori.

Il rischio, dicono «è che si possa generare una resistenza» se il cambiamento verso il green non porterà un processo di crescita generale. E l’accusa: con il mercato delle fonti rinnovabili e il sostegno all’acquisto di queste tecnologie «quasi sempre di manifattura estera» invece «non si è generato un solo posto di lavoro». Tra i tre segretari generali, l’unico che ancora è in forse per il prossimo evento è Maurizio Landini (Cgil), ma gli altri, Luigi Sbarra (Cisl) e Pierpaolo Bombardieri (Uil), hanno fatto sapere che ci saranno.

La nuova società Eni

I lavoratori si chiedono che ne sarà del loro, ma più indizi portano a pensare che anche i petrolieri si stiano facendo la stessa domanda. Claudio Descalzi, l’amministratore delegato di Eni questa settimana ha lanciato “Plenitude”, una nuova società che integrerà progetti nelle rinnovabili, il business di vendita al dettaglio dell’energia e la mobilità elettrica, con tanto di nuovo simbolo: scompare la storica fiammella del Cane a sei zampe «a identificare oggi l'avamposto della nuova strategia di decarbonizzazione e domani del completamento della transizione energetica del gruppo», ha commentato su Staffetta Quotidiana il direttore emerito Giorgio Carlevaro. Il primo logo lo scelse lo stesso Enrico Mattei.

La nuova arrivata nella galassia Eni punta a fornire solo energia decarbonizzata a tutti i propri clienti entro il 2040. La società ha infatti tra i suoi obiettivi la riduzione delle emissioni nette di CO2 “Scope 3”, dunque derivanti dai consumatori. Non è chiaro come questo possa garantire una reale decarbonizzazione, visto che la compagnia non dà segni di arretramento nel settore delle fonti fossili. 

Dall’intervista uscita sul Foglio venerdì, anche per il futuro nulla fa pensare che Eni stia preparando l’addio al petrolio e al metano. Descalzi ha detto che «cambiare non solo è inevitabile, ma è assolutamente giusto». Ma poi ha aggiunto che bisogna rifiutare «ideologie tecnologiche» e che resta vivo il progetto di stoccare la CO2 e produrre idrogeno blu, soluzioni che avvantaggerebbero il metano.

Nessun accenno al fatto che la Commissione Ue non abbia ammesso un progetto di questo tipo a Ravenna tra quelli finanziati dal Fondo per l’Innovazione.

Per Descalzi «di gas c’è bisogno» e anzi «ce ne sarà sempre più bisogno in Italia e in tutto il mondo per favorire la transizione». Le questioni sono tutte aperte. Al tavolo, nonostante il tema sia “ecologico”, non sono state invitate le associazioni ambientaliste, mentre Ricci, rappresentate di Eni e di tutte le altre compagnie, parlerà in apertura e in chiusura. L’unico a intervenire due volte.

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