Dopo oltre trecento ore di negoziati, Cop28 è finita in un minuto, quando il Global Stocktake, il testo cruciale, è stato letto dal presidente Sultan al Jaber e nessun paese si è opposto. È arrivato invece un lungo applauso liberatorio: la conferenza sul clima più controversa ha portato al primo accordo esplicito sui combustibili fossili da quando esiste il processo multilaterale per affrontare i cambiamenti climatici.

E lo ha fatto sotto la guida di un paese produttore di petrolio e gas. Lo ha sottolineato lo stesso al Jaber: «È un risultato storico». Può legittimamente rivendicare di essere il primo a esserci riuscito da quando esistono le COP.

"Avete mostrato flessibilita' e avete anteposto l'interesse comune"

Parole chiave

Le parole decisive sono trentaquattro, nel testo in inglese. Sono quelle sulle fonti fossili di energia, la prima causa dei cambiamenti climatici: carbone, petrolio e gas. Trentaquattro parole che hanno il potenziale di cambiare il corso della civiltà umana e che sono un capitale politico enorme, a disposizione di chiunque saprà valorizzarlo.

Non ci sono quelle più attese, né le migliori possibili. Nel testo non si parla di phase out, cioè di «eliminazione», nonostante il fronte di 120 nazioni costruito dall’Unione europea nelle ultime, convulse ore.

La formulazione è meno netta, ma dietro queste parole c’è il consenso di tutti i paesi della Terra, compresi i produttori di petrolio e gas: «Per una riduzione delle emissioni in linea con il contenimento delle temperature entro 1.5°C, le parti hanno concordato di allontanarsi (transitioning away, nel testo originale) dai combustibili fossili nei sistemi energetici, in un modo che sia giusto, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico, in modo da arrivare allo zero netto nel 2050, come richiesto dalla scienza».

"Allontanarsi gradualmente" dall'uso dei combustibili fossili

I tempi

Uno dei punti più importanti di questo documento è quello sui tempi: non c’è più solo una vaga e pericolosa formulazione sul 2050, come nelle prime bozze, molto amichevoli con i petrolieri, ma l’accento a intervenire nel corso di questo decennio «critico», come chiesto dalla comunità scientifica per non sprecare l’ultima finestra di opportunità per contenere la crisi climatica entro limiti gestibili.

Le trentaquattro parole prodotte con enorme fatica a Dubai sull’allontanarsi velocemente dai combustibili fossili ora sono un patrimonio comune, sono la richiesta di tutti i paesi, compresi quelli produttori di combustibili fossili. Il punto non è lo scarso valore legale di questo testo, ma il suo immenso peso politico.

Finora i paesi della Terra erano riusciti a trovare un’intesa solo sul «cosa fare» (contenere l’aumento delle temperature) ma mai sul «come farlo». L’idea che il clima fosse un problema di combustibili fossili era il messaggio di scienza e ambientalisti, da ieri è patrimonio della comunità politica delle nazioni, trasversalmente a ogni differenza. Iniziare a smettere di affidarsi alle fonti fossili già questo decennio non è più solo la richiesta ragionata degli scienziati o quella disperata di Greta Thunberg o Ultima generazione.

Un messaggio politico

EPA

È questo che rende ciò che è successo ieri nella plenaria di Cop28 a Dubai storico, nonostante la formulazione sia linguisticamente debole e non ci sia niente di immediatamente applicabile nel testo. Da stamattina ogni forza politica che chiede una strategia energetica non fossile può rivendicare che dietro quella richiesta c’è un consenso globale, che include tutti, compresi Stati Uniti, Cina, Arabia Saudita o Qatar.

È il motivo per cui l’industria oil and gas era così nervosa per questa Cop28, per questo ha mandato migliaia di lobbisti ed esperti di pubbliche relazioni, per questo ha investito milioni di dollari in campagne pubblicitarie mirate durante l’evento: per evitare esattamente quello che è successo ieri mattina. Le conferenze sul clima erano nate trent’anni fa per tradurre in politica la conoscenza scientifica. La Cop28 ha mandato un messaggio politico esplicito, ora sta a chiunque faccia politica, a qualsiasi livello, tradurlo sul piano delle idee e delle policy concrete.

Un accordo imperfetto

Quello di Dubai è un accordo contraddittorio e imperfetto, come inevitabile che fosse. Riconosce l’importanza di accelerare su tecnologie a zero o basse emissioni, tra cui rinnovabili, idrogeno, nucleare e cattura e stoccaggio della CO2.

Quest’ultima è una vittoria dei produttori di petrolio e gas, anche se il testo ne riconosce l’utilità solo nei settori in cui è più difficile abbattere le emissioni, per limitarne un uso indiscriminato (e su questa precisazione si vede il peso dell’Europa). Un’altra vittoria del fronte delle fossili è il riconoscimento al ruolo che i combustibili di transizione possono giocare nella transizione per la sicurezza energetica.

Cosa succede ora

EPA

«Quella multilaterale è il tipo di politica più difficile che ci sia», ha detto l’inviato per il clima degli Stati Uniti John Kerry nella plenaria finale. «Tutti tornano a casa scontenti di qualcosa, di un paragrafo o una parola, ma un messaggio politico è stato mandato».

Il primo orizzonte in cui far atterrare le intenzioni dell’accordo siglato a Dubai sono gli Ndc (nationally determined contribution), gli impegni che i paesi devono aggiornare entro il 2025, come previsto dall’accordo di Parigi. Finora erano stati insufficienti sia nell’intenzione che nell’applicazione.

L’urgenza che si respirava a questa Cop veniva proprio da qui: con gli ndc attuali la traiettoria di aumento delle temperature viaggia verso +3°C. Da lì deriva ogni altra politica nazionale: trasporti, riscaldamento, elettricità, industria. Ogni paese, «secondo le diverse circostanze nazionali», sarà chiamato a mettere obiettivi più ambiziosi in ogni settore. È lì che si vedrà quanto il messaggio politico di Cop28 sarà stato convincente e condiviso.

A differenza di alcune interpretazioni apparse nel dibattito italiano, Cop28 non mette sullo stesso piano nucleare e rinnovabili. L’atomo è presente come opzione legittima, sulle rinnovabili c’è invece un impegno a triplicarle globalmente in sei anni, raddoppiando l’efficienza energetica. Sono pesi e livelli completamente diversi.

Nota a margine: mentre questo accordo storico veniva applaudito dai ministri di tutto il mondo (ed Europa), il nostro, Pichetto Fratin, pubblicava su Instagram una sua foto con una racchetta da ping pong in mano.

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